Durante i funerali della giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh uccisa in un attentato due giorni fa nel campo profughi di Jenin, avvenuti ieri, 13 maggio a Gerusalemme, la polizia israeliana è intervenuta durante il trasporto a spalla del feretro, che rischiava di cadere; l’intervento ha quindi suscitato forti tensioni: sono state ore di tensione e scontri in Cisgiordania, alcune persone sono rimaste ferite, plurime le minacce piombate dalla Jihad islamica.

La funzione religiosa è stata celebrata nella chiesa greco-melchita alla porta di Jaffa della Città Vecchia; quindi, il feretro della reporter è stato trasportato – seguito da migliaia di persone – al vicino cimitero del Monte Sion, mentre le chiese vicine suonavano le campane.

La morte della reporter, condannata all’unanimità da tutto il mondo, presenta ancora una dinamica oscura: l’esercito israeliano ha dichiarato ieri un ‘rapporto provvisorio’ sulle circostanze della morte della donna sostenendo che ci sono due ipotesi: la giornalista sarebbe stata colpita da un “fuoco massiccio, di centinaia di proiettili” indirizzato “in maniera non controllata” da miliziani palestinesi, contro veicoli militari israeliani in transito; oppure che la reporter sia stata invece raggiunta da un proiettile sparato da un militare israeliano, dalla fessura all’interno di una jeep. L’israeliano aveva mirato contro un terrorista che sparava raffiche verso la jeep. Forse, la giornalista si trovava troppo vicino dalla jeep: 200 metri.

Ora, l’esercito israeliano compirà una perizia balistica professionistica sul proiettile estratto dal corpo della giornalista.