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È stato privo di polemiche, il Dies Academicus di ieri, l’ultima occasione ufficiale del Rettore uscente Boas Erez. In un primo momento la Presidente del Consiglio dell’Università Monica Duca Widmer ha ancora sottolineato che la decisione di interrompere in anticipo il mandato di Boas Erez è stata presa di comune accordo a causa delle ormai note divergenze di vedute sulla gestione amministrativa dell’Università.
Allo stesso tempo ha messo in evidenza i successi di Boas Erez per quanto riguarda la gestione accademica dell’USI che negli ultimi anni ha aumentato notevolmente il numero degli studenti che ora sono quasi 4000, del personale accademico (da 917 a 1108), il numero di istituti che ora sono 24 e un notevole aumento dei fondi per la ricerca (da 21.9 a 29.4 milioni di franchi). “Boas Erez, con la sua squadra, ha portato l’USI a ottenere ottimi risultati in campo accademico e di questo l’Università della Svizzera italiana è grata”, ha dichiarato la Presidente.
Anche il Rettore ha speso parole importanti sul ruolo dell’Università sul territorio. Ha ricordato che l’USI “risponde compiutamente alla propria missione di formazione, ricerca e contributo alla crescita sociale, economica e culturale del territorio”, oltre ad essere presente nei ranking internazionali e occupare un posto importante nel sistema accademico svizzero.
In seguito all’intervento la giornalista investigativa Serena Tinari, ha illustrato l’importanza dello spirito critico e del fact-checking nel suo discorso “Giornalismo, accademia e società. In modalità di crisi”. Infine sono stati attribuiti alcuni dottorati honoris causa, tra cui quello alla Professoressa di Informatica alla Carnegie Mellon University Lorrie Faith Cranor e alla Professoressa presso il Mount Sinai Hospital di New York, Roxana Mehran. Infinte il Credit Suisse Award for Best Teaching è stato attribuito alla Professoressa dell’USI Laura Pozzi, che insegna e conduce ricerche presso la Facoltà di scienze informatiche.
Per concludere la cerimonia è stato presentato al pubblico un capolavoro della collezione Montgomery, una bottiglia di ceramica giapponese del XVI secolo, riparata con la famosa tecnica del kintsugi.