
È la supplica che un centinaio di miliardari e milionari tramite il Forum di Davos rivolgono ai Governi. Devo dire che la richiesta dimostra una preoccupante carenza di fantasia da parte dei ricchi firmatari, a meno che si tratti di una montatura, con un misto di marketing e ipocrisia, della quale diremo più innanzi. La carenza di fantasia è sorprendente e mi permetto di suggerire (gratuitamente) alcune soluzioni che potrebbero risolvere il problema che angoscia i firmatari. La soluzione più radicale se si sentono oppressi (a giusto titolo) da una ricchezza ereditata e per la quale non hanno mai dovuto lavorare e che non si sentono all’altezza di gestire intelligentemente e proficuamente anche per la società: possono tranquillamente spossessarsene facendone dono alla comunità.
E se finora hanno fatto il «fuco», non producendo nulla e non lavorando, suggeriamo loro una candidatura ad esempio quale cameriera(e) ad un McDonald’s: il contatto con la cliente la permetterà la visione di un mondo variegato a loro ignoto. Ma vi sono altre alternative, ad esempio «bike rider» o collaboratore nei magazzini dell’Amazon. Vi è solo l’imbarazzo della scelta. Per contro per i firmatari attivi con le loro fortune investano maggiormente in nuove iniziative (venture capital): creeranno più benessere che non pagando più tasse. Dimenticando l’aspetto umoristico, non sarebbe giusto scordare che anche i miliardari sono esseri umani dotati di sentimenti e alcuni di loro soffrono veramente di depressione perché la sensibilità personale fa loro capire che non hanno fatto nulla per creare le fortune delle quali dispongono e inoltre non hanno alcuna qualità o competenza per rendersi utili gestendo abilmente la fortuna eredita. Ma la loro depressione non si guarisce facendo tassare di più gli altri. Per i firmatari più cauti, che per garantirsi una comoda e tranquilla sopravvivenza non vogliono spossessarsi di tutto, vi è un’altra soluzione pure di facile applicazione. Al mondo vi sono decine di migliaia di organizzazioni filantropiche che annualmente investono miliardi per alleviare le immense necessità degli umani, specie nelle nazioni emergenti. Non vi è che l’imbarazzo della scelta. Ad esempio, uno dei miliardari più noti, Bill Gates, è impegnato con successo in queste attività, tra l’altro nella lotta contro la malaria. Oltretutto, come in diversi noti casi in Svizzera, taluni straricchi possono sostenere media o organizzazioni di sinistra e con ciò alleviarsi ancor di più la coscienza partecipando attivamente alla lotta contro l’odiato sistema (quello che produce i soldi). Magari augurandosi nel subconscio che la lotta al sistema capitalistico non abbia troppo successo perché in tal caso potrebbero venire a mancare i soldi sia a chi li dà che a chi li prende. Per i più sparagnini, quelli del «va bene più tasse ma non esageriamo», vi è una semplicissima soluzione: ricevuta la bolletta delle imposte, versare al fisco il doppio, il triplo o più ancora di quanto richiesto ed evitate di emettere proclami per farsi pubblicità. Sì, perché a ben leggere i nomi di chi chiede di esser maggiormente tassato (ma potrebbe farlo facilmente autotassandosi in diversi modi) si sente tanto il profumo di un’operazione di marketing all’americana. Innanzitutto gli stessi firmatari (o perlomeno gli iniziativisti) sanno benissimo che una generica richiesta di aumento di tasse, che dovrebbe venir recepita da centinaia di Stati con altrettante diverse realtà economiche e sociali e con talvolta diversissimi sistemi fiscali, non sarà ma realizzabile. Però con la richiesta sbandierata pubblicamente si fa una bella figura, si passa dalla parte dei buoni, di quelli dalla coscienza cristallina, dei pronti a sacrificarsi, mentre si tratta solo di «show all’americana». Faccio loro una pubblica proposta: se vogliono smentirmi paghino tutti il doppio delle tasse a loro richieste e ce ne mandino la conferma. Finché ciò non avviene non ce ne vogliano se dubitiamo dei loro intenti, e ci dispiacciamo che non vi sia una tassa sui fuchi. Termino con un ulteriore suggerimento che confesso essere interessato. Vengano a stabilirsi nel Canton Ticino. A seconda del rapporto tra reddito e patrimonio esistente per la singola situazione, e in virtù dell’imposta patrimoniale che il nostro Cantone conosce, potrebbero finire, ciò che dovrebbe renderli felici, a pagare aliquote complessive del 60% e più. Parlo con conoscenza dei fatti. Posso loro assicurare che il nostro ministro delle finanze li accoglierà a braccia aperte. Sarà bene non dimenticare a proposito di tasse che esse sono necessarie per finanziare tra l’altro anche la socialità, che passa attraverso la mediazione della burocrazia statale, ma che gli indispensabili posti di lavoro che permettono il funzionamento dell’economia e creano il substrato imprenditoriale e sono una delle fonti dell’introito statale tramite balzelli vari, non sono originati dalle tasse ma dall’investimento dei capitali.
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