Questa domenica ci sono le elezioni in Ungheria e per la prima volta da molti anni,  il leader autoritario Viktor Orbán dovrà vedersela con una opposizione unità e agguerrita che ha presentato un unico candidato al posto di primo ministro, il  conservatore Peter Marki-Zay.  Il suo scopo è quello di porre fine al “potere antidemocratico” di Orbán e dare una nuova identità all’Ungheria, in linea con l’Europa. Stando a quanto afferma Michelle Goldberg sul New York Times “La presa di potere di Orbán coincise con l’inizio dell’epoca del populismo autoritario, la sua sconfitta potrebbe segnalarne l’inizio della fine”. 

I dodici anni di potere di Orbán sono stati segnati  da leggi e norme che hanno introdotto discriminazioni importanti nei confronti degli stranieri, delle minoranze musulmane, rom ed ebraiche e degli omosessuali. Assieme al Fidesz, il suo partito di centrodestra, Orbán ha fatto leva  sulle zone rurali per promuovere un’agenda anti-europea e tradizionalista, promuovendo l’idea che l’Ungheria fosse l’unco paese rimasto a difendere i valori  cristiani, al  contrario di un’Unione Europea sempre più liberale. 

Il degno oppositore di Orbán, il 49enne  Márki-Zay, pur promuovendo idee più allineate con i valori europei, stringe l’occhio anche all’elettorato fedele a Orbán. Cattolico, conservatore e padre di 7 figli, spinge sul fatto che lo spirito religioso che lo muove non debba essere imposto a chiunque. Vorrebbe dare più indipendenza ai tribunali, riavvicinare l’Ungheria all’UE e lottare in modo deciso contro la corruzione, dilagante durante il governo di Orbán. 

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia giocherà un ruolo importante nelle elezioni di oggi. Il leader attuale è molto legato a Vladimir Putin e lo ha sostenuto pubblicamente in più di un’occasione. Sulla questione Ucraina tuttavia, ha dovuto mantenere un profilo basso. Pur non condannando mai pubblicamente la guerra, si è comunque allineato alle dure sanzioni imposte dall’Occidente. Un fatto che Márki-Zay ha sfruttato, invitando il popolo ungherese a stare “dalla parte giusta della storia”.

Difficile dire come andrà a finire anche se i sondaggi danno Orbán ancora in leggero vantaggio. Numerose organizzazioni per i diritti civili hanno invito alla cautela a causa di un’alta probabilità di brogli. Duecento mila volontari e 200 osservatori OCSE sorveglieranno l’andamento delle elezioni.