di Tito Tettamanti
La vessatoria imposizione fiscale di Montezuma sugli Stati vassalli ha permesso a Cortez di trovare alleati per sconfiggere gli Aztechi. Nel Medioevo i contadini schiacciati dalle tasse malmenavano gli esattori fiscali. Il rapporto conflittuale tra tassatore (potere) e tassato esiste da sempre. Una tavoletta dei Sumeri recita: «Puoi avere un Signore, puoi avere un re, ma l’uomo di cui aver paura è l’esattore delle imposte».
Ma veniamo ai nostri tempi. Nessuno aspetta con gioia la bolletta del fisco, men che meno chi deve lavorare cinque o sei mesi per farvi fronte. Una riflessione più attenta ci porta a concludere che le imposte sono motivate dall’equità e dall’esigenza dell’equilibrio sociale. Non credo sia possibile contestare la necessità o l’utilità dello Stato nelle forme democratiche. Di conseguenza bisogna affrontare i costi delle sue funzioni nella giustizia, nell’ordine pubblico,nell’educazione, per la viabilità ed i trasporti, la difesa e altro ancora. Si potranno criticare le dimensioni di singoli interventi, magari anche l’utilità, la bulimia legislativa e la conseguente obesità burocratica, ma ciò concerne l’attuazione non il principio. I contribuenti sono chiamati a farsi carico di tali spese.
Vi è una seconda ragione di equità che giustifica le imposte. Il sostegno ad una socialità ormai parte delle nostre sensibilità e merito anche delle lotte del socialismo riformista. Vogliamo che in Svizzera non ci si trovi privi di sostegno in caso di disoccupazione, malattia, per la vecchiaia. Anche qui si discute sui limiti ma non sul principio.
Coerentemente con quanto detto sopra si verrà chiamati a dare un maggiore o minore contributo a seconda della classe di reddito: la progressione delle aliquote fiscali. Il 53% delle imposte federali, cantonali e comunali viene pagato dal 10% dei contribuenti (514.978 persone). Parimenti, nell’ambito dell’AVS, i maggiori contributi versati che non verranno ricuperati perché superano l’indennità massima vanno a favore delle classi meno remunerate. Infine, la democrazia vuole che cittadine e cittadini di ogni ceto votino e decidano su norme che talvolta colpiscono maggiormente una minoranza più agiata.
Tutto ciò va a costituire quell’ammirevole delicato equilibrio che fa ed è la Svizzera. Delicato equilibrio che può facilmente, proprio per la sua articolazione e possibile fragilità, venir messo in pericolo ad esempio da una diversa concezione delle imposte: quella confiscatrice. Se le imposte vengono considerate una forma punitiva, rivendicativa, livellatrice, l’equilibrio si rompe e con ciò la spontaneità di una solidarietà ragionata, condivisa e non imposta.
Questa è la pericolosità dell’iniziativa dei giovani socialisti che negli ultimi anni con i vari presidenti Wermuth, Funiciello e Molina, influenzati da un progressismo di sinistra, da teorie post marxiste, dalle raccomandazioni di think tank tipo quello del Partito socialista francese (che le urne hanno umiliato) che suggerivano di dimenticare la classe operaia ormai imborghesita dedicandosi ai discriminati, emarginati e ai bo-bo del tessuto urbano, hanno perso contatto con la base operaia ed il mondo del lavoro produttivo. Fanno rimpiangere il Consigliere federale socialista Ritschard, eccellente ministro delle Finanze che la condizione operaia l’aveva esperimentata sulla sua pelle e non appresa dai libri di sociologia. Come spesso accade l’entusiasmo ideologico degli iniziativisti li porta a dimenticare le reazioni di chi si sentirebbe ingiustamente punito dalle loro proposte.
Vi sono diversi modi di reagire di fronte a imposte giudicate inique. Quello dei professionisti svedesi – medici ad esempio – che si limitarono a suo tempo a lavorare tre giorni alla settimana per guadagnare meno dato che il reddito supplementare veniva tassato al 90%. I pazienti svedesi si trovarono immediatamente con un’offerta di cure ridotta. Il Governo svedese capì l’errore e tornò ad atteggiamenti più ragionevoli.
Manager internazionali stratassati potrebbero non aver interesse a lavorare in Svizzera, e quelli svizzeri spinti a lavorare all’estero. Perdita evidente di efficienza per il Paese. Non dimentichiamo le possibilità del distance working. I ticinesi molto abbienti si possono spostare di pochi chilometri: in Italia viene offerto uno statuto fiscale che limita la tassazione a 100.000 euro annui qualunque possa essere il reddito anche se nell’ordine di moltissimi milioni.
Non lasciamoci ingannare da illusioni egalitarie che con Stalin e Mao si riducevano all’obbligo di vestire tutti la stessa divisa. Vediamo di collaborare senza soffocare la libertà, ognuno con i propri talenti, al fine di produrre ricchezza.
Nel 1995 con il mio compianto amico Alfredo Bernasconi, socialdemocratico e sindacalista, abbiamo dato alle stampe un libro dal titolo «Manifesto di una società liberale». La tesi sviluppata nel testo è ancora oggi di attualità: «Non si può distribuire ricchezza se prima non viene prodotta».
Indipendentemente da critiche sul modo nel quale è strutturata, trovo che il più grave difetto dell’iniziativa dei giovani socialisti è di essere anti-Svizzera e mettere in pericolo gli equilibri che sono la ragione del nostro successo.
Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata
Il secondo matrimonio di Maria Stuarda, regina di Scozia, con Henry Stuart, Lord Darnley, fu…
2020 Quando ho saputo che il Club si era impegnato in favore delle attività benefiche…
di Tiziano Boccacini, imprenditore Una recente dichiarazione inattesa di Christine Lagarde indica ottobre 2025 come…
Grande paella Pontiggia oggi al Maglio di Colla, con 35 commensali 14 agosto 2016 Viene…
Ne parliamo oggi con l’architetto Stefano de Angelis partner dello studio deltaZERO, che ci ha…
La Sindone di Torino è un tessuto di lino intrecciato, realizzato da un tessitore professionista,…
This website uses cookies.