Primo piano

Le politiche anticicliche

di Tito Tettamanti

In situazioni di emergenza, nel caso di pesanti crisi, si ricorre a politiche anticicliche che prevedono tra l’altro massicce immissioni di liquidità sul mercato da parte di Governi e Banche centrali.

Con queste misure straordinarie si tende a limitare i danni per essere in grado di ripartire con realtà meno compromesse. Preoccupano, come per le medicine, due conseguenze: l’assuefazione e le controindicazioni, i danni collaterali.

Wall Street – Foto Pixabay

Purtroppo siamo all’assuefazione già da prima della COVID, sicuramente dalla crisi del 2008, le migliaia di miliardi immessi da allora nel mercato non hanno servito a risollevare l’economia che continua a necessitare di massicce dosi di oppiacei. Questa assuefazione ha comportato uno smisurato ampliamento dei mezzi delle Banche centrali, oggi vere assolute regolatrici dell’economia mondiale.

Ma sono cose dette e ridette senza alcun successo perché ai politici per incapacità o comodità sta bene così.

Non dobbiamo però stupirci se queste politiche – rinforzate in virtù della COVID – hanno degli effetti collaterali, alcuni noti da tempo, altri più recenti. Ad esempio la politica «tassi zero» delle Banche centrali (unita alle massicce iniezioni di liquidità) non è riuscita a rilanciare l’economia ma continua a penalizzare ingiustamente chi ha bisogno del reddito (come le strutture dei sistemi pensionistici). Invita al super indebitamento anche per migliorare la redditività degli investimenti. L’assunzione di rischi eccessivi finanziati con i debiti per migliorare il reddito spiega chiaramente quanto successo recentemente ad una grande banca svizzera. Entriamo nel campo dei «Margin account», investimenti finanziati con crediti, i quali sono passati a New York nel corso degli ultimi 12 mesi da 480 a 820 miliardi di dollari.

Tutto questo può reggersi con una certa dose di equilibrismo a condizione che l’inflazione rimanga ai bassissimi livelli degli ultimi anni. Vi è qualche segnale di allarme. In aprile negli USA l’inflazione è arrivata al 4,2%. Può darsi si tratti di un fatto transitorio destinato a rientrare. Ma se ciò non fosse le Banche centrali tenute ad intervenire aumentando i tassi, come faranno ad agire in totale contrasto con la loro politica pluriennale. Conseguenti perdite di migliaia di miliardi per i portatori di obbligazioni.

La Borsa USA il giorno dell’annuncio dell’aumentato tasso di inflazione ha perso il 2%. Sono semplici avvisaglie ma non dimentichiamo gli 820 miliardi di dollari di crediti ai «Margin accounts » dei quali potrebbe venir richiesto il rimborso.

Il tasso artificialmente basso tiene in vita ditte ormai condannate, senza futuro né per loro né per i loro dipendenti, che gravano negativamente sul tessuto economico. I prezzi eccessivi ai quali si è pronti ad acquistare imprese sono giustificati solo grazie a forti indebitamenti a tassi ridicoli, che permettono di trasformare ditte dai margini insoddisfacenti in operazioni redditizie. Questa non è più attività imprenditoriale ma una forma di arbitraggio.

Il rilancio dopo COVID è basato su una pericolosa euforia che fa ritenere che tutto si risolva con cifre sempre più importanti. L’UE parla di un «recovery fund» di 750 miliardi di euro e con Biden si passa alle migliaia di miliardi di dollari, se ben ho sommato, 4.000.

La convinzione che basti immettere liquidità e lanciare piani per ottenere la ripresa economica è fallace. Le liquidità immesse dopo il 2008 non hanno rilanciato la domanda e neppure influenzato lo sviluppo economico ma contribuito ad aumentare pericolosamente la voragine già esistente di debiti, comprese emissioni di obbligazioni statali assorbite solo grazie all’intervento quali acquirenti delle Banche centrali. La gestione burocratico amministrativa di somme talmente enormi, il controllo sulla spesa devono pure preoccupare. Per la ripresa non andrebbe ignorato il notevole aumento dei risparmi privati nel periodo della COVID che influenzeranno i consumi.

Infine: perché vogliamo continuare a far finta di ignorare che sono i privati (e non lo Stato) con i loro investimenti, con la loro creatività imprenditoriale, che possono rilanciare l’economia, a condizione di avere una realtà che invogli e premi chi opera.

A proposito del mercato del lavoro e della disoccupazione negli USA ci si è stupiti perché in aprile, nonostante la domanda si siano aggiunti solo 266.000 nuovi posti. Il Governo USA giustamente preoccupato per la COVID versa un assegno supplementare di 300 dollari alla settimana ai disoccupati. Questo versamento però disincentiva particolarmente chi addetto a lavori meno motivanti preferisce una disoccupazione sufficientemente rimunerata. Simile la situazione di alberghi e ristoranti in Italia che si apprestano a riaprire. Hanno problemi per la difficoltà di trovare camerieri e cuochi, conseguenza anche del reddito di cittadinanza che con l’aggiunta di qualche entrata in nero permette di vivere lavorando molto meno.

Ma si dice la soluzione a tutto ciò esiste. Basta aumentare le imposte. Non è così facile se si pensa che ogni franco assorbito dalle imposte è un franco sottratto alla creazione di ricchezza.

Pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata

Relatore

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