I cittadini svizzeri si sono recati oggi alle urne per esprimersi su tre iniziative popolari.
La prima riguarda la questione della dissimulazione del volto che ha animato da diversi anni i dibattiti politici. Un’iniziativa presentata dal Comitato di Egerkingen, dal quale l’omonimo Comune vicino a Olten ha preso le distanze temendo per la sua reputazione internazionale, per vietare il mascheramento del volto in tutti i luoghi pubblici ad accezione dei luoghi di culto.
Anche se in Svizzera sembra un fenomeno marginale e il Consiglio federale ha respinto questa iniziativa, la popolazione è profondamente divisa sulla questione perché l’immagine di una donna con il velo integrale viene associata ad una Svizzera “islamizzata”. Al momento il risultato è ancora incerto, ma si presuppone una quota del 51% a favore del Sì.
Sì per l’accordo di libero scambio con l’Indonesia è il risultato dalle prime stime, anche se il margine di approvazione è ridotto grazie alla forte opposizione. L’iniziativa si basa sul recente accordo che è stato negoziato con il quarto paese più popoloso al mondo con i suoi 271 milioni di abitanti per facilitare gli scambi e le relazioni economiche garantendo prosperità per la Svizzera.
Contro il decreto federale del 2019, che agevola gli scambi con l’Indonesia, si è scagliato il comitato referendario accusando la prevista riduzione dei dazi doganali sull’olio di palma. I controlli inefficaci sulla produzione indonesiana ritenuta “inaffidabile”, porteranno ad avere sul mercato svizzero un prodotto a basso costo pericoloso e contrario alle colture dell’olio di colza, di girasole e del burro.
La popolazione svizzera non vuole invece l’identità elettronica. Dopo lo spoglio del 95% delle schede l’iniziativa verrebbe bocciata al 65%. Visto l’aumento degli acquisti online, il Consiglio federale ha emesso una legge federale nel 2019 con la quale regolamentare i servizi di identificazione elettronica delle persone che intendono utilizzare Internet in modo da essere certi dell’identità del proprio interlocutore. La contestazione è nata per il fatto che la realizzazione tecnica del sistema di identificazione viene gestito da parte di terzi e non dallo Stato come invece avviene per le carte d’identità e i passaporti, i quali in futuro saranno creati digitalmente.
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