Estero

Donald Trump: ricorso respinto anche in Pennsylvania

 

Dopo aver perso  35 casi in tribunale, il presidente Donald Trump vede la strada per contestare le elezioni sempre più difficile. Gli Stati continuano a certificare i risultati, la più alta Corte dello stato della Pennsylvania ha respinto all’unanimità l’ultimo suo tentativo di invalidare le schede per corrispondenza per impedire la certificazione. Il riconteggio dei voti presidenziali conclusosi domenica nel Wisconsin, richiesto e pagato 3 milioni di dollari da Trump perché sosteneva che le macchine del conteggio fossero truccate, ha riconfermato la vittoria del democratico Biden segnalando un guadagno di 132 voti per quest’ultimo.

Nonostante le ripetute sconfitte, Trump inveisce contro i giudici twittando teorie del complotto. “Non ci è permesso inserire le nostre prove… Abbiamo dichiarazioni giurate, abbiamo centinaia e centinaia di dichiarazioni giurate”, ha detto Trump promettendo di continuare una “bella e grande” causa legale. I suoi legali continuano però a presentare querele senza fornire alcun dettaglio. Sono trascorsi 20 giorni dalla chiusura delle elezioni e le cause inoltrate sono state respinte da numerosi giudici.

Mentre domenica Trump rilasciava un’intervista telefonica alla Fox News Channel, ripetendo le accuse di diffuse frodi elettorali, il senatore repubblicano Roy Blunt, affermava di aspettarsi che Biden presti giuramento come presidente il 20 gennaio. “È molto difficile portare un caso alla Corte Suprema, e molto probabilmente non riuscirò ad ottenerne uno”, ha cominciato ad ammettere allo stesso tempo Trump durante l’intervista, esprimendo dubbi sulla sua strategia legale. Gli atteggiamenti di Trump, secondo gli stessi repubblicani, hanno condannato la sua rielezione, e potrebbero rovinare il ballottaggio decisivo in Georgia andando a compromettere la maggioranza repubblicana in Senato.

Joe Biden nel frattempo ha annunciato la sua squadra di transizione e ha presentato i suoi candidati per i ruoli chiave del nuovo governo. “L’America è tornata”, ha detto Biden sottolineando che i Suoi sono “pronti a guidare il mondo, non a ritirarsi da esso”. Ma la sinistra, soprattutto quella progressista, non si ritiene entusiasta di alcune scelte. Come ad esempio la nomina di Antony Blinken a Segretario di Stato, che ha servito precedentemente l’amministrazione Obama e ha sostenuto il disastroso intervento armato in Libia oltre ad aver sostenuto che lo Stato d’Israele deve continuare a ricevere colossali aiuti militari da parte degli Stati Uniti. O come la nomina di Avril Haines a direttore dell’intelligence, un ex vice capo della CIA degli anni di Obama che ha svolto un ruolo chiave nella supervisione del programma di attacco con droni.

La squadra di Biden potrebbe ripetere vecchi errori. Sull’immigrazione, la maggior parte degli elettori di Biden non è favorevole alle frontiere aperte, anche se hanno capito che il “famoso” muro tra Messico e Stati Uniti è stato un colossale spreco di denaro. Gli elettori di Biden vogliono i benefici di un’economia capitalista con restrizioni e regole e pensano che il governo deve risolvere i problemi e non definire la propria identità.

Biden ha promesso di unificare un paese diviso e se davvero lo vuole, ha bisogno dei repubblicani per farlo. Sarebbe un cambiamento positivo a detta degli analisti. “Se possiamo decidere di non cooperare, allora possiamo decidere di collaborare”, ha dichiarato Biden commentando il mandato politico conferito dal popolo americano. L’ostacolo più grande tuttavia, non è rappresentato dai repubblicani, ma dai suoi stessi colleghi democratici. Durante la sua campagna elettorale, Biden ha promesso di non perseguire il socialismo ma di respingerlo. Ora, senza un Senato a maggioranza repubblicana, sarà difficile per Biden.

 

MK

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