di Lea Ferrari e Massimiliano Ay, deputati in Gran Consiglio del Partito Comunista
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il testo non impegna il portale. Ticinolive è contrario a misure estreme, che danneggiano gravemente la vita sociale ed economica del Paese ma vengono richieste a gran voce soprattutto dalla sinistra (MPS più di tutti).
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“Questo è il quadro di una catastrofe annunciata”
Il governo inciampa e arranca benché la situazione sia ormai nota a tutti e tutte ma alla salute della popolazione si antepongono i soldi e la minaccia degli ambienti economici. Il nostro paese è di fronte ad una totale delega della sicurezza sanitaria alla buona volontà dei dirigenti aziendali. Questa seconda ondata è all’insegna del meno Stato che, non serve ripeterlo, fa gli interessi di pochi benestanti sulla pelle della classe lavoratrice.
Nell’isola ticinese, attorniata dal lockdown del Nord Italia, di Romandia e Francia e dell’Austria a breve, le misure più incisive hanno toccato solo il tempo libero: chiusura anticipata dei ristoranti, 4 persone per tavolo, 5 persone per incontri privati e 30 persone per eventi culturali. Sulle 24 ore, detraendovi 8 ore di sonno, 2 ore per pasti e spostamenti, il tempo libero è inferiore a quello lavorativo.
Le e i ticinesi quindi per la gran parte della giornata dovrebbero essere tutelati dal piano di protezione sul posto di lavoro: mascherine quando non ci sono le distanze, pause scaglionate, plexiglas e disinfettanti, quarantene, telelavoro. Sebbene il quotidiano LaRegione titoli “nessun focolaio nelle aziende ticinesi” e Modenini (AITI) punti il dito sul contagio nelle famiglie, dietro a questo dito non ci si può nascondere: il contagio avviene nel tempo di lavoro, dove i lavoratori e le lavoratrici passano più di 8,5 ore prima di rientrare a casa e trasmettere il virus ai propri cari. L’OCST denuncia le minacce di licenziamento durante la quarantena, UNIA invoca il lockdown, non è ben chiaro come la SUVA riesca a vigilare sui circa 220’000 posti di lavoro in Ticino (si ricordi la totale assenza degli ispettori del marzo scorso) e il Consiglio di Stato è silente.
La sicurezza sanitaria è completamente lasciata ai privati, al buon cuore dei tycoon che devolvono un milione alla clinica Moncucco (ben venga il generoso gesto del tycoon, ndR) in totale affanno, smarrimento e dando segnali molto preoccupanti di impreparazione nel gestire i ricoveri dell’ultima settimana.
Questo è il quadro di una catastrofe annunciata, sulla quale per fortuna si è fatta esperienza in primavera, quando si è intervenuto molto drasticamente mentre specularmente ora vige il più completo “laisser-faire”. Il Partito Comunista chiede al Consiglio di Stato di riprendere in mano la situazione: inasprendo i controlli sulle aziende, imponendo con maggior decisione le quarantene, sanzionando chi mette a rischio le lavoratrici e i lavoratori e decongestionando il trasporto pubblico, altrimenti non vi è altra scelta del confinamento.
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