Questa presa di posizione, da noi ricevuta il 10 ottobre, non è ancora stata pubblicata. Ticinolive è entrato sul tema “Scuole Libere” con un certo ritardo (primo articolo apparso il 12).
Dai Giovani Comunisti, che si disperano a causa di una fantomatica “scuola liberale”, dissentiamo fermamente. La maggioranza dei docenti ha posizioni di sinistra (nelle varie modulazioni: socialismo, comunismo, rossoverdismo, …) e la direzione del DECS è (dal 2011) socialista.
Sia chiaro che anche prima, sotto le direzioni liberali (ne abbiamo conosciute personalmente, e da vicino, quattro) la situazione “sul campo” non era gran che diversa.
Scrivono i GC : “La scuola, un luogo in cui esiste – piaccia o meno – la battaglia delle idee”. Una frase forse innocente, ma sicuramente maldestra. Magari i Giovani Comunisti si immaginano un destroide esagitato che, dalla cattedra, fa campagna per Salvini, per Bolsonaro o per Trump (e per le loro idee).
Altri potrebbero raffigurarsi un docente-attivista che fa campagna contro l’esercito, contro gli aerei, contro i vaccini, contro le multinazionali criminali, per una immigrazione senza leggi, per la lotta di classe, per l’ingresso dei verdi in consiglio federale… … Le possibilità sono ampie, anzi amplissime.
È questo che vogliamo?
* * *
La Gioventù Comunista (GC) prende atto del lancio della campagna “scuole libere” da parte dei Giovani UDC (GUDC) e si rallegra del fatto che il movimento giovanile del partito democentrista si sia reso conto che la scuola è un luogo nel quale vengono diffuse le idee dominanti nella società. Insomma, si potrebbe quasi dire che i GUDC abbiano scoperto il marxismo e, quindi, abbiano abbracciato la tesi che la scuola sia uno strumento per esercitare la cosiddetta egemonia culturale sulle generazioni più giovani. Peraltro la stessa “pedagogia per competenze” tanto di moda nella scuola ticinese è un prodotto liberista che non a caso i comunisti hanno anche recentemente contestato!
Non possiamo quindi che trovarci d’accordo su questo aspetto. Peccato, però, che gli insegnamenti dominanti nella scuola ticinese e svizzera non siano affatto orientati al socialismo, bensì improntati a promuovere l’ideologia liberale dominante. Si pensi che nel solo corso di storia non si trattano eventi fondamentali come lo sciopero generale del 1918 (represso violentemente dal tanto glorificato esercito svizzero, che ha sempre e solo sparato contro i lavoratori svizzeri) o il ruolo fondamentale del colonialismo nello sviluppo del capitalismo elvetico, per non parlare dell’omissione di scandali come la Fichenaffäre, ovvero la schedatura di quasi un milione di cittadini svizzeri identificati come “di sinistra” da parte della Polizia federale durante il periodo della guerra fredda. Di esempi, però, se ne potrebbero fare tanti altri ancora, non solo legati all’insegnamento della storia, come la sfrontata propaganda neoliberista che viene promossa nei corsi di economia.
Insomma, occorre che i Giovani UDC imparino a distinguere meglio le idee liberali da quelle realmente di sinistra, le quali nel contesto della propaganda anti-comunista ben insita nelle scuole ticinesi e svizzere trovano ben poco spazio nelle aule. È vero: ci sono sicuramente dei docenti orientati maggiormente verso la sinistra, ma ve ne sono altrettanti con un orientamento politico opposto, che non ripudiano affatto il propagandare le proprie idee fra gli allievi. E questo non ci scandalizza dal momento in cui la scuola non è (e non deve essere) un mondo ovattato, ma è un luogo in cui esiste – piaccia o meno – una battaglia delle idee. Nulla è infatti neutrale in una società in cui esistono classi sociali contrapposte.
Non apriremo siti internet specifici, ma gli allievi che si dovessero confrontare con insegnanti che ripetono luoghi comuni anti-comunisti o dovessero ricevere materiale didattico ideologicamente orientato possono segnalarcelo per e-mail (gioventu.comunista@gmail.com) o sui social.
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Mi scuso per la lunghezza (poco pedagogica) del testo.
Il tema (… libero) penso possa meritare più di 140 caratteri.
Personalmente faccio fatica ad immaginarmi il concetto di “scuola libera”. Certo posso supporre un “contenitore” con su scritto “Scuola Libera”. Aggiungiamoci pure società libera. Ma poi nel contenitore, così etichettato, bisognerà pur metterci qualcosa: scuola/società della buona solidarietà; scuola/società del giusto credo; scuola/società del vero progresso; scuola dei leciti diritti/ scuola dei legittimi doveri. Scuola per imparare a collaborare/ scuola per imparare a competere.
C’è comunque il grosso rischio che quel qualcosa lì dentro, (buono/giusto/vero/lecito/legittimo) non sia totalmente libero dagli influssi ...egemoni. E dacché mondo è mondo le cose libere sono sono sempre liberamente condizionate dal principio… dominante: dagli sponsor, se vogliamo essere grezzi. Un po’ come le repubbliche democratiche, i governi di solidarietà, le economie liberali. Che è pur vero, vogliono liberarsi (sull’etichetta) a un “superato fardello ideologico” ma spesso, molto spesso, si aprono a ingombranti neo-ideologie
Credo tuttavia che l’idea di un “adeguamento pedagogico”, travestito dalla richiesta di un “diritto” (alla base vi è sempre una “domanda legittima”), abbia in origine un significativo…”rovescio”. Cioè una profonda ipoteca ideologica che ha a che fare con il primato economico del sapere.
In una società basata sul confronto, la conoscenza diventa uno strumento che sempre più assume un “valore” mercantile: sapere è potere, dicevano un tempo.
Vale a dire una particolare conoscenza procura un valore aggiunto, un vantaggio nella competizione individuale, quindi deve restare un patrimonio circoscritto e protetto: da conservare come un bene prezioso. Un postulato di natura essenzialmente privata. Ne discende che la conoscenza diffusa coram populo attraverso l’istituzione (scuola pubblica) collide con i presupposti, appunto, precostituiti che sono il fondamento ideologico su cui si regge la competizione di tipo individualistico.
In tutto questo bailamme di desideri consumistici assai presenti in molte categorie genitoriali, la scuola “pubblica” viene a trovarsi in oggettive difficoltà. Vedo lì il significato “speculativo” di un’imperterrita e persistente rivendicazione …privatistica. D’altro canto e inoltre già esiste un …insistere a dicembre, per la partenza anticipata scopo …vacanze invernali, e al ritorno rivendicare subito l’esonero del proprio figlio/a dalla ginnastica per motivi inesistenti. Per alcuni, non è prassi desueta.
Altri ancora spingono per un’educazione adeguata al proprio rango, quindi disposti a chiudere i figli in un ghetto pedagogico fatto di insegnanti e programmi “giusti”, insomma adeguati alle proprie ambizioni. Ovvero il pretendere un scuola su misura, anzi a propria misura. Basta un reddito che te lo permetta e credi di ottenere ciò che desideri anche in ambito …didattico: orari flessibili, doposcuola serali, uscite culturali, docenti comprensivi. Oppure: diplomi prestigiosi, professori col dottorato, sede esclusiva, esami selettivi, frequenza subordinata a materie esclusivamente utili al futuro previsto per propri super-pargoli.
Per contro tutto il resto della vita sociale ci confronta con un irrimediabile e incessante inquadramento sistemico. Partendo dall’ingombrante tecnologia che pone essa stessa i cosiddetti paletti in ogni ambito autenticamente personale. Condizionamento al quale molti di noi tentano comunque di resistere e altri faticano a percepirne l’impatto perché vissuto come un necessario adattamento: la “mano invisibile” della società mercantile, benché totalizzante, non viene percepita con la stessa rilevanza della presenza evidente delle meno flessibili emanazioni organizzative statali.
Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare la propria formazione… ad alti livelli, non sono disposizioni equamente distribuite: sono strettamente legate alla condizione sociale e all’ambiente di appartenenza
Insomma: c’è pure chi ha una “statura mentale” cresciuta in una bella e fornita biblioteca paterna. Oops… materna. Vabbè: genitoriale.
Mi scuso per la lunghezza (poco pedagogica) del testo.
Il tema (… libero) penso possa meritare più di 140 caratteri.
Personalmente faccio fatica ad immaginarmi il concetto di “scuola libera”. Certo posso supporre un “contenitore” con su scritto “Scuola Libera”. Aggiungiamoci pure società libera. Ma poi nel contenitore, così etichettato, bisognerà pur metterci qualcosa: scuola/società della buona solidarietà; scuola/società del giusto credo; scuola/società del vero progresso; scuola dei leciti diritti/ scuola dei legittimi doveri. Scuola per imparare a collaborare/ scuola per imparare a competere.
C’è comunque il grosso rischio che quel qualcosa lì dentro, (buono/giusto/vero/lecito/legittimo) non sia totalmente libero dagli influssi ...egemoni. E dacché mondo è mondo le cose libere sono sono sempre liberamente condizionate dal principio… dominante: dagli sponsor, se vogliamo essere grezzi. Un po’ come le repubbliche democratiche, i governi di solidarietà, le economie liberali. Che è pur vero, vogliono liberarsi (sull’etichetta) a un “superato fardello ideologico” ma spesso, molto spesso, si aprono a ingombranti neo-ideologie
Credo tuttavia che l’idea di un “adeguamento pedagogico”, travestito dalla richiesta di un “diritto” (alla base vi è sempre una “domanda legittima”), abbia in origine un significativo…”rovescio”. Cioè una profonda ipoteca ideologica che ha a che fare con il primato economico del sapere.
In una società basata sul confronto, la conoscenza diventa uno strumento che sempre più assume un “valore” mercantile: sapere è potere, dicevano un tempo.
Vale a dire una particolare conoscenza procura un valore aggiunto, un vantaggio nella competizione individuale, quindi deve restare un patrimonio circoscritto e protetto: da conservare come un bene prezioso. Un postulato di natura essenzialmente privata. Ne discende che la conoscenza diffusa coram populo attraverso l’istituzione (scuola pubblica) collide con i presupposti, appunto, precostituiti che sono il fondamento ideologico su cui si regge la competizione di tipo individualistico.
In tutto questo bailamme di desideri consumistici assai presenti in molte categorie genitoriali, la scuola “pubblica” viene a trovarsi in oggettive difficoltà. Vedo lì il significato “speculativo” di un’imperterrita e persistente rivendicazione …privatistica. D’altro canto e inoltre già esiste un …insistere a dicembre, per la partenza anticipata scopo …vacanze invernali, e al ritorno rivendicare subito l’esonero del proprio figlio/a dalla ginnastica per motivi inesistenti. Per alcuni, non è prassi desueta.
Altri ancora spingono per un’educazione adeguata al proprio rango, quindi disposti a chiudere i figli in un ghetto pedagogico fatto di insegnanti e programmi “giusti”, insomma adeguati alle proprie ambizioni. Ovvero il pretendere un scuola su misura, anzi a propria misura. Basta un reddito che te lo permetta e credi di ottenere ciò che desideri anche in ambito …didattico: orari flessibili, doposcuola serali, uscite culturali, docenti comprensivi. Oppure: diplomi prestigiosi, professori col dottorato, sede esclusiva, esami selettivi, frequenza subordinata a materie esclusivamente utili al futuro previsto per propri super-pargoli.
Per contro tutto il resto della vita sociale ci confronta con un irrimediabile e incessante inquadramento sistemico. Partendo dall’ingombrante tecnologia che pone essa stessa i cosiddetti paletti in ogni ambito autenticamente personale. Condizionamento al quale molti di noi tentano comunque di resistere e altri faticano a percepirne l’impatto perché vissuto come un necessario adattamento: la “mano invisibile” della società mercantile, benché totalizzante, non viene percepita con la stessa rilevanza della presenza evidente delle meno flessibili emanazioni organizzative statali.
Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare la propria formazione… ad alti livelli, non sono disposizioni equamente distribuite: sono strettamente legate alla condizione sociale e all’ambiente di appartenenza
Insomma: c’è pure chi ha una “statura mentale” cresciuta in una bella e fornita biblioteca paterna. Oops… materna. Vabbè: genitoriale.
Mi scuso per la lunghezza (poco pedagogica) del testo.
Il tema (… libero) penso possa meritare più di 140 caratteri.
Personalmente faccio fatica ad immaginarmi il concetto di “scuola libera”. Certo posso supporre un “contenitore” con su scritto “Scuola Libera”. Aggiungiamoci pure società libera. Ma poi nel contenitore, così etichettato, bisognerà pur metterci qualcosa: scuola/società della buona solidarietà; scuola/società del giusto credo; scuola/società del vero progresso; scuola dei leciti diritti/ scuola dei legittimi doveri. Scuola per imparare a collaborare/ scuola per imparare a competere.
C’è comunque il grosso rischio che quel qualcosa lì dentro, (buono/giusto/vero/lecito/legittimo) non sia totalmente libero dagli influssi ...egemoni. E dacché mondo è mondo le cose libere sono sono sempre liberamente condizionate dal principio… dominante: dagli sponsor, se vogliamo essere grezzi. Un po’ come le repubbliche democratiche, i governi di solidarietà, le economie liberali. Che è pur vero, vogliono liberarsi (sull’etichetta) a un “superato fardello ideologico” ma spesso, molto spesso, si aprono a ingombranti neo-ideologie
Credo tuttavia che l’idea di un “adeguamento pedagogico”, travestito dalla richiesta di un “diritto” (alla base vi è sempre una “domanda legittima”), abbia in origine un significativo…”rovescio”. Cioè una profonda ipoteca ideologica che ha a che fare con il primato economico del sapere.
In una società basata sul confronto, la conoscenza diventa uno strumento che sempre più assume un “valore” mercantile: sapere è potere, dicevano un tempo.
Vale a dire una particolare conoscenza procura un valore aggiunto, un vantaggio nella competizione individuale, quindi deve restare un patrimonio circoscritto e protetto: da conservare come un bene prezioso. Un postulato di natura essenzialmente privata. Ne discende che la conoscenza diffusa coram populo attraverso l’istituzione (scuola pubblica) collide con i presupposti, appunto, precostituiti che sono il fondamento ideologico su cui si regge la competizione di tipo individualistico.
In tutto questo bailamme di desideri consumistici assai presenti in molte categorie genitoriali, la scuola “pubblica” viene a trovarsi in oggettive difficoltà. Vedo lì il significato “speculativo” di un’imperterrita e persistente rivendicazione …privatistica. D’altro canto e inoltre già esiste un …insistere a dicembre, per la partenza anticipata scopo …vacanze invernali, e al ritorno rivendicare subito l’esonero del proprio figlio/a dalla ginnastica per motivi inesistenti. Per alcuni, non è prassi desueta.
Altri ancora spingono per un’educazione adeguata al proprio rango, quindi disposti a chiudere i figli in un ghetto pedagogico fatto di insegnanti e programmi “giusti”, insomma adeguati alle proprie ambizioni. Ovvero il pretendere un scuola su misura, anzi a propria misura. Basta un reddito che te lo permetta e credi di ottenere ciò che desideri anche in ambito …didattico: orari flessibili, doposcuola serali, uscite culturali, docenti comprensivi. Oppure: diplomi prestigiosi, professori col dottorato, sede esclusiva, esami selettivi, frequenza subordinata a materie esclusivamente utili al futuro previsto per propri super-pargoli.
Per contro tutto il resto della vita sociale ci confronta con un irrimediabile e incessante inquadramento sistemico. Partendo dall’ingombrante tecnologia che pone essa stessa i cosiddetti paletti in ogni ambito autenticamente personale. Condizionamento al quale molti di noi tentano comunque di resistere e altri faticano a percepirne l’impatto perché vissuto come un necessario adattamento: la “mano invisibile” della società mercantile, benché totalizzante, non viene percepita con la stessa rilevanza della presenza evidente delle meno flessibili emanazioni organizzative statali.
Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare la propria formazione… ad alti livelli, non sono disposizioni equamente distribuite: sono strettamente legate alla condizione sociale e all’ambiente di appartenenza
Insomma: c’è pure chi ha una “statura mentale” cresciuta in una bella e fornita biblioteca paterna. Oops… materna. Vabbè: genitoriale.
Mi scuso per la lunghezza (poco pedagogica) del testo.
Il tema (… libero) penso possa meritare più di 140 caratteri.
Personalmente faccio fatica tuttavia ad immaginarmi il concetto di “scuola libera”. Certo posso supporre un “contenitore” con su scritto “Scuola Libera”. Aggiungiamoci pure società libera. Ma poi nel contenitore, così etichettato, bisognerà pur metterci qualcosa: scuola/società della buona solidarietà; scuola/società del giusto credo; scuola/società del vero progresso; scuola dei leciti diritti/ scuola dei legittimi doveri. Scuola per imparare a collaborare/ scuola per imparare a competere.
C’è comunque il grosso rischio che quel qualcosa lì dentro, (buono/giusto/vero/lecito/legittimo) non sia totalmente libero dagli influssi egemoni. E dacché mondo è mondo le cose libere sono sono sempre liberamente condizionate dal principio… dominante, dagli sponsor, se vogliamo essere grezzi. Un po’ come le repubbliche democratiche, i governi di solidarietà, le economie liberali. Che è pur vero, vogliono liberarsi (sull’etichetta) di un “superato fardello ideologico” ma spesso, molto spesso, si aprono a preminenti neo-ideologie
Credo tuttavia che l’idea di un “adeguamento pedagogico”, travestito dalla richiesta di un “diritto” (alla base vi è sempre una “domanda legittima”), abbia in origine un significativo…”rovescio”. Cioè una profonda ipoteca ideologica che ha a che fare con il primato economico del sapere. In una società basata sul confronto, la conoscenza diventa uno strumento che sempre più assume un “valore” mercantile: sapere è potere, dicevano un tempo.
Vale a dire una particolare conoscenza procura un valore aggiunto, un vantaggio nella competizione individuale, quindi deve restare un patrimonio circoscritto e protetto: da conservare come un bene prezioso. Un postulato di natura essenzialmente privata. Ne discende che la conoscenza diffusa coram populo attraverso l’istituzione (scuola pubblica) collide con i presupposti, appunto, precostituiti che sono il fondamento ideologico su cui si regge la competizione di tipo individualistico.
In tutto questo bailamme di desideri consumistici assai presenti in molte categorie genitoriali, la scuola “pubblica” viene a trovarsi in oggettive difficoltà. Vedo lì il significato “speculativo” di un’imperterrita e persistente rivendicazione …privatistica. D’altro canto e inoltre già esiste un …insistere a dicembre, per la partenza anticipata scopo …vacanze invernali, e al ritorno rivendicare subito l’esonero del proprio figlio/a dalla ginnastica per motivi inesistenti. Per alcuni, non è prassi desueta.
Altri ancora spingono per un’educazione adeguata al proprio rango, quindi disposti a chiudere i figli in un ghetto pedagogico fatto di insegnanti e programmi “giusti”, insomma adeguati alle proprie ambizioni. Ovvero il pretendere un scuola su misura, anzi a propria misura. Basta un reddito che te lo permetta e credi di ottenere ciò che desideri anche in ambito …didattico: orari flessibili, doposcuola serali, uscite culturali, docenti comprensivi. Oppure: diplomi prestigiosi, professori col dottorato, sede esclusiva, esami selettivi, frequenza subordinata a materie esclusivamente utili al futuro previsto per propri super-pargoli.
Per contro tutto il resto della vita sociale ci confronta con un irrimediabile e incessante inquadramento sistemico. Partendo dall’ingombrante tecnologia che pone essa stessa i cosiddetti paletti in ogni ambito autenticamente personale. Condizionamento al quale molti di noi tentano comunque di resistere e altri faticano a percepirne l’impatto perché vissuto come un necessario adattamento: la “mano invisibile” della società mercantile, benché totalizzante, non viene percepita con la stessa rilevanza della presenza evidente delle meno flessibili emanazioni organizzative statali.
Perché avere l’interesse per lo studio, riuscire a scuola e saper portare la propria formazione… ad alti livelli, non sono disposizioni equamente distribuite: sono strettamente legate alla condizione sociale e all’ambiente di appartenenza.
Insomma: c’è pure chi ha una “statura mentale” cresciuta in una bella e fornita biblioteca paterna.
Oops… materna.
Vabbè: genitoriale.
Commento molto impegnato e interessante. Ma (piccola critica) mi sembri un po' troppo condizionato dalla "lotta di classe".
I nostri GC hanno scritto: "Nulla è infatti neutrale in una società in cui esistono classi sociali contrapposte". Loro sognano una società SENZA CLASSI. L'avranno? Chissà.
L’aneddoto delle vacanze di Natale me l’ha raccontato un amico insegnante. e …tu Jack, me lo confermi. Ho diversi amici insegnanti...
Per la mia (presunta) ossessione per le classi, beh, cominciamo col dire che nella Scuola le …classi esistono ;-)
Credi che non mi sia mai capitato? Ti sbagli.
"Sore, l'ultima settimana prima di Natale non ci sarò"
"Ah, come mai?"
"Andiamo in America".