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Un NO alla revisione della legge sulla caccia – di Erika Franc Benetollo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo. Il testo non impegna il portale.

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immagine Pixabay

L’aumento della presenza dei lupi sul territorio svizzero ha creato preoccupazioni tra gli allevatori, che temono più attacchi ai loro animali sull’alpe. A seguito di diverse mozioni parlamentari, prendendo spunto da questi timori, la legge sulla caccia è stata revisionata, ma non è però la risposta giusta ai timori degli allevatori. E se si respinge questa nuova legge non è perché si è contro gli allevatori, anzi.

Se la nuova legge sulla caccia dovesse entrare in vigore, la protezione delle greggi sarebbe messa in gioco. Infatti l’introduzione della possibilità di uccidere animali selvatici, come ad esempio il lupo, in maniera preventiva, dunque anche senza aver fatto alcun danno, è particolarmente inopportuna. Sarà più semplice uccidere il predatore invece di investire in misure di protezione, poiché la legge non condiziona l’abbattimento all’attuazione di misure di protezione.

Attualmente, gli allevatori ricevono delle indennità per gli animali da reddito se hanno subito attacchi da grandi predatori selvatici, a condizione che siano state messe in atto misure di protezione per le greggi, come cani di protezione, recinti o pastori. C’è quindi un interesse a investire nella protezione delle greggi così come nello sviluppo di nuovi approcci che vanno in questa direzione. Ciò va a favore del benessere degli “animali da reddito”. Una adeguata protezione delle greggi serve anche per prevenire altri danni maggiori di quelli causati dal lupo come ad esempio i capi morti sui pascoli alpini perché dispersi, caduti accidentalmente nei dirupi, uccisi da fulmini oppure attaccati da cani. Una convivenza con i grandi predatori è possibile e ci sono diversi alpeggi che lo dimostrano.

Una maggior protezione delle greggi diminuisce anche il contatto tra ungulati selvatici e ungulati domestici, riducendo il rischio di passaggio di malattie. Un rischio reale come si è già dimostrato ad esempio nel Val d’Avers, dove la cecità dei camosci è salita per via del contatto con le pecore sul vago pascolo.

Le greggi con pastori sono anche più idonee per favorire la biodiversità nelle zone alpine, invece del vago pascolo, perché i pastori dirigono le greggi per gestire l’alpe in modo ottimale per la vegetazione presente. Con questa gestione si evitano perciò le zone sensibili.

Un No a questa nuova legge sulla quale si vota il 27 settembre corrisponde a un convinto sostegno alla biodiversità alpina e alla protezione delle greggi.

Erika Franc Benetollo, Bellinzona, biologa e coordinatrice I Verdi del Bellinzonese

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