Un grave attacco informatico iraniano, istradato attraverso server statunitensi ed europei, ha preso di mira gli impianti idrici israeliani lo scorso fine aprile. Progettato con l’obiettivo di paralizzare e avvelenare il sistema di approvvigionamento d’acqua generato dagli impianti di dissalazione, l’attacco è riuscito a violare il sistema di sicurezza ma è stato contrastato prima che potesse causare interruzioni nella fornitura proprio durante la crisi da coronavirus.
Gli attacchi informatici colpiscono in genere siti web o database contenenti informazioni sensibili, ma quello avvenuto in Israele è il primo del suo genere. Secondo il rapporto della direzione generale della Israel National Cyber, hacker iraniani hanno cercato di ingannare i computer che controllano la struttura idrica per aumentare esponenzialmente la quantità di cloro che viene aggiunto all’acqua per la disinfezione e al fine renderla potabile. Cambiando le proporzioni l’acqua può diventare estremamente pericolosa per la salute pubblica.
Gli israeliani non hanno menzionato direttamente l’Iran, ma i recenti sviluppi hanno inaugurato una nuova era di guerra informatica segreta impostata su attacchi cibernetici. Israele e Iran sono nemici acerrimi di lunga data impegnati in anni di battaglie. L’intelligence israeliana e statunitense, sono state sospettate tempo addietro di aver lanciato un malware (software informatico dannoso) nel tentativo di interrompere il programma nucleare iraniano, ma l’attacco ai sistemi idrici ha rappresentato la prima volta nella storia moderna un attacco informatico che ha mirato a causare danni alla vita reale dei cittadini.
A fronte di questo, Israele ha voluto inviare in rappresaglia un messaggio, mostrando la propria abilità informatica, con il presunto attacco del 9 maggio contro il porto iraniano di Shahid Rajaee nella provincia di Hormozgan, arrestando bruscamente il traffico navale e creando notevoli disagi e disordine. I computer che regolano il flusso delle navi e il transito di accesso delle auto e camion lungo le strade che conducono al porto, si sono fermati inspiegabilmente tutti contemporaneamente.
L’Iran, tramite una dichiarazione rilasciata alle agenzie di stampa dall’amministratore delegato della Ports and Maritime Organization, Mohammad Rastad, ha riconosciuto che il sistema computerizzato del porto è stato messo fuori uso da un hacker straniero sconosciuto. Funzionari dell’intelligence americana che hanno monitorato la vicenda, hanno confermato l’origine dell’attacco in Israele.
Nessuno dei due paesi ha confermato ufficialmente il proprio ruolo. Israele non risponde alle richieste di commento per l’attacco informatico al porto iraniano e l’Iran si rifiuta di commentare l’attacco informatico ai danni degli impianti idrici israeliani. Ma è in linea con la politica israeliana quello di reagire con tutti i mezzi alle provocazioni iraniane. “Ogni volta che si è vista un’escalation iraniana, come l’aumento della capacità missilistica in Siria, si è costantemente assistito a ritorsioni israeliane con bombardamenti di quelle basi”, ha detto Dmitri Alperovitch, dirigente dell’Harvard Belfer Center per la politica di sicurezza informatica. “Quindi sembra che ora abbiano applicato quella dottrina nel cyberspazio”, ha aggiunto.