Non solo coronavirus: anche un’altra emergenza rischia di destabilizzare l’Europa
Mentre in queste settimane non si parla che quasi esclusivamente e comprensibilmente dell’emergenza generata dalla pandemia da Coronavirus, molto poco si dice di un’altra emergenza che rischia di avere un effetto destabilizzante sul continente europeo: quella provocata dalle centinaia di migliaia di profughi e migranti spinti dalla Turchia verso l’Europa.
Nel 2016, l’UE ha inforcato una strada apparentemente comoda (mantenere i migranti in Turchia in cambio di soldi), ma assai pericolosa, dando in mano il coltello per il manico al despota turco, che adesso lo sta infatti utilizzando abilmente, tenendo in scacco e ricattando le autorità di Bruxelles. Erdogan ha nel frattempo alzato la posta in gioco, chiedendo – per ora, pare, inutilmente – un’ulteriore tranche di 500 milioni di euro ed è verosimile credere che in futuro potrebbe ulteriormente accrescere la richiesta di soldi e non solo.
UE debole e paurosa
Si muove sicuro il despota turco, dopo aver ristretto e cancellato con il pugno di ferro diverse libertà fondamentali nel suo paese; si muove con estrema disinvoltura e spregiudicatezza di fronte ad una debole e impaurita UE, dettando le proprie condizioni per limitare le ripercussioni di un nuovo esodo di profughi, anche dopo l’incontro, durante questa settimana, con i vertici di Bruxelles. Ma davvero i politici europei riescono a fidarsi di un simile ed inaffidabile personaggio, che nei giorni scorsi si è persino permesso di ridicolizzare e provocare la Grecia (storica nemica), invitandola a mandare i migranti verso gli altri paesi europei? Per il momento, grazie anche alla pressione esercitata principalmente dalla Grecia e da alcuni paesi comunitari, come l’Austria, parrebbe che l’UE sia intenzionata a difendere le frontiere esterne, ma le prospettive a breve termine non sono affatto rassicuranti.
Altre pretese
Il presidente turco sa indubbiamente usare molto bene e strumentalmente l’arma dei migranti, tanto da avanzare, oltre alla revisione dell’accordo di 4 anni fa, anche altre richieste di ordine economico e politico. Sullo scacchiere internazionale, il peso contrattuale e le mire della Turchia, che ambiva a diventare membro dell’UE (supportata persino da diversi paesi europei), sono indubbiamente cresciuti negli ultimi anni. Come scrive il direttore del quotidiano “La Stampa”, Maurizio Molinari, nel suo ultimo libro “ Assedio all’Occidente”, le recenti mosse della Turchia “sono i tasselli di un mosaico da cui emerge il vero obiettivo del disegno neo-ottomano: la tentazione di essere la nazione leader dell’Eurasia”.
Da anni, il paese rappresenta la seconda maggior potenza militare all’interno della NATO (il Patto Atlantico) dopo gli Stati Uniti e allora c’è da chiedersi cosa ancora abbia oggi in comune Ankara con gli Stati membri di un’organizzazione nata dalla difesa dell’Occidente, tenendo inoltre conto della strisciante islamizzazione del paese (e delle sue perniciose ripercussioni in Europa), dei tangibili e strategici legami con importanti movimenti islamisti come quello dei “Fratelli musulmani”, nonché del supporto dato ai movimenti jihadisti nella guerra contro Assad. Il tema è decisamente spinoso, considerato anche il vespaio politico di un’area geografica all’interno della quale la Russia sta giocando un ruolo preminente, mentre gli Stati Uniti stanno apparentemente defilandosi, riorientandosi altrove.
Sarà per questo che recentemente il settimanale “The Economist” ha scritto che la NATO dovrebbe, stringendo i denti, sostenere la Turchia (“Why NATO should grit its teeth and help Turkey in Idlib”), in considerazione della sua importanza all’interno del Patto Atlantico e della sua posizione di crocevia tra oriente ed occidente?
Come abbiamo visto negli ultimi anni, nei delicati e fragili riequilibri politici internazionali rientra, purtroppo, di tutto e di più, ma sul crocevia tra oriente e occidente stendiamo un velo pietoso. Non ci siamo proprio! Intanto, per il Vecchio continente, l’emergenza migranti, al momento relativizzata, resta più che mai attuale e quasi sicuramente aumenterà in futuro, anche per la Svizzera.
IRIS CANONICA
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