“Nel dibattito politico capita che parole e concetti positivi assumano connotazioni del tutto negative. Nel nostro Paese è successo al termine Europa. Per non poche persone l’Europa è oggi quanto di peggio si possa immaginare. Il nome è automaticamente associato a un centro di potere lontano dal cittadino, caratterizzato da istituzioni debolmente democratiche (che non rispettano la sovranità dei Paesi europei) e occupato da una burocrazia ottusa e prevaricatrice, che non fa gli interessi dei popoli ma quelli delle solite élite e del classico establishment.
È evidente che questa immagine negativa è quella dell’Unione europea e non dell’Europa. (… …)”
* * *
Incipit dell’editoriale di Fabio Pontiggia sul Corriere del 2 gennaio.
Nel nostro Paese, in particolare, questa cattiva immagine è dovuta al fatto che l’Unione europea è vista come ostile alla Svizzera, che resta “fuori” accampando (agli occhi dell’UE) pretese di privilegi.
Il fronte politico europeista svizzero, certamente importante, è divenuto per così dire sotterraneo, poiché i partiti dissimulano la loro reale opinione (ed intenzione) per il timore di perdere voti.
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“Nel dibattito politico capita che parole e concetti positivi assumano connotazioni del tutto negative… (…)
Tuttavia… tuttavia nel linguaggio mediatico vi è un esempio che ben illustra il percorso intimidatorio nei confronti del dissenso oggetto del... Pensiero del giorno, ciò che si condensa in due termini molto usati nel discorso europeo: euro-scetticismo e euro-fobia. Diciamo subito che (probabilmente) non tutti gli euroscettici sono stolti-anti-europei: mostrano ovviamente un certa qual riserva nei confronti dell’UE, così come strutturata nella sua forma politica attuale, ma non vi è alcun rifiuto dell’Europa quale continente di appartenenza. Tuttavia l’europeismo burocratico si è accorto quanto la carica inibitoria del termine (euroscettico) fosse ormai inadeguata per incidere sulla squalifica moralistica: essere scettici vuol dire, infatti, attendersi conferme che permettano di superare eventuali riserve, senza necessariamente rifiutare il concetto fondativo: quindi una posizione legittima. Per incidere maggiormente sull’effetto censorio si è dovuto premere sull’acceleratore semantico, introducendo un nuovo termine: euro-fobia. Parola che rimanda invece a una paura, a un’angoscia, quindi a un rifiuto irrazionale di qualcuno o di qualcosa. In altri termini: un disturbo della personalità. La fobia anti-EU é un’alterazione che va guarita. L’«eurofobico/a» non ha altra scelta che farsi curare. Democraticamente of course!