Siano i cristiani a rivendicare la rimozione del crocefissi dalla aule (titolo originale)
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Riceviamo e pubblichiamo – come documento – questo articolo, che ci ha colpiti per il suo contenuto fortemente provocatorio. L’esortazione di Ichino merita in ogni caso una riflessione.
L’obiezione più ovvia suona “sarebbe l’ennesimo cedimento all’Islam”, o verrebbe interpretata come tale. Plausibile.
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Fossi in Papa Francesco, lancerei un appello forte contro l’inflazione dell’immagine del supplizio di Gesù: vedo in essa un vero e proprio peccato contro il secondo comandamento.
Quello della croce è uno dei supplizi più orrendi che si possono infliggere a una persona, rivoltante nella sua crudeltà. Per i cristiani l’enormità del sacrificio cui Gesù si è offerto, che la loro Chiesa rivive ogni anno nella passione del venerdì di Pasqua, è il segno tangibile della potenza di un messaggio straordinario di fraternità; ma proprio questo è il motivo per cui quel sacrificio non può essere banalizzato.
Invece, il riprodurre dovunque l’immagine di quel supplizio atroce, nelle aule scolastiche come nelle corsie di ospedale, nei ciondoli appesi al collo come sui comodini accanto al giaciglio, ha proprio l’effetto di banalizzarlo, di edulcorarlo e così deprivarlo del suo significato profondamente drammatico. Quando a qualcuno quell’immagine viene somministrata in tutte le salse, posta per ore ogni giorno davanti agli occhi fin dalla più tenera età negli asili e poi nelle scuole di ogni ordine e grado, essa non può non perdere il proprio contenuto sconvolgente originario.
Fossi in Papa Francesco, lancerei un appello forte contro questa inflazione blasfema dell’immagine del crocefisso, che col rappresentare invano il volto di Dio in terra costituisce un vero e proprio peccato contro il secondo comandamento. Non le istituzioni pubbliche, non gli atei, non i laicisti dovrebbero essere in prima fila nel rivendicare la rimozione dei crocefissi dai luoghi pubblici, ma coloro che conoscono e coltivano come un’eredità preziosa il significato dell’evento che quelle raffigurazioni rappresentano.
Pietro Ichino
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Da parte mia, con la qualifica di piccolissimo seguace di Cristo, sogno un'altra cosa. Non certo che Papa Francesco faccia rimuovere i crocifissi (!?). Ma che egli organizzi o meglio faccia organizzare dalla Curia un incontro pubblico in luogo altamente laico. Del tutto verosimilmente saranno presenti moltissime persone. Il Papa arriverebbe in abito semplicissimo, bianco ma senza croce pettorale. Seduto al posto in primo piano che ovviamente gli verrebbe assegnato, comincerebbe col depositare al suolo una pesante borsa chiusa. Ai presenti porrebbe una domanda iniziale, non "perché siete qui?", ma piuttosto "Cosa vi preoccupa di più in voi e nel mondo?". Ovviamente se ne sentirebbero di tutti i colori, chi il non avere abbastanza soldi, chi la colpa è di pessimi politici, chi l'emergenza del clima, chi tanto altro. Visto che il pubblico sarà numeroso è però probabile che qualcuno dica "la sofferenza, mia e di tanti altri". A questo punto il Papa estrarrebbe dalla borsa un semplice crocifisso, non certo lussuoso. "Ecco, questa e non un'altra è stata la soluzione della Chiesa al problema dell'uomo". Ammettere prima di tutto la sofferenza, non come maledizione ma come via per capire tante cose sul mondo. E poi agire meglio che si può per farvi fronte. Oggi non è diverso da una volta. Che fanno invece coloro che non vogliono sentir parlare di Cristo, del crocifisso e delle croci che accompagnano la nostra vita? Negano tutto, come se non esistessero queste cose. Ma hanno LA LORO SOLUZIONE, fatta di orgoglio e di dominio. Inventano i problemi, la crisi finanziaria, l'emergenza climatica, tante altre novità di ieri e di oggi. Alla fine ci sono sempre le guerre. A questo punto a chi non è d'accordo non rimane altro che affidarsi a un'altra storia, da duemila anni in poi. Studiarla, conoscerla. Ma questi sono soltanto piccoli desideri. Della sofferenza non si parlerà mai in tavole rotonde, in importanti consessi. Chissà però, Papa Francesco, magari dal balcone, ne potrebbe trattare in modi semplici o più solenni. Non sarebbe come quei preti che come prima cosa si augurano il benessere, poi per il resto vada come vada.