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“Ti accuso, o Lega”. Il pensiero di un liberale radicale su via Monte Boglia. Un testo di 5 anni fa

Forse stimolato dalla recente “sparata” di Boris Bignasca l’avvocato Emanuele Verda ha “riesumato” questo suo post di cinque anni fa, pubblicato da LiberaTV il 13 ottobre 2014.

Lo riproponiamo ai nostri lettori come documento. Una spietata requisitoria contro la Lega. Un testo aggressivo, retoricamente brillante. Esprime bene il PLR-pensiero sugli “usurpatori”.

Ci sono delle verità in questo discorso d’accusa? Ma sì. C’è tutta la verità? Sicuramente no. La Lega è nata e cresciuta per 28 lunghi anni, e questo non è accaduto per caso o per bizzarria. È accaduto perché la gente sentiva il bisogno di un contrappeso, visto come “rivoluzionario”, a un regime percepito come opprimente. 

Ora sono diventati come gli altri? E allora, forse, ne pagheranno lo scotto.

* * *

Il ventennio è un lasso di tempo che di regola segna la fine dei progetti politici populistici. Il tramonto di chi ha denunciato storture e stava con la gente, ma poi quando la gente ha conferito il potere, ha dimostrato di non sapersene fare nulla, perché (quasi) nulla di quanto urlato è proponibile e realizzato. Soluzioni semplicistiche, politica degli umori, il nemico alle porte, ricettine miracolose all’attenzione distratta di chi non ha tempo di approfondire, contando sull’assenza di memoria “politica” del cittadino, nel proprio quotidiano. Promesse fatte già sapendo di non poterle mantenere. Fatte proprio per non essere mantenute, così da poterle ripetere di legislatura in legislatura: protezionismo ed autarchia, a nuove sfide risposte vecchie il cui il sbocco naturale è l’economia di sussistenza.

O peggio ancora quando non solo non si mantengono, ma addirittura le promesse si contravvengono (tra sacchi, radar e balzelli vari). La sostanza non cambia: le promesse non mantenute sono menzogne. E questo esercizio di potere è continuato ad essere quello che qualsiasi funzionario avrebbe fatto. Quei funzionari, zelanti mandarini, malmenati sul quotidiano di partito, ma dai quali è oggi difficile scorgere una pretesa differenza d’azione, se non di proiezione. Esercizio del potere in regime oligarchico, dove da anni gli stessi figli di papà (politico) vivono e condividono privilegi politici e finanziari cooptandosi l’un l’altro, da una poltrona all’altra, tra Berna, Bellinzona e Lugano.

Professionisti della politica, attaccati a poltrone e soldi, se per una carica di vice-sindaco esplodono isterismi con i quali si è ritenuto necessario tediare per settimane un cantone intero o ancora si collezionano consigli d’amministrazione e cariche pubbliche ben guardandosi dal riformare il sistema. Ma di promesse e menzogne ho già scritto.

In tutto ciò dov’è stata, dov’è la politica? Dove sono le scelte programmatiche per il nostro futuro? Dov’è la visione politica, c’è qualcuno che ha una certa idea (non è richiesta un’idea certa) del nostro Cantone tra 4 – 8 anni? Parleremo di indirizzi economici e territoriali o sempre, ancora di parcheggi e frontalieri? Sarà colpa dei burocrati federali o avremo trovato ed intrapreso una nostra via?

La politica è sostanza della democrazia e senza sostanza la democrazia è un’arlecchinata; la nostra è prossima alla farsa. Politica è governare, delineare rotte, progettualità, scegliere i fini per predisporne i mezzi. Oggi la nostra politica è egoriferita ed autoreferenziale, fatta di continue comparsate mediatiche di ministri canterini e sedicenti spiritosi (non c’è chi non veda un riferimento all’odierna performance del ministro Paolo Beltraminelli nella trasmissione radiofonica di Matteo Pelli, ndr), senza idee, progetti, scelte; l’arte del governo si riduce ad ordinaria gestione di consumi e servizi, tanto che v’è da chiedersi se alle elezioni cantonali non sia preferibile e finanziariamente più oculato un semplice concorso pubblico.

È tempo di liste elettorali. Potremo nuovamente e finalmente scegliere chi prenderà il volante e ci guiderà ad una meta, lungo una mappa magari complessa ma definita, nuova ma stimolante, o toccherà invece ed ancora accontentarsi di chi, tra un sorridente autoscatto ed un’inutile battuta, ci (si) trascinerà senza meta da un benzinaio all’altro, lamentandosi del tempo, della segnaletica, di pedoni e ciclisti … fin della stessa strada, che (sola) gli assicura il pane?

Emanuele Verda

 

Relatore

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