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Myanmar: liberati i giornalisti di Reuters che hanno indagato sulle violenze subite dai Rohingya

Due giornalisti di Reuters, Kyaw Son Oo e Wa Lone sono stati liberato dopo una detenzione di 500 giorni in carcere. I due uomini di 33 e 29 anni erano stati condannati a ben 7 anni di carcere in Myanmar a causa di una loro inchiesta condotta per far luce sulle violenze subita dalla popolazione dei Rohingya. I Rohingya sono un gruppo di fede islamica che vive al confine tra il Myanmar e il Bangladesh e da sempre la convivenza con la popolazione birmana non è facile: i Rohingya non sono riconosciuti come cittadini birmani e non possono nemmeno muoversi liberamente nel paese. Vivono in campi sovraffollati e di recente hanno subito un ulteriore peggioramento della loro situazione. Nel 2017 sono infatti scoppiati una serie di violenti scontri con le forze armate che hanno portato circa 728mila persone fuggire in Bangladesh. Secondo diverse fonti gli atti criminali compiuti dai soldati birmani in quel periodo contro l’etnia dei Rohingya sono stati ripetuti e imperdonabili: uccisioni di massa, incedi di villaggi, stupri sistematici.

I due giornalisti erano finiti in prigione perché accusati di aver violato una legge sul furto di documenti. In realtà, secondo i due uomini i documenti erano stati dati loro da alcuni funzionari allo scopo di incastrarli. Nonostante un agente di polizia durante il processo abbia ammesso che ha organizzato lui stesso l’operazione mirata a incastrare i giornalisti di Reuters, i due sono stati comunque condannati.
Kyaw Soe Oo e Wa Lone sono stati rilasciati in quanto il presidente Win Myint ha voluto un’amnistia che ha scagionato circa 6’000 prigionieri. Il Myanmar era finito nel mirino dei media di tutto il mondo dopo l’arresto dei giornalisti in quanto ancora una volta il paese agiva contro la libertà di stampa.
Nonostante la condanna, l’inchiesta condotta sull’omicidio di 10 giovani Rohingya compiuto per mano delle forze dell’ordine birmane, ha ricevuto poche settimane fa il prestigioso premio Pulitzer.

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