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Riscaldamento climatico, sensibilizzare e agire

di Lelia Guscio, deputata e candidata al Gran Consiglio per la Lega dei Ticinesi

Il riscaldamento climatico dura ormai da parecchi decenni. Chiunque abbia più di mezzo secolo di vita si ricorda le pattinate all’aperto sui laghetti che oggi non gelano più, gli inverni immancabilmente e abbondantemente innevati dal San Gottardo fino a Chiasso: e si ricorda fin dove scendevano i ghiacciai quando si percorrevano i passi alpini, sovente in automobile perché i collegamenti in treno e in autopostale non erano così performanti come oggi. A preoccupare, a giusta ragione, è l’accelerazione che questo processo ha intrapreso adesso e le conseguenze esercitate sull’ambiente e sull’uomo: estati tropicali, inverni siccitosi (se va bene con qualche goccia d’acqua, mentre il limite della neve continua a salire), eventi naturali inattesi ma sempre meno eccezionali e via dicendo. Un’accelerazione ormai fuori controllo ed è proprio questo il punto: dobbiamo ancora trovare il modo di invertire la tendenza, perché quanto abbiamo fatto finora a tutela dell’ambiente non basta. Non possiamo però permetterci di lasciare in eredità un ambiente invivibile. Facile a dirsi, ma come fare? Ritengo necessario agire in tre distinte direzioni:

– purtroppo è ancora e più che mai necessario sensibilizzare: solo se siamo convinti riusciamo a cambiare abitudini e comodità. Sensibilizzare dalla scuola dell’infanzia fino alle università, passando per la formazione professionale; sensibilizzare gli amministratori comunali affinché adottino modalità rispettose dell’ambiente nell’erogazione dei loro servizi. Ognuno di noi dev’essere convinto di potere e dovere fare qualcosa in questo campo: da tempo si sa che il riscaldamento climatico è collegato in primo luogo con le emissioni umane a effetto serra, che a loro volta dipendono dai consumi umani di energia, di quella fossile in particolare.

– Agire per promuovere una migliore gestione delle nostre (limitate) risorse naturali: qui anche l’agricoltura ticinese può offrire un contributo considerevole, se lo Stato la saprà orientare verso forme di produzione particolarmente ecologiche. Al Piano – dove la densità della popolazione è più elevata – essa può offrire alimenti a km 0, risparmiano qualche trasporto aereo e riducendo il traffico delle migliaia di auto (con al massimo due persone a bordo) che valicano il confine per fare la spesa e conservando le poche superfici verdi rimaste sul Piano di Magadino, nel Luganese e nel Mendrisiotto. Nelle valli, assicurando la gestione del territorio agricolo e forestale che, oltre ad offrirci energia alternativa a quella fossile, ci risparmia almeno le conseguenze negative del riscaldamento climatico, quali incendi e scoscendimenti.

– Oltrepassare gli angusti confini cantonali e dare una mano alla Confederazione nell’adozione delle misure atte a combattere il riscaldamento climatico: serve a poco mettersi ad inventare misure unilaterali. Ma anche ricercare modalità di collaborazione a livello transfrontaliero per ridurre il consumo di energia, fossile in particolare. L’ambiente non conosce confini: lo sappiamo bene noi che viviamo ai margini di un’area, quella Padana, tra la più inquinate d’Europa. Anche a livello cantonale, la prossima legislatura dovrà mettere tra le proprie priorità la questione del riscaldamento climatico.

Relatore

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