INTERPELLANZA BIS
A quale “altro funzionario” all’interno dell’Amministrazione cantonale vennero segnalati gli abusi sessuali commessi dall’ex operatore sociale condannato?
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Molti anni or sono un navigato politicante, tipico menatorrone, mi disse (ero giovane e ingenuo) questa cosa illuminante: “Regola numero uno. Non fare mai un’interpellanza senza conoscere, prima, tutte le risposte”.
Il tono dell’interpellanza Dadò-Bignasca è veemente e fortemente accusatorio. Il clima sui “social” è terrificante, di una violenza punitiva estrema, parole come pugni in faccia. Bisogna evidenziare la presenza di un effetto “palla di neve”, laddove l’indignazione, rimpallandosi tra un commento e il successivo, raggiunge l’acme.
Questa faccenda dell’autosospensione, poi, è di gran moda ma un po’ ridicola. O il tipo non ha fatto niente di male e resta dov’è, oppure sa di avere delle colpe e si dimette.
Sono stati commessi gravi abusi ai danni di giovani ragazze, e questo sembra assodato. Ma è altrettanto chiaro che il PS è sotto attacco. Ciò non mi rende triste né felice. È un fatto e basta. Il partito ne subisce un danno d’immagine enorme, perché il PS è il partito delle donne, della difesa delle donne, della difesa della dignità e dell’incolumità delle donne.
Questa volta non si può dire “è colpa del Beltra”. Il Beltra non c’era.
Che fare? Agire rapidamente, non c’è altra via.
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DADÒ BIGNASCA Apprendiamo dalla stampa che l’ex capo ufficio dell’Aiuto e della protealtro effzione Ivan Pau-Lessi avrebbe inviato una lettera all’Ufficio Presidenziale del Gran Consiglio e un “resoconto” al Consiglio di Stato, per comunicare la propria autosospensione dal Consiglio della Magistratura nel quale siede da alcuni anni.
I contenuti della stessa farebbero riferimento alla recente sentenza di condanna dell’ex operatore sociale e al suo operato in qualità di dirigente all’interno dell’Amministrazione cantonale.
Ivan Pau-Lessi, si può apprendere da internet, è anche membro di altre organizzazioni importanti, tra queste: il comitato della Conferenza del volontariato sociale CVS e, in qualità di presidente, siede nella Commissione di coordinamento di aiuto alle vittime (nomina da parte del Consiglio di Stato). Non sappiamo se si sia autosospeso anche da questa carica.
Questa decisione, tardiva ancorchè doverosa, non è nient’altro che la diretta conseguenza dei fatti gravissimi di abusi e di omertà avvenuti nei primi anni 2000 all’interno del DSS, ossia all’epoca in cui Pau-Lessi era dirigente dell’Ufficio implicato, e venuti alla luce non grazie alla segnalazione dei funzionari ma unicamente grazie alla coraggiosa e sofferta denuncia da parte delle vittime, che hanno portato la scorsa settimana a prounciare parole durissime e – fatto probabilmente mai avvenuto prima nella storia del Cantone- persino porgere le pubbliche scuse da parte dello Stato, nella persona del giudice Marco Villa, durante la pronuncia della sentenza.
Ed è proprio solo grazie al processo che si è potuto apprendere che nel 2005 almeno una delle ragazze abusate, all’epoca stagista al DSS, “aveva chiesto aiuto a un alto funzionario, il quale non ha preso provvedimenti affinché l’imputato non potesse più ripetere certi comportamenti”.
Questo agire omertoso da parte di funzionari pubblici è da ritenersi gravissimo e moralmente inaccettabile, in quanto ha di fatto permesso all’ ex operatore sociale di sfuggire alla legge grazie alla prescrizione della maggioranza dei reati di abuso sessuale commessi, e quindi cavarsela con una condanna assolutamente non proporzionata all’inaudita gravità dei fatti.
Per le vittime, oltre il grave danno e alla sofferenza subita, grazie a chi per anni ha vergognosamente taciuto e insabbiato, ora anche la beffa finale.
Sempre secondo quanto si apprende dalla stampa, l’ex alto funzionario Ivan Pau-Lessi sostiene di aver agito correttamente di fronte alla segnalazione di aiuto dell’allora giovane stagista, nonostale gli obblighi riportati nella Legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti (LORD) alla quale pure lui doveva fare riferimento recita in modo chiaro:
Obbligo di denuncia
Art. 31a Il dipendente che, nell’esercizio delle sue funzioni, ha notizia di un reato di azione pubblica, è tenuto a farne immediato rapporto al Consiglio di Stato o al Ministero pubblico, trasmettendogli i verbali e gli atti relativi; qualora ne informi il Consiglio di Stato, quest’ultimo è tenuto a trasmettere immediatamente la segnalazione al Ministero pubblico.
Da fonti affidabili sembrerebbe che Pau-Lessi, nella sua lettera all’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio e al Consiglio di Stato, abbia fatto almeno il nome di un funzionario al quale, all’epoca in cui si svolsero i fatti, furono riferite le “pratiche sconce” e le segnalazioni di abusi dell’ex operatore sociale condannato.
Se ciò sarà confermato, è sempre più evidente come questa triste storia di omertà all’interno dell’Amministrazione su fatti di inaudita gravità nei confronti di giovani donne, abbia dei risvolti inquietanti e delle radici profonde, che vanno verificate immediatamente da un’istanza indipendente non viziata in alcun modo da possibili interferenze interne e ancora presenti nell’Amministrazione.
Di vergognosa e inaccettabile omertà, con questo gravissimo fatto, l’Amministrazione pubblica si è purtroppo già macchiata in modo indelebile; è quindi giunto il momento di fare l’immediata e massima chiarezza da parte di tutti, in primis Governo e Gran Consiglio.
In aggiunta alle nostre precedenti interpellanze, alla luce di quanto emerso dalla stampa, ci vediamo costretti a chiedere al Lodevole Consiglio di Stato:
Fiorenzo Dadò e Boris Bignasca
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