Peo si dichiarava persona di centro, evitava volentieri i termini destra e sinistra. In sostanza era della corrente radicale, anche per la sua vicinanza al Dovere e le numerose amicizie bellinzonesi. Io, ero e sono liberale, di una destra illuminata come eravamo soliti dire. Ebbene queste due posizioni, che peraltro nel rapporto pratico con Peo non erano lontane tra di loro nella realtà quotidiana, non hanno scalfito la nostra amicizia anche se qualche volta ci siamo trovati su fronti opposti. Di certo non era di sinistra. Rispettoso delle istituzioni ma non statalista, nella vita era convinto sostenitore di un mondo economico sano, efficiente e indipendente, per il quale lo Stato, in maniera sinergica, doveva creare le condizioni ideali per il suo scopo: produrre ricchezza a beneficio di tutti. Quando Fulvio Pelli decise di lasciare la presidenza, ci fu una consultazione nelle due anime del Partito. I liberali proposero me, anche grazie al mio sponsor principale, Peo Barchi, che andava dicendo che, oltre alla preparazione e all’esperienza, ero la persona con la giusta Kinderstube. La cosa, ancorché non pubblicizzata, sembrava fatta. Poi però vi fu l’intervento dei senatori radicali, da Chiasso a Mendrisio, fino a Locarno, passando per Bellinzona. Il veto fu inappellabile. Sul momento ne fui amareggiato, tuttavia non provocai alcun sussulto nel Partito. Pelli decise di rimanere in carica ancora per qualche anno, e il problema passò senza polemiche. Di Pier Felice Barchi ricordo l’importante attività svolta a Berna come consigliere nazionale. Era un deputato che non passava inosservato, la sua serietà e autorevolezza era conosciuta, il suo impegno per il Ticino apprezzato. Il Partito cantonale lo propose per un posto nell’Esecutivo. Ahimè, non divenne Consigliere Federale perché a quel momento per il Ticino non erano date le giuste condizioni. Sarebbe stato sicuramente un personaggio di valore tra i sette ministri. Come presidente cantonale si era guadagnato la stima del popolo liberale-radicale, a quel tempo solida maggioranza relativa. In Direttiva non lasciava nulla al caso, ma soprattutto era attivo durante le campagne elettorali. Portava il pullover nero a collo alto come di moda allora, e si diceva che esercitasse la professione in orari impossibili, quasi senza dormire, pur di essere onnipresente ai comizi e ai dibattiti. Nella nomina di un importante consigliere di Stato coniò con successo la frase: “L’uomo giusto al posto giusto”. Di Peo Barchi potrei parlare ancora a lungo, ma mi fermo qui. È stato un presidente cantonale che ha portato il PLR a grandi risultati e che ha lasciato una sua impronta destinata a durare nel tempo. Di lui e della moglie Doris, che abbraccio, ho tanti bei ricordi anche al di fuori della politica. Ricordi che durano da anni e che resteranno vivi nella mia memoria. Ciao Peo.
Tullio Righinetti
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