Gli applausi al Presidente Mattarella, più per proforma. Poi le ovazioni a Di Maio, quasi un comizio. Poi un selfie con Salvini, da parte di una ragazza, toccato il fondo, dicono i sinistri. Ma Salvini non ride, si ferma solo per una fan. E Di Maio sorride, è vero. Ma non è certo colpa sua se un ponte mal gestito da chi di dovere (ancora da identificare) sia imploso uccidendo giovani vite. E ciò, molti, non lo vogliono comprendere. Ma i più, lo sanno. Parlano i voti. Triste è che si debba parlare di voti anche a un funerale.
Anche se il filosofo Diego Fusaro fa leva su come l’applauso ai capi di stato “mostri come il mondo sia cambiato”, forse non sono i funerali di stato che ci si aspettava, poiché quel rito collettivo di una nazione intera stretta attorno a 19 corpi fracassati dalle macerie di un ponte di cemento armato, si mostra più come un comizio politico, come un sentire comune di gente che soffre.
Parenti in lacrime, politici acclamati. O fischiati, e riconosciuti colpevoli. Giornalisti isterici, che non ammettono ciò. Cemento che si sgretola, sulle giovani vite, sul buonsenso, sulla società.
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