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Mauro dell’Ambrogio sulla Migrazione epocale: la Pancia e la Ragione

Ripreso da LiberaTV (articolo di Opinione Liberale)

Piace soprattutto lo stile del Segretario di Stato, combattivo, sciolto e così poco ufficiale. Dell’Ambrogio è brillante… ma ha tutte le ragioni? Forse no.

Ad esempio egli non dice da nessuna parte che le navi delle ONG, che affermano di “salvare” i migranti, in realtà li TRASPORTANO in Europa. Fa una differenza enorme.

Egli si dilunga, speranzoso, sul “rimpatrio”, ma dovrebbe sapere che il rimpatrio – in concreto – è una favola.

Nel complesso un articolo interessante, che meriterebbe di essere letto non solo dai militanti PLR.

* * *

Sui migranti si confrontano posizioni estreme, di pancia. C’è chi vorrebbe che tutti siano accolti e chi invece impugnerebbe il mitra (come scriveva Guareschi) per respingerli. I primi sono degli irresponsabili, poiché scatenano la proliferazione dei secondi. I secondi passano alla storia come perdenti o criminali. Vediamo finn dove è possibile ragionare.

Le migrazioni, poco importa quanto inevitabili e/o utili, sono più questione di quantità che di principio. La quantità ostacola l’integrazione e crea conflitto. Chi cercava fortuna in America incontrava spazi liberi e una selezione spietata per la sopravvivenza. Lo stato sociale attira chi non ce l’ha, ma la solidarietà non regge la quantità. Né la regge l’accertamento individuale di motivi d’asilo. Fughe in massa dalla guerra non hanno alternativa ai campi provvisori, dai quali rientrare se necessario con le armi per liberarsi. La sovrappopolazione in parti del mondo non si risolve esportandola. Capitalismo e controllo delle nascite hanno trasformato la Cina. Con altre ricette di scarso successo i nostri terzomondisti hanno speso centinaia di miliardi in aiuti. Flussi clandestini vanno quindi dissuasi: per contenerne il numero e a prevenzione di abusi e sofferenze.

La sola misura dissuasiva veramente efficace è il rimpatrio. Governi che rifiutano di riaccogliere i loro cittadini vanno sanzionati. Certo che si entra in conflitto con princìpi, come il divieto di rimpatriare chi potrebbe subire maltrattamenti. Vuol dire che hanno diritto di venire da noi tutti i ladri dei paesi nei quali ai ladri minacciano di tagliare la mano?

Fin dall’antichità condannare all’esilio era un modo per liberarsi degli indesiderati senza versare sangue, ma accogliere gli esiliati è una facoltà: farne un obbligo con trattati internazionali è un’utopia non sostenibile. Troppo facile farsi bella la coscienza in una ONG coi piedi al caldo, lasciando che a subire il degrado delle periferie urbane siano altri.

Tutto sta quindi nella quantità tollerabile, e le opinioni su di essa possono divergere moltissimo. Non solo a dipendenza della sensibilità personale, ma anche della contingenza. Anche al biondino che pontifica sul Mattino risulterebbe difficile non tirare a bordo chi sta annegando sotto i suoi occhi. Gli è più facile rinfacciare ogni Domenica alla consigliera federale Sommaruga di volere le frontiere aperte. Che 
è una balla: mettessimo Gobbi al posto di lei, avremmo magari una decisione diversa ogni venti, nei casi limite, ma nel complesso cambierebbe ben poco, viste le fattibilità e le leggi che abbiamo votato. Leggi che rigiriamo da trent’anni (divieto di lavorare, incentivi a lavorare), con lo stesso effetto di chi si gira nel letto per combattere l’insonnia. Scaricare gli indesiderati sui vicini senza accordi con loro non serve: farebbero altrettanto.

Mauro dell’Ambrogio ad Astana (Kazakistan)

L’Europa è allo stesso punto come la Svizzera trent’anni
 fa, prima della ripartizione dei richiedenti asilo nei Cantoni. Farà analogo passo o tornerà, senza più Dublino né Schengen, al ciascuno per sé? In attesa di saperlo, il solo obiettivo realista per la Svizzera sta nell’essere più efficaci degli altri paesi europei: sia nel dissuadere rimpatriando, sia nell’integrare chi non possiamo rimpatriare. Una integrazione attraverso lavoro e adattamento, con rimpatrio mai escluso per chi non ce la fa, altrimenti addio effetto dissuasivo.

La mia conclusione è la stessa di quando me ne occupavo in prima linea. Per non finire governati da chi impugnerebbe il mitra non dobbiamo dare pretesti a chi accusa la classe politica di volere frontiere aperte. La minoranza ingenua e pericolosa che così le vuole va chiamata alle sue responsabilità: far pagare alla signora Bosia il mantenimento di chi ha portato dentro illegalmente. Trent’anni fa ad ogni clandestino espulso la polizia finiva sotto tiro del Quotidiano di Silvano Toppi; la maggioranza approvava forse, ma silenziosa.

Il trionfo oggi dei Salvini esige che la ragionevolezza si manifesti esplicita, senza allarmismi né pruriti umanitari: quanto meno si riesce ad integrare, tanto più bisogna dissuadere.

Mauro dell’Ambrogio

Relatore

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