Primo piano

L’improbabilità dell’Italiexit (e di un governo italiano, formato previa voto del popolo)

Se il governo dei populismi (e perché mai tal locuzione dovrebbe avere una sfumatura negativa?) formato dai partiti che gli italiani hanno votato in massa (il Pd nega l’evidenza, piaccia o non piaggia è l’evidenza), si dovesse formare (il nome di Cottarelli è per ora congelato, non è detto che il temuto governo tecnico venga alfine attuato dal Presidente della Repubblica Presidenziale, on dirait…) lo scenario più temuto, atteso, agognato a seconda delle ideologie, sarebbe quello dell’Italiexit.

L’economista tedesco Daniel Gros spiega ad Adnkronos che “i mercati italiani” avrebbero “già isolato l’Italia”, la quale ad oggi avrebbe lo spread alto più del doppio di quello della Spagna (270 punti italici contro i 126 iberici). “Se Matteo Salvini e Paolo Savona fanno quel che volevano fare, veramente ci troveremmo costretti a isolare l’Italia, per proteggere Spagna, Portogallo e altri Paesi dal contagio.”

Sì, viene chiamata “contagio” una scelta condivisa da una buona fetta della popolazione; scelta tuttavia non così attuabile, per le restrizioni imposte dalle clausole dei vari trattati che sancirono l’euro (da Roma a Maastricht eccetera).

Lor signori germanici, già artefici di molteplici invasioni al Bel Paese (complice il Romanticismo che ampliò la fama della Lega Lombarda e della di lei vittoria a Legnano contro il Barbarossa e gli alemanni), dovrebbero ad ogni modo starsene tranquilli. L’Italiexit è improbabile tanto quanto un governo eletto dal popolo.  

Nel frattempo il leader della Lega Matteo Salvini ha annullato tutti i comizi in Lombardia per correre alla Capitale, per trattare con l’alleato leader dei Cinque Stelle Di Maio: è arrivato alla Camera, e ale 12.50 discuterà con gli alleati su come formare un governo per scongiurare un altro – sarebbe il quinto – governo non scelto dal popolo, che calpesti le elezioni. (Sì, certamente, il governo non lo elegge direttamente il popolo, che vota Camera e Senato, suvvia, detrattori sostenitori dei tecnicismi dalla prima all’ultima ora, non intralciate i discorsi intendibili ai più con inutili puntualizzazioni…) Il Movimento Cinque Stelle, tuttavia, rimette il proprio bastone tra le ruote del carrozzone strambo gialloverde: dopo aver rifiutato il nome del veterano ed esperto Giorgetti al premierato, in quanto leghista, ora nega la possibilità di attribuire il Ministero dell’Economia, divenuto incandescente, dopo il nome ponderato e poi vietato di Savona, a un ipotetico esponente di Forza Italia. E nega anche l’ingresso dell’alleata Meloni nella coalizione. Sembra facciano apposta…

 

Relatore

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