Ticino

Referendum su “La scuola che verrà” – Con le firme siamo a metà strada! – Il Comitato

La raccolta delle firme per il referendum contro la sperimentazione “La scuola che verrà”, voluta dal Dipartimento di Manuele Bertoli e approvata dal Gran Consiglio, procede con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia, complice anche il cattivo tempo che ha reso poco proficuo il primo sabato di bancarelle, seguito poi dalle festività di Pasqua durante le quali, per esempio a Lugano, non è stato possibile allestire il punto di raccolta in Piazza Dante. Si è, ciò nonostante, a oltre metà strada e la buona rispondenza della gente all’appello affinché su un tema di tale importanza (la scuola tocca in primis tutti i genitori i quali, ricordiamolo, assieme a una gran parte del corpo docente, non sono assolutamente stati interpellati durante l’allestimento del progetto di legge) si debba esprimere la popolazione, fa ben sperare per la riuscita del non facile compito. Il comitato di referendum rinnova tuttavia l’appello a tutti coloro che hanno a cuore l’avvenire della nostra scuola pubblica e che non l’avessero ancora fatto, a firmare e far firmare il formulario (si può scaricare dal sito https://no-smantellamento-scuola.ch/formulario/), ritornandolo al più presto all’indirizzo indicato sullo stesso. Le 7’000 firme necessarie rappresentano l’ultima possibilità anche per i docenti, le famiglie e i datori di lavoro, di riaprire il dossier della – peraltro necessaria, nessuno sembra dubitarne – riforma della scuola pubblica, ma partecipandovi questa volta attivamente e facendo sì che ne nasca un progetto ragionevole e coinvolgente tutte le forze in campo. Se perderemo questa possibilità, quella di Bertoli non sarà più una sperimentazione, bensì già sin d’ora la soluzione spacciata per ottimale al termine della quale l’adozione in toto del progetto sarà una pura formalità.

Al di là dell’esito, sul quale rimaniamo comunque fiduciosi perché le persone impegnate nella raccolta delle firme sono parecchie e stanno lavorando alacremente, non si può non pensare con rammarico alle regole del referendum in vigore in Ticino, che sono fra le più esigenti di tutta la Svizzera: 7’000 firme da raccogliere entro 45 giorni su una popolazione con diritto di voto di circa 221’270, fa una percentuale del 3,16%. A titolo di paragone, il canton Zurigo, con 930’000 iscritti in catalogo, chiede 3’000 firme da raccogliere in 60 giorni (0,32%), mentre a livello federale, se ne chiedono 50’000 per un totale di circa 5,4 milioni di aventi diritto di voto (0,92%). Se si pensa poi che, con l’introduzione del voto per corrispondenza, anche le bancarelle poste ai seggi hanno perso molto della loro efficacia, c’è veramente da chiedersi quando il nostro cantone si adopererà alla stregua degli altri per facilitare, invece di ostacolare, l’esercizio dei diritti politici dei nostri cittadini, in particolare quello della democrazia diretta che tutti gli altri paesi ci invidiano.

Comitato di referendum “NO allo smantellamento della scuola pubblica ticinese”

* * *

Il Referendum serve, ovviamente, a bloccare una riforma che va nella direzione sbagliata. Ma serve anche come verifica popolare di singolari sviluppi parlamentari, che si sono conclusi con un netto Sì alla sperimentazione (da iniziarsi nel settembre 2018). Lo vede bene il professor Zambelloni che, nella sua celebrata intervista, alla precisa domanda

All’inizio PLR e PPD erano contrari, poi si sono fatti convincere (se non altro alla sperimentazione). Quanto valgono le concessioni che hanno strappato al DECS ?

in forma articolata risponde:

“Non posso saperlo. Però faccio una curiosa constatazione. Negli ultimi tempi si sono verificate alcune coincidenze. Vediamole.

– novembre 2017: nell’accordo raggiunto con la Curia a proposito dell’insegnamento di Storia delle religioni (dopo parecchi anni di dissensi e disaccordi), il Consigliere Bertoli annuncia che ad insegnare la nuova materia saranno ammessi anche i laureati in teologia, scienze religiose e scienze della religione;

– marzo 2018: il Consiglio di Stato licenzia il messaggio sulla modifica della Legge sulla scuola. La modifica consiste nel rendere obbligatorio per tutti in quarta media l’insegnamento di Storia delle religioni.

– marzo 2018: in Gran Consiglio il PPD – che in gennaio ancora titubava – appoggia il credito per la sperimentazione del progetto del DECS;

– il prossimo 25 aprile l’USI presenterà un progetto di ampliamento dell’ateneo e del polo universitaro della Svizzera italiana. Il progetto prevede l’integrazione nell’USI della Facoltà di Teologia.

C’è un nesso fra tutti questi eventi ravvicinati? Per saperlo bisognerebbe poter scrutare dietro le quinte, e a me non è dato; però un nesso è pur sempre possibile. Quanto al PLR, non escluderei che la sua adesione al progetto sia il risultato di qualche scambio reciproco: il do ut des è ormai una strategia di compromesso che regola gran parte del meccanismo legislativo.”

La speranza dei referendisti è evidente: che il popolo non voti come il parlamento. Si può tentare di influenzare il popolo ma non gli si possono impartire delle consegne di voto (ciò che si può fare benissimo con i deputati).

Questo però è discorso del futuro poiché nell’immediato… la necessità è un’altra! (fdm)

 

Relatore

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  • Purtroppo non si vede ancora sufficientemente il valore di questo referendum. Offre almeno due sbocchi virtuosi. 1) Se la raccolta di firme riesce concede alcuni mesi per una fruttuosa e possibilmente pacata discussione sulla nostra scuola, che veramente ne ha bisogno. 2) Se alla fine in votazione popolare vince il no alla "Scuola che verrà", ciò significa che l'attuale situazione con i livelli è il massimo che si può tollerare e ancora migliorare. Abbiamo subito come Cantone un'evoluzione culturale, sociale e politica impressionante, anche se quest'ultimo aspetto non si vede tuttora granché bene. L'abbiamo subita e non "governata". Questa è l'amara realtà, con troppa gente che ha perso motivazioni e direzione. Quanto alla scuola che c'è oggi è l'ultimo rimasuglio di razionalità che non va sprecato. Se lo gettiamo nel cestino si andrà verso la cosiddetta inclusione, che non si sa cosa sia. Certe situazioni incancrenite del post-obbligatorio si moltiplicheranno. E come no, visto il progetto che le sostiene?

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