Pubblicato come Opinione nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore e della testata
L’idea di fare un film sul guardiacaccia e sulla attività venatoria nel nostro cantone è buona. Anzi era un’occasione per fare conoscere al grande pubblico un’attività importante nella gestione della selvaggina, con la possibilità di rendere popolare l’intero mondo venatorio che in Ticino ha avuto e ha ancora forti radici e tradizioni che risalgono nei secoli. Era data la possibilità di spiegare ai giovani, che purtroppo non lo imparano più in famiglia, e tantomeno nella scuola, cosa siano veramente la caccia e il suo esercizio. La conoscenza del mondo animale selvatico legata a quella del territorio in cui vive, che cosa è la caccia oggigiorno, di che cosa si occupa e preoccupa, e soprattutto che cosa fa il cacciatore tutto l’anno e non solo nelle poche settimane nelle quali opera una selezione importante sul terreno a beneficio di tutti. E lo fa per di più pagando una licenza non propriamente a buon mercato, permettendo allo Stato di risparmiare fior di quattrini per lavori che rientrerebbero nei suoi compiti.
Gli autori del film, sicuramente non competenti e spesso mal consigliati, hanno fatto passare nell’opinione pubblica una visione distorta di quel complesso ed emotivo fenomeno che è la caccia. Il seguace di Diana viene identificato nel bracconiere feroce e senza scrupoli. Incosciente e superficiale nel tirare il grilletto, al punto di colpire mortalmente una ragazzina che corre gioiosa nel bosco e un guardiacaccia che sta facendo il suo lavoro. Il tutto in situazioni meteorologiche ottimali forse proprio per colpevolizzare ancor più l’individuo. E in più vien fatta passare l’idea che il cacciatore sia un bevitore incallito.
E pensare che sarebbe stato interessante per il pubblico ticinese conoscere cos’è la FCTI. Di che cosa si occupano i suoi dirigenti e i suoi membri in collaborazione con lo Stato. Dalla formazione delle nuove leve, agli esami per la licenza, all’importante attività di monitoraggio, i censimenti, indispensabili per evitare di intaccare il capitale intervenendo solo su una parte della produzione, al ricupero di animali feriti o morti con i lori cani da sangue. Ma anche sarebbe stata l’occasione per far conoscere al pubblico come si è modificata l’attività venatoria negli anni. Le volontarie rinunce ad abbattimenti che, con i cambiamenti subentrati nel territorio, potrebbero mettere in difficoltà determinate specie.
L’equazione che volutamente si è voluto rendere ufficiale è quella di cacciatore = bracconiere, cacciatore = incosciente, cacciatore = bevitore, cacciatore = cattivo in contrapposizione a guardiacaccia = buono. Più sinteticamente cacciatori = criminali. È una grande offesa a tutto il mondo venatorio cantonale. Bene ha fatto il presidente Regazzi a chiedere le scuse ufficiali alla RSI. La CORSI, che peraltro ha poco potere a Comano, dovrebbe occuparsene.
È stato un ulteriore pessimo esempio, questa volta nella complessa ed emozionale attività della caccia, altre volte è avvenuto nell’economia, e più in generale nella politica, del decantato servizio pubblico. È stata anche una nuova dimostrazione di come viene malamente speso il denaro del contribuente. Si vede che a Comano si sentono in una botte di ferro per quanto sarà chiamato a decidere il popolo nel mese di marzo nel prossimo anno. Ma forse si sbagliano.
Tullio Righinetti
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