Orbene, fermo restando che se fra i fautori del Sì vi è chi ha tralignato facendo denigrazione o addirittura – come dice Fonio – “intimidazione”, va ovviamente condannato; personalmente ritengo però che ai docenti, per la funzione e il ruolo che essi esercitano (e per il quale sono anche dignitosamente remunerati), pertoccherebbe un dovere accresciuto di contegno dignitoso a salvaguardia del loro decoro di funzionari pubblici dediti all’istruzione e all’educazione dei ragazzi. Mi permetto di dire che alcuni docenti, nel corso della campagna pre-votazione (e à fortiori ciò vale per il commento dopo il voto del docente della scuola di Barbengo), non hanno proprio dato una bella immagine di sé e in generale della categoria. Quando un capofila degli oppositori alla proposta in votazione definisce in tv “una schifezza” il testo di legge, offendendo la grande maggioranza dei granconsiglieri che l’ha votata, egli riassume in sé tutta l’arroganza (pseudo)-intellettuale, tutto il livore e tutta la frustrazione di cui possono essere portatori certi docenti. Mi si dirà: è stata una singola scivolata… Ma no! Al prof. Binaghi è solo sfuggita una parola di troppo, ma nel modo di argomentare e nella mimica delle comparsate in tv parecchi altri fautori del No trasudavano da tutti i pori arroganza e disprezzo per il volgo presunto sciocco.
Quindi, in una certa misura si può anche capire la reazione di rivalsa di molti cittadini che, a vittoria avvenuta del Sì. se la siano presi con questi non proprio encomiabili “professori”. Non va nemmenodimenticato che i fautori del No hanno letteralmente “occupato”, con una campagna visibilmente orchestrata, le pagine dei lettori del Corriere e della Regione causando non poche frustrazioni alla maggioranza silenziosa dei favorevoli, che come sempre quando ci si vede confrontati a campagne squilibrate e unilaterali, si è sentita un po’ insicura fino al giorno del voto.
Ma il giorno del voto ha fatto giustizia. Wahltag ist Zahltag, dicono i tedeschi. Anche certi professori devono infatti capire che non è perché un’asserzione venga ripetuta dieci o venti o trenta volte, che essa diventa perciò vera! E un’altra cosa non dovrebbero dimenticare: la scuola pubblica non è un feudo esclusivo dei docenti o dei funzionari e del direttore del DECS, di cui solo essi possano parlare e disporre. La scuola interessa tutti i cittadini i quali possono esigere che nelle grandi linee essa rispetti e trasmetta quei valori e quelle conoscenze che sono ritenute importanti dalla società. Una società ancora democratica, piaccia o meno a certi cultori dell’elitarismo e dello spirito corporativo!
Paolo Camillo Minotti, Bellinzona
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