Si teme che Juncker si affatichi facilmente a Roma, tanto che circolano sue impietose foto dove in prima fila dorme durante un’allocuzione del Papa, ma sulla fatica per un breve percorso non incide per nulla la categoria dell’aereo affittato.
Qualcuno si domanderà perché mi accanisco su una posizione di poche decine di migliaia di euro, quando il bilancio annuale della Commissione supera i 150 miliardi (ovviamente a carico dei contribuenti delle singole nazioni). Proprio questo è l’errore: nel non capire che nelle spese poco controllate, piccole o grandi, della Commissione e dei burocrati di Bruxelles è riscontrabile una pericolosa inclinazione alla spesa facile. Inclinazione spesso ricorrente quando i soldi non sono i propri e quando il controllo è lassista anche perché per superficialità o addirittura disinteresse non ci si preoccupa in modo particolare di risparmiare dato che, come si dice in Ticino, «paga ul Celest».
Lo scorso mese è stato pubblicato un libro dal titolo Kleinstaat Schweiz – Auslaufs – oder Erfolgsmodell? che si pone l’interrogativo se il modello svizzero sia in via di estinzione o per contro premessa di successo, concludendo per questa seconda alternativa. Dürrenmatt affermava addirittura che la Svizzera non è una nazione e neppure un piccolo Stato, ma una Confederazione di piccoli Stati cantonali. Auguriamoci che i 246 grandi elettori non lo dimentichino al momento della nomina del prossimo consigliere federale indulgendo in alchimie di potere e nell’esasperazione di mode, ma ricordando ciò che cementa la Svizzera, modello di successo.
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