Focus

“La scuola che verrà” – Dibattito in TV – Le “pagelle” del professor Francesco Russo

Teleticino: “Gli esami e la pagella”  martedì 13 giugno

Il consigliere Bertoli discute il suo progetto di “sua riforma”. Lo fa tutto sommato con l’ eleganza che lo contraddistingue, anche se secondo me questa va nella direzione sbagliata: il suo esempio di plotone ciclistico che deve rimanere unito traduce una “visione ugualitaria” della scuola che purtroppo è solo un appiattimento. La signora (ecologista) Tamara Merlo non è stata assolutamente all’altezza, nemmeno come gregaria del Consigliere. E’ arrivata perfino a dire che bisognerebbe spendere meno nella Ricerca e nell’Università a favore della scuola dell’obbligo.

Anche il Leghista Michele Guerra, pur dimostrando un certa allergia alla riforma non è stato “leggibile” nei suoi propositi. La buona sorpresa è venuta dal presidente PLR Bixio Caprara, l’unico a riaffermare alcuni principi basilari della scuola: il liceo non è l’unica formazione che porta al “Paradiso”.La Svizzera (ma anche la Germania) ha una lunga tradizione di diversificazione formativa con un apprendistato e scuole professionali di qualità. Ovvio che il mondo di oggi domanda più “formazione” a tutti i livelli, ma non necessariamente tutti devono conseguire una maturità che dia accesso a TUTTI gli studi universitari: dall’ingegneria, alla letteratura, le lingue, la filosfia, la teologia…

Inoltre Caprara ricordato l’importanza dello sforzo e del sacrificio nell’apprendimento. E’ chiaro a tutti che se un atleta vuole ottenere dei risultati deve allenarsi con impegno e metodicità; per alcuni sembra quasi che questo principio non debba valere per lo studente al quale bisognerebbe soprattutto mostrare la “bellezza” della disciplina:d’accordo sulla bellezza, ma questa è ancor più percettibile quando il docente propone un apprendimento che “tira verso l’alto” e che stimola l’emulazione.

prof. Francesco Russo

 

Relatore

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  • In un dibattito, malgrado la buona volontà di tutti, non si possono affrontare i gravissimi problemi della scuola. Non solo nel Ticino, ma ovunque dove gli esperti di educazione (detto in altro modo i cosiddetti pedagogisti) hanno attecchito. Nel 2016 è stato pubblicato in Francia un libro micidiale su quanto è avvenuto negli ultimi 40 e più anni, "Mais qui sont les assassins de l'école?", di Carole Barjon, Ed. Robert Laffont. È un pamphlet impressionante, a partire dal suo titolo mica male truculento, che però solo chi banalizza la situazione può censurare. È una denuncia realistica, che indubbiamente ci tocca e non solo di riflesso. Personalmente dico che anche nel Ticino si sono compiuti i medesimi errori, forse per uno spirito ticinese di crassa imitazione. La denuncia dell'Autrice parte dalla messa al rogo degli apprendimenti tradizionali della lettura e della scrittura, in particolare della pratica del dettato. Conseguentemente dell'annichilimento della scuola elementare, di cui ormai quasi più nessuno parla. Ne consegue l'impreparazione diffusa (e negata) a ogni livello. Già se ne era occupato con altri il celebre matematico Laurent Lafforgue. Carole Barjon ritiene la situazione gravissima, e come si può non darle ragione? Rinunciare alle forme in cui si sviluppa il pensiero apre le porte alle peggiori aberrazioni, compreso il terrorismo. È lì da vedere, ma occorre essere seri e affrontare il tema senza cadere nella spettacolarizzazione dei dibattiti, magari fra gente impreparata che non si rende conto della posta in gioco.

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