Ticinolive ha pubblicato (come altri media) il bel discorso tenuto dalla Presidente di Ticinomoda in occasione dell’assemblea generale.

Sulla mia pagina Facebook ho messo un link all’articolo. L’interesse del “popolo social” si è subito manifestato intenso (pro o contro) ma dopo un po’ sono stato costretto (o semplicemente indotto) a toglierlo, a causa dell’apparizione di commenti offensivi. Gente che, senza sapere alcunché, ripeteva pappagallescamente accuse e denigrazioni che erano state a suo tempo costruite ad arte per stroncare una donna politica (in pratica la leader della Destra liberale) che si batteva per il suo quarto mandato in Governo.

Sono passati dieci lunghi anni ma quel veleno, così abilmente distillato, e appiccicoso, non è affatto svanito. “Le parole sono pietre”. Ci sono persone che sfogano la loro rabbia illetterata sui social, autosuggestionandosi all’odio, ripetendo all’infinito le loro incontrovertibili verità (quelle che operatori più abili, ed alfabetizzati, hanno confezionato per loro).

Questo agire, di per sé squallido, li consola: della loro povertà, della loro nullità, della loro emarginazione sociale, dell’essere mogli o mariti cornuti.

Chi afferma che Facebook non fa bene alla salute non ha capito niente.

Relatore

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  • Non sono a conoscenza di quanto si dica (o si è detto) su facebook a proposito del discorso in questione. Proprio perché facebook è un mezzo che non mi affascina. Per la verità non sono nemmeno affascinato dall’arringa brillante ma scontata della quale si discute (si è discusso), mi sembra di capire, in termini discordanti. Le solite note, suvvia.

    Ma anche il discorso ha un po’ l’aria del déjà vu, insomma. Uno speech in favore di quell’agognato cambiamento di modello economico, in chiave cantonale, che non è mai decollato. Una requisitoria in sintonia coi tempi, sicuramente, dove parrebbe essere arrivati al punto in cui l’economia sia ormai da considerare una scienza sperimentale, così come la fisica, la medicina, oppure la biologia; da qui l’immediato bisogno di dover eventualmente scomunicare ogni tentativo di “negazionismo economico” propostoci dai soliti nostalgici (ci viene ripetuto - non qui - ma sempre più spesso) ideologizzati da cause ormai sconfitte dalla storia. Intanto il patrimonio accumulato dall'1% dei più ricchi al mondo ha superato quello del restante 99% degli abitanti della Terra. Altrimenti detto: 62 supermiliardari hanno quanto la metà più povera della popolazione. Altro che ricchezza per tutti.

    Per cui lo spettacolo che appare davanti agli occhi di tutti è piuttosto quello di una concreta pauperizzazione delle ormai “sconfinate” masse, e la volontà - sempre meno nascosta - di quella categoria di “inclusi” pronta ad imporre la politica, - appunto - dell’ossimoro. Come non ricordare il post di «extraverbo» relativamente alla presunta… minor povertà dei popoli della terra. “La globalizzazione ha causato un trasferimento di ricchezza dai paesi occidentali a quelle poche altre realtà oggi emergenti, soprattutto grazie allo sfruttamento della loro manodopera. Ha permesso una minima crescita laggiù è ha sicuramente impoverito una grossa fascia di popolazione quaggiù”. Fine citazione. In fondo, in fondo il prof. Galli della Loggia - mi sembra - abbia poi detto analoghe cose nella conferenza contigua alla serata sulla moda cantonale. Almeno mi risulta dalla pulitissima sintesi firmata L. Di Corcia, pubblicata sul CdT.

    Tuttavia e peraltro, il neoliberismo parla di libertà, ma procede alla stratificazione, se non addirittura all’esclusione, sicuramente alla cosiddetta “suasione ideologica” per non mostrare l’epilogo conclusivo fatto - infine - di possenti oligopoli. Si nasconde l’idea della lotta di classe, ma si organizza ogni aspetto economico e sociale su un rapporto di forza che favorisce chi sta alla sommità della scala redditocratica. Si teorizzano arbitrarie graduatorie di merito, così da poter presentare i candidati a una sicura eliminazione – già piegati da una preventiva paura di declassamento – come gli unici responsabili della loro sconfitta, sapendo invece, indotta dalla necessità implicita di un perverso meccanismo di esclusione. Come suggerisce un antico adagio mai scaduto “invece di costruire una società che predica una… “esclusiva” libertà degli individui, bisognerebbe per contro costruire la libertà degli individui… includendovi una migliore qualità di vita.”

    In definitiva bisognerebbe accettare la saggia e genuina idea che la «mercatocrazia», come tutti culti ideologici, non sia altro che un’ipotesi che potrebbe benissimo, presto o tardi, essere sconfitta dalla storia.

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