Come dice l’Avvocato, questo articolo è stato scritto prima. Poi, giovedì 23, è successa quella cosa enorme, che crea una condizione del tutto nuova.
Uno specifico punto, direi, non è stato evidenziato a sufficienza dai commentatori. La Brexit sblocca una situazione che si era malignamente incancrenita.
* * *
Lo scontro fra le due parti – guastato da visioni apocalittiche ridicole e frottole per bocche buone di entrambi i contendenti – non è esclusività del Regno Unito, ma con toni più o meno esasperati lo troviamo in quasi tutti i Paesi dell’UE.
Basti pensare al Front National di Marine Le Pen in Francia, ai Grillini e alla Lega con Salvini in Italia, a Podemos in Spagna, UKIP in Gran Bretagna e AfD in Germania, FPÖ in Austria, a Syriza in Grecia, ai Comunisti al Governo in Portogallo, a Wilders in Olanda e dimentichiamo i Paesi più piccoli. Sono i partiti definiti populisti di destra o sinistra ma tutti a connotazione antieuropea. In Svizzera le controversie che ci dividono sulla valutazione dei Bilaterali, o in genere le posizioni nei confronti dell’UE, ricalcano lo stesso schema sociologico.
La mia tesi è che il risultato del referendum inglese inciderà in ogni caso sulle dinamiche di Bruxelles ma non basterà a risolvere i grandi problemi dell’UE. Cominciamo dalla crescita economica che nell’Eurozona dal 2000 al 2014 è stata del 12%, la percentuale più bassa a confronto con tutte le altre zone commerciali nel mondo (la media mondiale è stata del 47%). Ciò si contrappone alle promesse e decisioni dei capi di Governo dell’UE che con il Patto di Lisbona del 2000 si prefiggevano e impegnavano solennemente in 10 anni di fare dell’UE «la zona economica più competitiva, dinamica, basata sulla scienza, del mondo, al fine di assicurare una costante crescita economica con più e migliori posti di lavoro».
A distanza di 15 anni la crescita economica langue ancora nonostante le migliaia di miliardi di euro iniettati nel mercato, il tasso di disoccupazione è sempre attorno al 10% (con punte del 40-50% di disoccupazione giovanile in alcuni Paesi), la politica dei tassi 0 o negativi, penalizza (tassa) pesantemente il risparmio e mette in pericolo i sistemi pensionistici, l’indebitamento degli Stati aumenta arrivando a livelli di guardia (100% con punte del 150%). La Grecia è fallita ma non si deve dirlo per non dovere azzerare i crediti, l’euro si rivela un errore voluto, ignorando le considerazioni economiche, per affrettare l’unione politica in Europa e mette in pericolo l’intera costruzione UE (parole di Merkel).
Il Trattato di Schengen (abolizione delle frontiere all’interno dell’UE) ha dimenticato (al solito) la realtà, ovvero che le frontiere in Europa sono oggi costituite dalle reti nazionali della socialità diverse l’una dall’altra. Il trattato di Dublino che doveva proteggere le frontiere europee vale quanto la sabbia al vento e tende a rendere ancora più difficile una politica di protezione contro immigrazioni di massa, che angosciano i cittadini dei diversi Paesi e mettono a nudo l’incapacità dell’UE di passare dalle enunciazioni alla realizzazione di politiche comuni. E il discorso potrebbe continuare. Un recente sondaggio ha dato percentuali paurose a proposito dei sentimenti anti-UE nei diversi Paesi.
In una simile situazione una classe dirigente dotata di intelligenza politica e onestà civica non si dovrebbe arroccare su strutture di potere e progetti che hanno evidentemente fallito e sono all’origine del successo vertiginoso dei partiti di protesta con tutti i relativi pericoli.
Gli storici tendono a dare la responsabilità per lo scoppio della guerra del 1914 alla classe dei governanti di allora mediocre ed inetta. Mi auguro non debbano tra 100 anni ripetere l’impietoso giudizio a proposito di un fallimento dell’Europa. A chi ha le leve di comando incombe l’obbligo di presentare un diverso progetto politico che rispetti democrazia, diversità culturali, libertà economica ed esigenze sociali. La vera alternativa non è tra questa UE ormai logora o il rifiuto ad ogni accordo. La necessaria soluzione va cercata in un’altra Europa, un progetto che trovi il sostegno degli europei.
Tito Tettamanti
(pubblicato nel Corriere del Ticino e riproposto con il consenso dell’Autore)
L'essere umano, attraverso la filosofia, ha sin da sempre cercato di nobilitare sè stesso. Gli…
2012 Il 7 settembre 2012 Francesco De Maria ha incontrato l'imam Jelassi nella sua moschea…
Per ricordare questo anniversario Liliana Bressanelli ha pubblicato un post sulla sua pagina Facebook. *…
di Tito Tettamanti Lo scorso anno da queste colonne ho pubblicamente confessato la mia ignoranza…
Da una pagina Facebook rubiamo questa tenera poesia d'amore, d'autore (per noi) ignoto. * *…
“Ma perchè ce l’avevate tanto con Spadolini?” avevo chiesto una sera a Pavolini. “Umberto, tu…
This website uses cookies.
View Comments
I problemi sollevati da extraverbo sono di grande realismo e di difficilissima, se non impossibile soluzione. Quando sento parlare di Erasmus mi vien da ridere. L'UE che si prende a carico la formazione, almeno parziale, dei nostri studenti universitari? Per avviarsi a quale professione? Quella del disoccupato cronico?
Il figlio di miei amici italiani di Tenerife, ingegnere civile diplomato a Barcellona, dopo 3 anni di disoccupazione è andato a Londra a fare il cameriere, dove persevera da 2 anni nella nuova professione, felice e contento di non essere più a carico dei genitori. Un avvocato sloveno che conosco per caso è impegnato in lavori agricoli in una fattoria di miei conoscenti nel veronese. Per quale percentuale di studenti dell'UE lo studio universitario è in pratica una perdita di tempo e di soldi?