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La natura di Pamini e il reddito di cittadinanza – di Filippo Contarini

Chiacchieriamo un po’ con l’amico Paolo Pamini su un tema che ormai conosciamo: il reddito di cittadinanza. O, come alcuni lo descrivono, notate la vena polemica molto fine, la paghetta per i fannulloni.

Chiaramente non è così: il reddito di cittadinanza non è uno strumento per fannulloni, né per parassiti. Si tratta di un nuovo strumento sociale pensato per garantire il futuro della nostra società di fronte alle grandi sfide della tecnologia, del lavoro e della globalizzazione. Si tratta soprattutto di una risposta alla crisi del liberalismo economico, che ha provocato dei cataclismi sociali evidenti a tutti. Il reddito di cittadinanza è una nuova alternativa concettuale a un mondo che è cambiato, non lo si può certo sbolognare con il facile slogan “ma è comunismo!”.

Cominciamo con un esempio concreto di contraddizione di Pamini. Queste sono le sue parole: “È la natura del mondo che obbliga l’essere umano a lavorare per ottenere le fonti del proprio sostentamento”. Ma era proprio lui a ribellarsi contro l’imposta di successione sui capitali milionari (p.e. su Ticinolive il 17 ottobre 2013). E cosa è una eredità milionaria se non un modo che l’uomo ha trovato per riuscire a non “lavorare per ottenere le fonti del proprio sostentamento”? Il parassitismo non è solo di chi non lavora, ce lo si ricordi bene, ma anche di chi usa le regole statali per farsi gli affari suoi. E non esiste in natura una pietra con regolamento scritto che dice che i figli devono godere dei soldi dei genitori. È una costruzione sociale. Importante, va bene, storicamente data, e va bene anche questo. Ma rimane una costruzione sociale. Talmente tanto costruita che ci sono stati tempi in cui il regno veniva passato a un solo figlio, altri in cui veniva spartito fra i vari figli. Quale è la scelta più naturale? Impossibile dirlo.

Dirò di più: in una società naturale il figlio fannullone di un gran ricco probabilmente non resisterebbe molto. Mentre proprio perché la società gli permette, grazie alla ricchezza, di farsi proteggere da altri, allora riesce a sopravvivere e magari anche a riprodursi egregiamente.

Andiamo un pochino nell’astratto. Pamini sostiene fra le righe che la natura ci ha fatti così: un po’ schiavisti, sicuramente egoisti, assolutamente liberisti. Se Robinson Crusoe vuole i soldi, allora sottomette Venerdì, “è la vita fratè”. Il greco Tucidide non avrebbe saputo dire di meglio, come altri dopo di lui: à la guerre comme à la guerre. Che fare di fronte a questa idea paminiana di natura, assecondarla?

Noi rispondiamo di no, cerchiamo altre vie. Anzitutto sosteniamo che non è l’uomo il problema, ma l’ambiente attorno a sé, duro e omicida. Ma l’Uomo reagisce al suo ambiente. L’emancipazione tecnologica dell’Uomo, la vita in società, la creazione di strutture e infrastrutture, servono proprio per andare oltre la natura, per lenire oneri quasi insopportabili. L’incertezza del futuro, il dolore, la solitudine, il conflitto, sono tutte espressioni del vivere di ognuno. La cosa interessante è che grazie alla vita come comunità possiamo proporre innovazioni!

Diciamolo: del famoso isolotto deserto di Crosue sinceramente non ce ne frega niente. È un’idea di natura fasulla, buona per un buon film. Questa è la realtà: città immense densamente popolate dove, nonostante tutto, bisogna fare società per evitare di sbranarsi l’un l’altro. Popolazioni che crescono a vista d’occhio in tutto il mondo tranne che in Europa. Migrazioni colossali. Fine del colonialismo e emancipazione dei popoli nel resto della Terra. Guerriglia virtuale e egemonie comunicative massmediatiche. Ecologia ormai a ramengo (centrali nucleari esplose, mari inquinati dalla plastica, cambiamenti ambientali devastanti).

Il reddito di cittadinanza è proprio l’alternativa all’economicismo liberista che crea disuguaglianza e oppressione. Venerdì schiavo non è nelle nostre corde, noi cerchiamo una proposta di alternativa sociale, condivisa, solidale, di base, di superamento delle difficoltà poste dalla natura dell’oggi a tutti noi.

Le assicurazioni sociali stanno crollando: da un lato il peso della demografia, dall’altro le picconate di predoni senza scrupoli che diventano sempre più ricchi. Sono i dati statistici: sempre meno famiglie hanno sempre di più. Sempre più soldi, sempre più influenza sociale, e sempre meno scrupoli. Nel mondo 85 persone detengono la metà della ricchezza del pianeta. La povertà dilaga e le rendite sociali si appiattiscono. A questo si aggiunge che il lavoro delle macchine avanza, ma la sua redditività non finisce nelle mani dei lavoratori.

È un circolo vizioso diabolico. Voluto dalle idee dello stesso Pamini, ma sono quelle idee a minare “l’etica del lavoro e la reciprocità che stanno alla base di una convivenza sociale armoniosa tra gli esseri umani”. Siamo talmente alla frutta che è stata sdoganata l’idea che i miliardari stiano lavorando quando mettono a reddito i loro capitali, oltretutto usando spaventosi effetti leva con soldi garantiti da potenti amici degli amici. Sembra una barzelletta.

Con il reddito di cittadinanza cerchiamo di aggirare l’ostacolo, aprendo a una nuova idea di convivenza, che permetta anche al lavoro di tornare il luogo dell’emancipazione e non più della sofferenza. Proprio perché, se continuiamo così, avremo generazioni e generazioni di cittadini che “sprecano i migliori anni della loro vita” per ingrassare grandi ricchi che, sinceramente, proprio non ne hanno bisogno.

Filippo Contarini

pubblicato su gas.social il 2 maggio 2016 e riproposto con il consenso dell’Autore

Relatore

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  • Interessanti gli spunti contariniani. Considerato, poi, che gli antagonisti del Reddito di base semplificano in: reddito base= reddito per fannulloni, anche il sottoscritto, nel suo piccolo, tenta una semplificazione.

    Sappiamo da decenni, o forse più, che i liberal liberisti sono gli stessi diffusori di quell’idea mercantile ormai radicata nelle menti ingenue e/o distratte, comunque assuefatte al pensiero economicistico, che dice (narra) che il prezzo di uno scambio viene fissato relativamente alla domanda e all’offerta. In altri termini: se un prodotto è carente sul mercato e c’è un sua grande richiesta, il suo prezzo sale. Bene. Nella stessa logica, così come ben sappiamo (anche dalle polemiche sulla Scuola), anche l’aspirare ad un’attività professionale ben retribuita, molto ambita, per legge di mercato s’impone una selezione: di studi, di esperienza, di capacità (si dice), talvolta di semplice… appartenenza. La famigerata meritocrazia.

    Facciamo ora il caso che un’attività, un lavoro, un compito, ritenuti essenziali, diciamo indispensabili, non trovino la necessaria manodopera. Potremmo sostenere che grazie alla famosa legge mercantile, il salario dei pochi disposti ad assumere tale compito dovrebbe essere molto alto. Tuttavia sappiamo che in questo caso le cose non funzionano proprio così. Perché appunto la quotidianità ci indica che le famose attività “DDD” sono anche le MENO pagate. Che cosa sono le attività “DDD”? Presto tradotto l’acronimo anglosassone: Dirty/sporco, Dangeruos/pericoloso, Demeaning/avvilente. Tradotto in concetto: lavori umili e… sottopagati.

    Questo avviene perché il sistema liberal-liberista incentiva la costruzione un serbatoio di manodopera in numero superiore al necessario e crea degli outsider: disoccupati, inoccupati, precari, eccetera. In termini marxiani già configurati con il nome di “esercito industriale di riserva”. Questi sono tenuti, se aspirano a un lavoro, ad accettare lavori DDD a bassi salari. Il reddito di base è combattuto - soprattutto - perché tenta di rompere (in parte) questa logica da schiavi «DDD». Prima della probabile sconfitta non ci resta che leggere, per consolarci, le indagini di Slavery Footprint, relative allo sfruttamento di manodopera. Poi ognuno voti (o si astenga) secondo coscienza.

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