Chiaro che se in Austria si votasse nelle prossime settimane, diciamo anche entro l’anno, si assisterebbe alla prima uscita dall’UE voluta da un popolo.
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Il premio per l’Economia (la scienza meno scientifica di tutte) viene attribuito solo dal 1969. E quello per la matematica, certissimamente la scienza più scientifica di tutte, non è mai stato istituito. Strana dimenticanza, da parte di un ingegnere.
Il Nobel per la pace fu invece istituito sulla base di un terzo e ultimo testamento di Nobel del 27.11.1895, ispirato da una sua grande amica, Bertha von Suttner, che ne divenne prima beneficiaria. Viene attribuito da un comitato di 5 persone, solitamente di età più che venerabile, nominate dallo Storting (Parlamento) norvegese e consegnato a Oslo dal re di Norvegia (paese che fino al 1904 fu una colonia svedese) in persona. La Norvegia ai tempi di Nobel era conosciuta per un impegno neutrale in favore della pace (simile a quello della Svizzera di Dunant), in appoggio ad un movimento pacifista creatosi proprio attorno alla suddetta Signora Suttner. Nel 1948 il Parlamento norvegese incorse nel madornale (e prevedibile) errore di delegare la nomina dei 5 membri del Comitato di attribuzione del Nobel per la Pace ai partiti. Le dolorose esperienze dell’invasione nazista avevano però trasformato i norvegesi da convinti pacifisti neutrali in fautori di alleanze difensive, inducendoli perfino a diventare membri fondatori della Nato. Fu così che si giunse a attribuzioni “ideologiche” del premio più che discutibili e sicuramente tutto salvo che neutrali, per molti e anche per me decisamente criticabili. Arafat (un terrorista), poi Rabin e Peres (con grande irritazione di tutto il mondo arabo e musulmano) e l’UE (un premio all’impotenza ad operare per la pace nella sua qualità di unione vassalla degli USA?) ne sono esempi. Ma il colmo dei colmi dei colmi (sic) fu raggiunto nel 2009 con l’attribuzione del premio ad Obama.
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Ogni persona, istruita o ignorante che sia, ha una propria opinione su tutto, anche su problemi di cui non ha la minima conoscenza. Ed è bene che sia così, attribuire a qualcuno o a qualsiasi istituzione il diritto di imporre o proibire opinioni comporterebbe pericoli e danni ben peggiori di quelli derivanti dall’ignoranza del singolo individuo. La democrazia è particolarmente esposta ai possibili danni della “non conoscenza”, essendo per sua natura quel regime politico in cui ognuno può liberamente esprimere il suo parere in qualsiasi luogo e momento su qualsiasi tema.
Qui a Tenerife ho molti amici italiani, persone semplici, ma anche esponenti della medio-alta borghesia. Una caratteristica li accomuna tutti: sono convinti che il più grande personaggio italiano del momento sia Mario Draghi. Quando li contraddico asserendo che Draghi è solo un capo dei maghi, di quegli apprendisti stregoni che sono i bankster e i banchieri centrali intenti a demolire il risparmio mondiale (di tutti, ricchi e poveri, filo o antiamericani), restano meravigliati e increduli.
Non sanno, o non ricordano, che la Grecia fu ammessa all’euro sulla base di un repentino e truffaldesco (nel piccolo dizionario di cui dispongo a Los Cristianos questo termine non lo trovo, ma credo che esiste, equivale a truffaldino) risanamento dei conti statali, concepito e attuato da una banca americana (all’origine di tanti guai mondiali stanno quasi sempre loro), la Goldman Sachs. Chi era, a quei tempi, tra il 2002 e il 2005, il Ceo (direttore esecutivo) di Goldman Sachs Europa, responsabile effettiva dell’imbroglio? Proprio il più grande italiano attuale, secondo i miei amici, Mario Draghi. L’imbroglio sta nel genoma di tutti i banchieri dei piani alti, dove non arrivi con un altro genoma.
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Come uscire dalla trappola dell’accumularsi di debiti non più risanabili in cui sono caduti una maggioranza di stati? Semplice, direi: cancellandoli, a scapito totale dei creditori, statali o privati che siano. Nel caso della Grecia questa soluzione non è praticabile perché, mi par di capire, i debiti della Grecia sono in gran parte crediti del FMI o di banche americane, inglesi, francesi e tedesche. Banche che fallirebbero tutte se costrette a condonare i debiti. Posta di fronte alla scelta di mettere alla fame il popolo greco (con l’eccezione degli Onassis e dei Niarcos) o di lasciar fallire le maggiori banche dei paesi occidentali che più contano, la “Troika” (Commissione UE, BCE e FMI) ha preferito la prima opzione.
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Visto lungamente alla TV Jean Claude Juncker. Mi ha fatto pena. In pochi mesi di presidenza della Commissione UE sembra invecchiato per più di quattordici anni. Il rischio di passare alla storia come presidente della disfatta incombe più che mai e gli corrode la salute.
L’ho rivisto durante la sua visita a Roma, sempre a fianco del Matteo Pataca. Mi è parso risollevato, anche se incerto nella deambulazione. Le parole di adulazione, anche se provenienti da un affabulatore, possono far bene al morale.
Gianfranco Soldati
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Ma Juncker in questo momento sarà ancor più risollevato. Chi so io gli avrà già mandato un segno sonoro di affetto, telefonico.