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Quello che i giovani vogliono – di Martina Caldelari

Soprattutto durante le campagne elettorali, ecco ritornare in auge i giovani. Fino a poco prima tacciati di superficialità e disimpegno, più o meno improvvisamente vengono riconosciuti quale linfa vitale della società, categoria alla quale risulta doveroso lasciare voce e spazio. Politica e mondo del lavoro necessitano di volti e idee nuove, sguardi innovativi e aperti: sono questi gli slogan che si susseguono sui giornali e nei dibattiti.

Da giovane, mi sento inevitabilmente chiamata in causa, e al pari dei miei coetanei mi chiedo se tutte questi bei discorsi verranno davvero messi in pratica. Troppe volte ho avuto l’impressione che ciò non avvenga: se siamo indispensabili, perché facciamo tanta fatica a trovare il nostro posto nel “mondo dei grandi”? La fiducia accordataci a parole non basta: servono i fatti! Non pretendiamo di ottenere tutto e subito; la gavetta serve, lo sappiamo, così come imparare da chi ha più esperienza di noi. Serve l’accompagnamento di chi c’era ieri a chi ci sarà domani: si deve convivere nell’oggi, affinché il passaggio del testimone avvenga gradualmente, evitando bruschi mutamenti di compagine, con soluzione di continuità.

Tale atteggiamento andrebbe, a mio avviso, assunto in tutti i campi della vita, quello lavorativo in primis. Gli stage, ad esempio, possono essere un’ottima palestra per chi cerca e un ottimo metodo di valutazione e prova senza vincoli per chi offre. Se poi l’esperienza va a buon fine (e il mercato lo permette), possono nascere collaborazioni già rodate. Facendo un minimo di autocritica, è vero che forse le nuove generazioni dovrebbero riconoscersi più umili e non pretendere subito grandi impieghi e grandi retribuzioni: un tirocinio è una grossa possibilità, da non dare per scontata né prendere sotto gamba. Se vogliamo essere considerati seriamente, altrettanto seriamente dobbiamo proporci e comportarci.

In conclusione, ciò che serve sono fiducia e ascolto, allo scopo di arricchirsi reciprocamente, così da conciliare il buono dei tempi che sono stati e quello dei tempi che saranno. Insomma, lavorare insieme con i piedi piantati nell’adesso, con lo sguardo rivolto al futuro, senza però dimenticare gli insegnamenti del passato.

Martina Caldelari, candidata PLR al Consiglio comunale di Lugano


Relatore

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