Corti sbilanciate = sentenze sbilanciate
Non è ben chiaro che valore concreto questa sentenza possa avere, e secondo la signora Fontana può essere intesa anche come un semplice segnale (e non è peraltro il primo) per cercare di imporre una modifica della giurisprudenza. Si tratterebbe di un tentativo di modificare tra l’altro la cosidetta «prassi Schubert» vigente dal 1973 secondo cui il parlamento federale ha la facoltà, con l’adozione di una nuova legge, di andare contro un accordo internazionale precedente, nella misura in cui non si vada a ledere la Dichiarazione internazionale sui diritti dell’uomo. Finora il Tribunale federale aveva dato perlopiù la priorità in tali casi al nuovo diritto svizzero. Ma appunto la sentenza citata (e anche qualche altra precedente) stanno tentando di rovesciare questa prassi.
Normalmente quando vi è una sentenza del TF i giornali e i commentatori dicono «Il TF ha deciso», oppure «Il TF ha modificato la giurisprudenza», ecc. e ognuno – a seconda del proprio punto di vista – se ne rallegra o se ne scandalizza lanciando magari qualche imprecazione all’indirizzo dei giudici di Mon Repos. In realtà, come spiega bene Katharina Fontana, «il» Tribunale federale come istanza unica in realtà non esiste se non in via del tutto eccezionale, cioè quando tutti i giudici si riuniscano in seduta plenaria; esistono invece sette «regni» o, per usare il termine corretto, sette Camere con una determinata composizione fissa e che deliberano del tutto autonomamente. Ogni Camera si occupa in priorità di un determinato campo giuridico; talvolta i rispettivi campi possono però sovrapporsi uno all’altro, nel senso che diverse Camere possono essere portate dai casi loro sottoposti a esaminare uno stesso quesito giuridico di principio.
La legge sul tribunale federale prevede esplicitamente che, quando si pongano importanti quesiti di diritto riguardanti più Camere oppure quando si intenda modificare la giurisprudenza su punti rilevanti, la Camera chiamata a deliberare su un caso dovrebbe richiedere l’approvazione anche delle altre Camere e si dovrebbe decidere assieme.
Ma una Camera non può essere costretta a richiedere il coinvolgimento delle altre. Nel caso del giudizio sopra citato riguardante l’Accordo sulla libera circolazione, la seconda Camera di diritto pubblico aveva respinto la proposta di uno dei giudici suoi membri di coinvolgere le altre Camere. Insomma: se una Camera vuole continuare a gestire in esclusiva un quesito di diritto di interesse generale, gli altri giudici federali non possono fare granché per impedirglielo. L’unica possibile via d’uscita a questo problema sarebbe che un’altra Camera, che si senta tagliata fuori da quella che ha emesso la sentenza controversa, si scostasse esplicitamente da tale sentenza, dichiarando a sua volta un cambiamento di giurisprudenza e costringendo in tal modo a una discussione nell’intero collegio del Tribunale federale.
Ma ciò avviene molto raramente per evidenti motivi. Così, dice la signora Katharina Fontana, i giudici anche quando nutrono forti perplessità su una qualche sentenza emessa dai colleghi di altre Camere, si limitano in genere a esprimerle alla caffetteria del Tribunale.
Corti politicamente sbilanciate
Ma veniamo all’aspetto più prosaico e banale della faccenda: come è potuto avvenire, in effetti, che la seconda Camera di diritto pubblico abbia emesso la sentenza suaccennata, che si può a dir poco definire provocatoria, oltretutto perché è avvenuta in un momento in cui la politica svizzera sta riflettendo sul modo di applicare l’iniziativa contro l’immigrazione di massa accettata il 9 febbraio 2014? Si tratta forse di una manovra politica? I giudici in questione sono forse stati telecomandati da ambienti politici che non vogliono che l’iniziativa venga applicata?
Se andiamo a vedere la composizione della Corte in questione, cominciamo a capire meglio come essa abbia emesso una tale sentenza. La giornalista Heidi Gmür ci informa infatti che la decisione è stata presa 4 contro 1 e che la Corte è composta dai seguenti 5 giudici: il presidente Andreas Zünd (PS), la giudice Florence Aubry Girardin (Verdi), il giudice Stephan Haag (Verdi liberali), il giudice Yves Donzallaz (UDC) e il giudice Hansjörg Seiler (UDC). È stato risaputo che la proposta di coinvolgere le altre Camere del TF era stata fatta da Hansjörg Seiler, dal che si deduce per conseguenza che la discutibile sentenza è stata avallata pure dall’altro UDC presente nel collegio (Donzallaz). Ma a parte quest’ultimo incomprensibile scostamento, il cittadino profano che non conosce le alchimie che reggono la ripartizione interna dei giudici nelle varie Corti, si domanda come è possibile che ci sia una Corte a maggioranza rosso-verde-verde, quando fino a prova del contrario non c’è in Svizzera una tale maggioranza. E ci sono anche delle Corti che sono a maggioranza assoluta socialista; ovviamente ve ne sono poi altre dove PLR e PPD (o UDC e PLR) sono in maggioranza. Ovviamente ci saranno dei motivi tecnici e di organizzazione interna che spiegano questo squilibrio nella composizione delle Corti (per esempio l’attribuzione ai vari settori, o il diritto di opzione dei singoli giudici, a dipendenza delle competenze specifiche del magistrato); e possono anche essere dei motivi plausibili. Ciò non di meno, queste composizioni squilibrate delle Corti – oltre a essere un po’ inquietanti per il cittadino – sono pure un fattore, assieme al fatto citato sopra della mancanza di un giudizio dell’intero collegio del TF sui casi importanti, che spiega in parte come possano essere emesse talvolta delle sentenze imprevedibili o potenzialmente contraddittorie l’una con l’altra.
Insomma forse c’è qualcosa che non va nel funzionamento del TF, e per conseguenza occorrerebbe porre mano a dei correttivi che assicurino perlomeno una giurisprudenza più affidabile e unitaria della nostra Alta Corte. Perché certe sentenze del TF si spiegano in parte anche con la composizione talvolta politicamente sbilanciata delle singole Corti. È inutile fare gli ipocriti: in ultima analisi il giudizio dei giudici su determinati temi fondamentali, rispecchia quello che è il loro orientamento ideologico e politico….
C’è infatti forse qualcuno che dubita che una Corte a maggioranza socialista o rosso-verde sia tendenzialmente più succube del diritto internazionale (anche quello non imperativo) oppure più generosa nel sentenziare per esempio a favore dei richiedenti l’asilo o contro l’espulsione di un delinquente straniero?
D’altronde ciò è già ripetutamente avvenuto: vi è una Corte del Tribunale federale, che spesso sentenzia su ricorsi in materia di asilo e di espulsione di delinquenti stranieri, che quasi sistematicamente accetta i ricorsi dei richiedenti l’asilo la cui domanda è stata respinta dalle istanze inferiori, e che quasi sempre revoca la sanzione accessoria dell’espulsione quando essa sia stata erogata dalle istanze inferiori. E, guarda caso, se si va a vedere la composizione di tale Corte, si scopre che essa è composta da una maggioranza assoluta di giudici PS o PS-Verdi. La Weltwoche ha documentato innumerevoli casi di tali sentenze con motivazioni molto discutibili.
Non che anche quelli designati dagli altri partiti non possano procurare qualche sorpresa… ma se a giudicare è una maggioranza rosso-verde non c’è più sorpresa ma piuttosto certezza pre-programmata! Ideologia oblige!
In conclusione: forse, se il Tribunale federale funzionasse meglio e fosse meglio organizzato (e le sue Corti composte in modo più equilibrato), non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di lanciare un’iniziativa per l’attuazione dell’espulsione…..
Paolo Camillo Minotti
(già granconsigliere UDC)
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Tanto rumore per (quasi) nulla. Il distillato strisciante di tutto il rumoroso discorso è: se i giudici del TF fossero ripartiti con un metodo che tenga presente la proporzionalità della maggioranza politica (partitica) nazionale, le sentenze avrebbero (probabilmente) un altro orientamento, (forse) più vicino ai sentimenti della maggioranza popolare. Punto.
Propongo un ulteriore ragionamento utilizzando un diverso approccio: se tutti gli imputati in un processo dovessero, per legge, essere difesi esclusivamente da un semplice avvocato d’ufficio, le sentenze di colpevolezza probabilmente subirebbero un’impennata anche (soprattutto) nei confronti di chi oggi può difendersi (per giuridica… concessione) con un collegio difensivo composto da principi del foro. Due punti: ne deduco che le campagne contro le presunte ingiustizie della… giustizia potrebbero essere infinite. Basterebbe comunicare preventivamente che cosa esattamente si vuole… «giustiziare» ;-)
Per me (ma forse non per tutti) è EVIDENTE che il miglior argomento in favore del SÌ... è il comportamento del Tribunale federale stesso!
Mah… chi lo sa?! Aggiungerei e poi chiudo che: davanti a tutta questa (finta?) bramosia di «giustizia indipendente» nasce perfino il sospetto che la si voglia rendere… dipendente dai bramosi di giustizia indipendente ;-)
Non fare il furbo. Hai capito benissimo!
Avevo deciso di chiudere questa faccenda. Mi rimangio la parola, pessimo difetto congenito, e aggiungo due cose. Facciamo tre: legislativo, esecutivo e giudiziario. La necessità dei ‹contrappesi› tra i poteri è un tema di spessore storico. Ciò significa che è da secoli, se non millenni, che ne si discute. Lasciamo in pace i Greci, intendevo quelli antichi, e risaliamo velocemente ai nostri secoli. Passando magari per Manzoni e i suoi Sposi Promessi.
Iniziamo dall’attualità. Il tema dell’articolo in questione è essenzialmente quello di tentare d’inficiare il dubbio che il potere giudiziario elvetico prenda decisioni ritenute «ingiuste» perché lontane dall’idem sentire politico nazionale. In altre parole: la maggioranza politica della popolazione federale è di centro destra, mentre la composizione -e magari qualche decisione considerata sconsiderata- del TF parrebbero non tener conto del ‹peso› di codesta realtà. Inutile ricordare che siamo partiti dal concetto della necessità dei ‹contrappesi›.
Passiamo a Don Rodrigo. Il romanzo ben descrive le idee di giustizia presenti nel Seicento: certo, c’erano i famosi azzeccagarbugli, ma c’era soprattutto il potere dei potenti espresso attraverso la pressione del ricatto! che sfociava poi nella «giustizia»… sommaria.
Oggi, il cosiddetto potere parla un altro linguaggio; si dice che utilizzi almeno tre (che combinazione) strumenti d’esercizio: la remunerazione (sottomissione per incentivo o ricompensa, leggasi potere contrattuale); il condizionamento (persuasione, propaganda) una sottomissione che non e' avvertita come tale ma cha la fa da… padrona; infine eccola: la punizione (sottomissione per inibizione dell’altrui volontà, esclusione, pena pecuniaria, carcere). Anche qui sarebbe interessante -opportuno- poter introdurre il concetto di ‹contrappeso›.
Non avrò risposto alle tue preoccupazioni, caro Jack, ma è di queste cose che bisognerebbe finalmente discutere. Non perdiamo tempo su una persistente propaganda (potere di condizionamento (secondo strumento) che ha tutta l’aria di volerci riportare a tempi… Innominabili.
PS: Tra l’altro Umberto Eco ha ben descritto uno degli effetti narrativi (zoom) usati dal Manzoni, quindi si presume abbia apprezzato il romanzo;-)
I nostri azzeccagarbugli (cfr. Promessi Sposi) li conosciamo BENE.