L’UE, per fortuna di noi europei e di tutti i profughi, ci sta già pensando. Dai 40’000 immigranti da accettare in Europa, Juncker ha già pensato, previo accordo con Merkel e quel poveretto di un Hollande, che non sa più cosa inventare per distogliere l’attenzione mediatica dalla situazione disatrosa in cui sta sprofondando la “grandeur” dei buoni tempi andati, di spingersi fino all’accoglienza di 160’000 asilanti, distribuiti secondo quote concertate. Incontra però parecchie difficoltà. I 3 stati baltici al nord, Estonia, Lettonia e Lituania, e Cechia, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria all’est si sono già pronunciati, con insolita concordanza, per il “niet”, forse per antica consuetudine di staliniana memoria. Ma poi, attualmente atterrano o approdano in Europa più di 3’000 persone al giorno, secondo le previsioni quest’anno gli arrivi potrebbero arrivare a circa 850’000 persone. Se l’UE riuscirà a mettersi d’accordo per accoglierne 160’000, la Svizzera supponiamo 50’000, aggiungiamoci anche le 4’000 che Cameron ha “accettato di accettare” dopo aver visto la foto tremenda di quel povero bambino turco, fermiamoci pure ad un massimo di 500’000 entrate complessive per il 2015, allora ne rimarrebbero 286’000 da collocare. Dove? Come? A spese di chi?
Che il comandante degli Stati maggiori riuniti, in pratica il militare più potente al mondo, si preoccupi della fiumana di profughi che si riversa su un’Europa già fatiscente per conto suo fa bene al cuore di tutte le persone che si preoccupano della sorte di questi derelitti. Dovrebbe però approfondire l’indagine statistica. Si accorgerebbe allora che dei 60 milioni di rifugiati in circolazione sul pianeta e delle 42’000 famiglie in quotidiana fuga un buon 80% sono da mettere sul conto delle devastanti aggressioni, dirette o indirette, degli USA, dalla guerra di Corea in poi. Adesso un’altra guerra si impone, quella contro l’ISIS, che dovrà essere radicale almeno tanto quanto lo sono quei fanatici: ironia del destino, senza gli USA non sarà possibile vincerla e nemmeno programmarla.
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Da più di un anno Heinz Karrer ha assunto la presidenza di “Economiesuisse”, l’associazione mantello degli industriali svizzeri dotata di un eccesso di fondi e che da una decina di anni si è distinta per aver buttato decine di milioni di franchi in campagne elettorali finite spesso in disastrose sconfitte. Sinora si è messo in mostra come irriducibile avversario di chi vuol mettere un limite alla libera circolazione delle persone (se devo specificare si tratta del popolo svizzero del 9 febbraio 2014) e come euroforico dichiarato. Logico che con il nuovo presidente si nominasse anche un nuovo direttore, chiamato a succedere al liberale Pascal Gentinetta (che ho conosciuto da bambino come figlio di un mio caro collega a Basilea), dimissionario dopo essere stato messo in causa per alcune delle sconfitte elettorali che caratterizzano la storia recente di “Economiesuisse”. Nominato era stato Jean-Marc Hensch, che non potè assumere la carica per una subitanea affezione cardio-circolatoria. La scelta cadde allora su una signora, Monika Rühl, che si è data come scopo della sua funzione quella di salvare ad ogni costo i bilaterali messi in pericolo dal voto del 9 febbraio 2014. L’incapacità di accettare le decisioni democratiche del paese nel quale operano questi signori ha qualcosa di stupefacente, le loro ripetute sconfitte elettorali ne sono una diretta conseguenza, i milioni gettati al vento in avventate (mi si scusi il gioco di parole, non resisto a queste tentazioni, come Oscar Wilde, che resisteva a tutto salvo che alle tentazioni) campagne elettorali pure. Nella sua prima uscita mediatica in qualità di neoeletta direttrice, sul primo canale televisivo svizzero-tedesco, alla domanda: “L’UDC è un partito favorevole all’economia?” ha risposto con un “Jein”, come dire “ja und nein”, sì e no! Seconda domanda: “Esiste un partito favorevole all’economia?”. Risposta: “Sì”. “Quale sarebbe?”. “Conto molto su PLR e PPD”. Commento mio, superfluo, lo so, ma non mi trattengo: sul PLR di una volta certamente, su quello degli ultimi 10 anni con parecchie riserve, contare sul PPD è umorismo involontario. [Nota della Red: la forma più sublime di umorismo!]
Il fatto che parecchie grosse industrie, la “Swatch” di Hayek tra le altre, abbiano rescisso i legami con “Economiesuisse”, azzerando i succosi contributi, si spiega con queste scelte di presidenti e direttrici. Hayek e altri hanno capito che con dirigenti che considerano scemo il popolo le chances di vincere votazioni diminuiscono.
Gianfranco Soldati
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Non mi riferisco alla parte politica dell'articolo, ma all'irrisolvibile problema dei rifugiati presenti e futuri.
Nel 1948, quando le Nazioni Unite fecero il grande sbaglio di dare Israele agli ebrei senza fondare a pari tempo una Palestina, era stato offerto di fondare un nuovo Paese per loro nell'Australia dell'ovest, ovviamente rifiutato perché non era il paese prefissato da una delle religioni più potenti, non tanto come credo quanto come potere materiale. Oggi quel posto è un paradiso. L'Australia non ha abbastanza lavoratori per tutta quella terra da lavorare. Perché non si imbarcano i rifugiati e si offre loro una nuova patria laggiù? Le condizioni sono però state molto ben specificate dal loro illuminato primo ministro : in Australia si parla inglese e la religione di base è il cristianesimo, chi vuole rimanerci, si adegui! E chi non è d'accordo ha una grande libertà: quella di andarsene. E bravo Mr. Turnbull, non hai la forza solo nel nome!
Nel 1947 (29 di novembre) l´ONU approvó la creazione di due stati: arabo e giudeo. Gli arabi lo rifiutarono e cominciarono la guerra.