Scoprire l’acqua in Expo fa molto piacere. Ci sono canali e vialetti, zampilli e ponticelli che si celano ovunque lungo il perimetro dell’esposizione fino ad abbracciarlo tutto. Basta prendere la navetta interna per rendersene conto. Ma anche passeggiare per i contro-viali dell’acqua, fino ad arrivare al maestoso “albero della vita”, rende consapevoli che l’acqua ad Expo è un tema vissuto come l’energia per cambiare il mondo.
Forse nulla illustra meglio tale concetto del padiglione della Svizzera in Expo Milano, collocato in posizione strategica vicino al padiglione Italia e raggiungibile tramite degli ascensori. Durante la salita viene spiegata al visitatore la situazione alimentare del mondo e la necessità attuale e futura di “sfamare” milioni di persone che si moltiplicano velocemente.
Un tema, quello dell’acqua, che non viene solo trattato nella planimetria stessa del sito espositivo di Expo, ma che è anche molto ben sviluppato nei vari padiglioni. Un bell’esempio si ha nel padiglione degli Emirati Arabi, dove la scarsità di tale risorsa fa capire molto bene al visitatore che il paese più ricco di petrolio al mondo non può certo sopravvivere bevendolo.
Il padiglione svizzero si accorda bene a questa falsariga tematica, così cara ai paesi più ricchi, poiché è strutturato per torri, piene di scatole semplicissime, recanti slogan e contenenti caffè, mele o sale. Il visitatore viene “invogliato” a liberamente appropriarsi di questi beni, anche se ciò significa privarne altre persone e la torre stessa (tanto che essa sprofonderà nel terreno a mano a mano che si impoverirà di beni). La scarsità del bene che prima era “in comune” dovrebbe sollecitare un senso di solidarietà sociale nell’utilizzarlo.
Ma perché l’acqua per illustrare il concetti che, se molti prendono troppo, non rimane abbastanza per tutti? Basta osservare la stanza e la struttura di disposizione rispetto al “bene dell’acqua”. Esso viene presentato come un problema di risorsa potenzialmente scarsa; in tal modo visitatore ne percepisce la forma (il fatto che sgorghi dai rubinetti e che debba essere messa nel bicchiere) e non il contenuto (il fatto di avere sete e di cercare l’acqua per bere). E così, se nelle varie Case dell’Acqua sparse nel sito Expo il problema neppure viene avvertito perchè significativamente legato al solo bisogno di bere perchè si ha sete (e quindi i visitatori si servono del bene acqua riempiendo le loro bottigliette per la soddisfazione reale di un bisogno di sete), nel padiglione svizzero, che vuole testimoniare i propri valori – possedendo la Svizzera una grande quantità di acqua potabile che nasce dal massiccio del San Gottardo e paesaggi stupendi – e promuovere un atteggiamento attivo rispetto allo spreco delle risorse, si mettono a disposizione bicchieri per prenderla, l’acqua, non bottigliette già piene. Nel padiglione svizzero infatti, in teoria, non si dovrebbe andare per bere, prendere una mela o del sale o un caffè. Beni tipicamente svizzeri, come il cioccolato, per esempio, sono disponibili in vendita in un’altra parte della struttura. A conti fatti, quindi, il padiglione svizzero è un successo perchè rispecchia la realtà di tutti i giorni: non vi si soddisfano reali bisogni, ma bisogni potenziali che, spesso, non si hanno davvero e che si potrebbero quindi gestire nel rispetto reciproco.
E così, quasi per agevolare la comunicazione su un tema così attuale, se è vero che gli svizzeri sono stati i primi, il 5 gennaio 2011, a decidere di partecipare all’Expo, il loro padiglione pare davvero grande per una nazione tanto piccola. Esso offre una prospettiva reale e concreta sulla possibilità di nutrire il pianeta, allestendo un percorso emozionale dotato di 5 torri che, attorno alle derrate alimentari svizzere, tematizzano la scarsità di risorse con suggestivi artifici scenici. Una volta esaurita la disponibilità dei vari prodotti le torri non dovrebbero essere ulteriormente riempite.
Cristina T. Chiochia
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