(dal capitolo II “La Libia che ha trovato e che ha lasciato” – pag. 29-33)
Un articolo, antecedente all’assassinio del Colonnello che, riporto di seguito poiché mi pare conservi tutta la sua amara attualità, anche a correre il rischio di apparire il solito “io l’avevo detto”. A tale proposito, desidero far notare che quando si valutano le responsabilità di un errore, a dare spiegazioni non deve essere chi lo aveva preavvertito, ma chi lo ha compiuto, nonostante l’avviso.
Se a compiere l’errore è una personalità pubblica, questi non può tentare di cambiare le carte in tavola e/o mostrarsi infastidito con chi gliene ricorda la responsabilità, ma dovrebbe semplicemente ammettere la colpa e lasciare l’incarico. Purtroppo, l’esperienza insegna che i previdenti sono spesso emarginati, dileggiati, mentre gli imprevidenti persistono nell’errore e nel comando.
Ma andiamo all’articolo, apparso in “Il Dialogo. org” dell’agosto 2011. E’ un po’ lungo, ma forse aiuterà a riflettere.
“Gheddafi farà la stessa fine di Osama Bin Laden? Probabilmente, sì. Alcuni lo auspicano, taluni ministri degli esteri lo minacciano, apertamente. Se ciò dovesse accadere, non sarà certo per “spirito di vendetta degli “insorti”. Quali ragioni avrebbero di vendicarsi quei suoi sodali che fino all’altro ieri, per 42 anni, hanno comandato e condiviso col dittatore potere e ricchezza? Sarebbe ucciso per tappargli la bocca, per evitare che in un processo equo e pubblico potesse chiamare in correità i suoi ex amici, libici e internazionali.
Del resto, tale soluzione sarebbe in linea con la sorprendente decisione, assunta dalla presidenza Usa, di far assassinare Bin Laden, facendone addirittura sparire (in mare) il corpo. Per tale decisione molti hanno esultato per lo scampato pericolo…
Con Gheddafi bisognava chiudere qualche anno fa, invece…
“Con Gheddafi il copione potrebbe ripetersi, per evitare che parlando in un processo possa creare molti imbarazzi e bloccare fulminanti carriere politiche in Libia e all’estero. Soprattutto, di tanti capi di Stato occidentali i quali, nonostante il dittatore libico avesse ammesso la tremenda responsabilità per i due attentati agli aerei civili nei quali perirono circa 600 persone innocenti, lo hanno premiato accogliendolo nel club esclusivo dei loro amici e protetti.
Con Gheddafi, bisognava chiudere allora, isolandolo e invocando il principio di giustizia. Invece, non se ne fece nulla. Nemmeno al solerte Tribunale dell’Aja hanno aperto un fascicolo di atti relativi. È bastato che il colonnello pagasse un indennizzo alle famiglie delle vittime (che era la conferma agghiacciante della sua responsabilità) per fare esattamente il contrario di quanto andava fatto.
Si è avviata, infatti, fra i capi di Stato e di governo dell’Occidente una gara a chi per prima riusciva a “sdoganare” un terrorista reo confesso, a riceverlo presso le più prestigiose cancellerie, baciandogli persino la mano. Tutti, non solo Berlusconi. Compresi i signori Sarkozy, Obama e i premier inglesi che come “cadeau” gli hanno consegnato libero l’unico imputato libico detenuto in Gran Bretagna per la strage di Lockerbie.
Il problema, dunque, che si pone non è nominalistico, ma di coerenza politica e morale e di rispetto dei principi della legalità internazionale e della nostra civiltà giuridica che condannano le ingerenze esterne e la barbarie delle esecuzioni sommarie e i processi farsa…
“Andiamo ora a questo ennesimo intervento militare “umanitario” che in realtà si sta dimostrando per quello che è: una guerra della Nato, con gli “insorti” al seguito, i quali come ha detto efficacemente Edward Luttwak: “sparano per i cameraman delle televisioni”. E poi, conti alla mano, si è dimostrato che questi interventi hanno provocato più morti e distruzioni di quelle provocate dai carnefici che si vorrebbero bloccare e punire. Basta guardare l’abisso in cui sono stati trascinati l’Iraq, la Somalia, l’Afghanistan e ora la Libia.
Il caso dell’Iraq è davvero emblematico: Saddam Hussein è stato impiccato perché accusato di avere ordinato la strage di alcune migliaia di poveri sciiti, mentre la guerra di Bush junior, fino ad oggi, ha provocato diverse centinaia di migliaia d’innocenti vittime irachene. C’è chi parla di circa 600.000!
Anche la soppressione ingiusta di una sola persona dovrebbe far inorridire la coscienza di ognuno di noi. Tuttavia, se i numeri e la vita degli uomini hanno ancora un senso, tremila o cinquemila vittime di Saddam non sono la stessa cosa delle trecento o cinquecentomila provocate dall’invasione militare di Bush e della coalizione internazionale che com’è comprovato hanno deliberatamente falsato le prove per invadere l’Iraq.
Se Saddam ha pagato i suoi crimini con l’impiccagione, perché non devono pagare coloro che hanno provocato questo più grande sterminio? Perché l’ineffabile tribunale dell’Aja non ha aperto un fascicolo, un’inchiesta?”
La guerra a debito delle grandi potenze
“Tutto ciò è inaccettabile, immorale per una società libera e democratica. Si stanno devastando i bilanci degli Stati, contraendo debiti sopra debiti per finanziare guerre, nient’affatto umanitarie. Perché deve essere chiaro che queste “grandi potenze” fanno le guerre a debito ossia con i soldi prestati dalla Cina e dai risparmiatori nazionali e stranieri…
Inoltre, ribadisco che l’Italia partecipando alla guerra in Libia ha solo da perdere sul piano dell’immagine politica e su quello delle sue relazioni economiche e commerciali. Per certi aspetti, questa guerra è anche contro l’Italia. Ovviamente, il nostro discorso è prima tutto politico, umanitario; coerente con il pacifismo insito nell’articolo 11 della nostra Costituzione che non può essere oscurato da quel vergognoso codicillo introdotto per vanificarlo.
Oggi, anche i grandi giornali italiani che hanno incitato alla guerra scrivono, allarmati, di come si potrà spartire il “bottino” ossia il tesoro del popolo libico: i grandi giacimenti d’idrocarburi e a quanto si dice le cospicue riserve finanziarie, anche in oro, e in titoli azionari, ecc. Tutto sarà deciso a Parigi, su iniziativa di Sarkozy, il principale promotore del progetto “insurrezionale”, che vorrà fare la parte del leone, in accordo con gli altri due paesi della triade bellicista (GB e USA).”
Si può vincere la guerra, ma perdere il dopoguerra
“Non sappiamo che cosa sia stato promesso alle più alte Autorità italiane per indurle a far entrare il Paese in questa avventura, mettendo a disposizione navi, aerei e diverse basi italiane. A quanto si vede, gli “insorti” preferiscono trattare con la triade e trascurano il governo italiano. Se la tendenza dovesse essere confermata, si aprirebbero scenari molto problematici per l’Italia.
Il governo e il ceto politico italiano (di destra e di centrosinistra), stranamente unito in questa scelta improvvida, sapevano a quali conseguenze si andava incontro e avrebbero dovuto chiarirlo al Paese, al Parlamento. Non è stato fatto. Perciò, crescono le inquietudini nell’opinione pubblica. È tempo che i nostri responsabili rispondano ai tanti quesiti che la gente si pone e fra questi alcuni davvero pregnanti e prioritari:
Insensibilità o preveggenza della signora Merkel? Le risposte, probabilmente, non verranno poiché questi signori si sentono invincibili con… i deboli. Attenzione, però, perché si può vincere la guerra ma perdere il dopoguerra.”
Agostino Spataro
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Bellissima e opportuna qella foto del baciamano,, anch'io la ripropongo spesso e spotrebbero aggiungere (se esistono), quelle della lezione del Corano, che Ghedini tenne alle 500 ragazze vergini messe a disposizione da Silvio, amicone.
E per la verità, senza molta opposizione, ne dalla stampa e neanche dalle opposizioni.
Così si potrebbe rispondere a quanti temono l'islam.
Da quanto scrive l'autore:
presumo che semmai ce ne fose bisogno, non si fa mai nulla per gli altri e quando parliamo dei nostri valori, intendiamo, solo quelli materiali.
Ma c'è dell'altro, anche per l'autore, che non c'interessa nulla degli altri:
Salvo quando tocca i nostri interessi. Così avviene per la lotta al terrorismo, per la
ricerca scientifica, nel tentativo di debellare le malattie che affliggono i paesi poveri,
così avviene per la nutrizione del pianeta all'Expo (dove la fanno da padroni coloro che si nutrono del pianeta). Emblematica e la presenza dei Paesi presenti con l'olio di Palma;
del quale ci dicono che viene prodotto con la deforestazione, che lascia il posto alle palme e sembra che abbiamo conquistato solo adesso, il diritto a leggere, sulle etichette alimentari "olio di palma al posto di grassi vegetali" Non parliamo poi del ritardo, sulle energie rinnotabili, per non disturbare gli affari (anche degli Stati, che per coprire i loro sprechi non conoscono altro rimedio, che tassare di più carburanti e tabacchi o balzelli sulla sanità. Era giusta la guerra all'Iraq ?