Il recente articolo di Alberto Siccardi in difesa di Sergio Morisoli ha “generato” un ampio e articolato commento del blogger streetpost, al quale il Vice presidente di Area Liberale (e candidato al Gran Consiglio) ha manifestato il desiderio di replicare. Siamo lieti di accontentarlo e nel contempo invitiamo i lettori di Ticinolive ad assistere all’incruento duello, senza tema di parteggiare per l’uno o per l’altro.
Non credo sia prescritto “dover” essere imprenditori per poter parlare di economia.
A parer mio non credo sia nemmeno necessario essere socialisti per poterlo fare.
Forse basterebbe -a mio avviso- essere… semplicemente dei… semplici cittadini muniti di … senso civico. Il concetto che traspare dall’articolo è alquanto riduttivo.
Oserei perfino dire… scolastico.
Se si seguisse pedissequamente la logica dell’articolo per parlare (per esempio) di scuola bisognerebbe essere almeno docenti. Per parlare di educazione civica nella scuola bisognerebbe essere docenti con incarichi istituzionali.
Per poter parlare di cinema bisognerebbe essere registi.
Per poter parlare di calcio allenatori.
Sappiamo che non è così che va il mondo…
Poi basta con ‘sta Thatcher. Pura nostalgia.
Una letteratura economica anche non di sinistra ha già definito la sua politica “sciaguratamente unilaterale”. Impegnata, la Lady (come il suo collega Reagan), a costruire narrazioni econo-mistiche infarcite di battute oltranziste e da facili slogan mediatici; varando, per contro, politiche boomerang.
Oggi se ne raccoglie l’eredità. Abbiamo consegnato l’economia a un modello che, con incredibile determinazione, sta facendo leva sui peggiori istinti umani.
Proprio all’opposto del tanto invocato «homo civicus» che dovrebbe invece essere il discendente diretto di una genuina convivenza civile. Un faticoso e fragile risultato evolutivo oggi annullato dalla predazione neoliberista. Nemica di ogni educazione civica.
I socialisti nostrani (magari, non lo so, non mi riguarda) non sapranno forse cosa sia il lavoro. Lo sapevano probabilmente coloro che tempo fa furono attori di alcuni stratosferici fallimenti «privati» (sublime opera di addetti agli… inbound/outbound) divenuti micidiali per le già povere economie nazionali.
Quindi disoccupazione. Quindi spese per aiuti sociali. Quindi Stato-soccorso. Quindi debito pubblico. A meno che non si ragioni in termini… nostalgici, diciamo thatcheriani: chi resta fuori, è fuori. Si affidi alla beneficenza, e auguri. Che tradotto significa: chi non trova più posto nel processo produttivo si rassegni a diventare un… civicamente escluso.»
Erano socialisti quelli che hanno attaccato Morisoli e me la sono presa con loro. Ma in generale:
-il lavoro, quello vero e utile a tutti, nasce da una realtà di mercato, bisogni da soddisfare oggi o, se si fa innovazione di prodotti o procedimenti produttivi, bisogni del domani, se la ricerca dà i risultati attesi. Intendo dire che creare lavoro al di fuori di queste condizioni spesso non crea lavoro utile. In una struttura statale l’eccesso di impiegati che lavorano a ritmo ridotto crea costi che si ripercuotono sulla comunità sotto forma di deficit e debito.
-ecco perchè è difficile ascoltare chi, lontano dal lavoro reale, continua a prendersela con chi lavora davvero, non sapendo bene di cosa parla. E in questo esercizio la sinistra eccelle ed è difficile anche per chi è accomodante trovare terreno di intesa, pur con la migliore delle volontà.
-È uno scontro fra ideologie diverse, fra sordi. È però un fatto che il lavoro vero produce quelle risorse che in parte vengono “mangiate” da chi non è impegnato in un vero lavoro.
-Qui chiedo a chi governerà di considerare che la vera lotta alla emarginazione e alla disoccupazione va fatta nelle scuole, che non devono essere di appiattimento dei livelli, ma devono abituare i giovani a battersi per avere i buoni risultati che la scuola chiede loro, onde prepararsi ad una vita di lavoro serio e impegnato, qualunque esso sia, di imprenditore, di artigiano o di impiegato. Plasmare dei giovani disimpegnati è un delitto sociale.
-Giusto obbiettare, a questo punto, che sono avvantaggiati quelli che partono con soldi o imprese già esistenti. Oltre, però, a considerare che da sempre il mondo ha visto chi è favorito in partenza e chi non lo è, in un Paese come la Svizzera si dovrebbe per sistema dare un aiuto economico alla formazione dei meritevoli e bisognosi, borse di studio, soggiorni all’estero per le lingue e simili. Così si combatte veramente la disoccupazione e a questo importante compito dovrebbero essere chiamate anche le aziende private in collaborazione con lo Stato.
Detto tutto ciò, e ripetuto un pensiero dominante sulla natura del lavoro in generale, per parlare di tutto quanto tocca la nostra vita basta essere cittadini normali, questa è la libertà di espressione. Quando poi si protesta perchè la Civica non è insegnata, come riporta un serio studio della SUPSI, considerando le paure dei cittadini che hanno dato le firme per una IP per migliorare questo insegnamento, non occorre essere insegnanti, secondo me. Basta avere il diritto, e questo l’abbiamo, di difendere i principi della formazione dei giovani, per mantenere la loro capacità di difendersi nella loro vita futura dai sopprusi della mano pubblica, quando fosse il caso.
Quando si parla di lavoro, ed è sempre una mia modesta opinione, ciascuno deve poter dire la sua. Quando c’è una discrepanza di opinioni si mettono in evidenza i fatti e le proprie convinzioni e la propria esperienza. Sostenere che è colpa della Sig.ra Masoni il buco di bilancio cantonale, è falsare i fatti. Così facendo non si troveranno mai le misure di finanza pubblica che permettano di aiutare veramente il mercato del lavoro, liberando per esse le risorse oggi sprecate in mala gestione.
Sergio Morisoli denuncia gli otto anni di finanza disastrata cantonale. Perchè attaccarlo? Dategli delle risposte concrete, proponete dei programmi di risanamento.
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Ricopio, evidenziandola, questa parte della risposta che ho appena finito di leggere e apprezzare:
"CHIEDO A CHI GOVERNERA' DI CONSIDERARE CHE LA VERA LOTTA ALLA EMARGINAZIONE E ALLA DISOCCUPAZIONE VA FATTA NELLE SCUOLE, CHE NON DEVONO ESSERE DI APPIATTIMENTO DEI LIVELLI, MA DEVONO ABITUARE I GIOVANI A BATTERSI PER AVERE I BUONI RISULTATI CHE LA SCUOLA CHIEDE LORO, ONDE PREPARARSI AD UNA VITA DI LAVORO SERIO E IMPEGNATO, QUALUNQUE ESSO SIA, DI IMPRENDITORE, DI ARTIGIANO O DI IMPIEGATO. PLASMARE DEI GIOVANI DISIMPEGNATI E' UN DELITTO SOCIALE".
E' ora di dirlo ad alta voce, egregi e protetti Signori.
Egregio Dir. Siccardi,
rispondo per dovere di cortesia col desiderio, tuttavia, di chiudere l’interessante dialogo.
Il lavoro mi chiama.
Nella sua replica potrei ritrovare punti di convergenza.
Tutti (quasi tutti) si desidera… migliorare il mondo.
Ciononostante vi sono interessi (più che ideologie) diversi.
Assai diversi.
Magari gli interessi legati al profitto ottenuto con il lavoro.
Che sono appunto diventati un’ideologia.
Ma non è colpa di… streetpost.
E fors’anche nemmeno della “gioiosa macchina da guerra” socialista.
Un’ideologia che si è imposta senza mirare ad altro scopo che all’onnipotenza della “finanzeconomia” illimitata (“sconfinata”) la quale probabilmente non aspira a prendere il potere, ma sicuramente ad avere potere su coloro che lo gestiscono. Annullando la loro autonomia. Anche nel microcosmo cantonale.
Una subdola dottrina che ha infettato ogni aspetto dell’umana vicenda.
Con l’aiuto del mainstream mediatico.
In riferimento al resto del mondo, prendo un solo esempio, certo parziale e riduttivo, ma a mio avviso emblematico: l’outsourcing.
Le delocalizzazioni hanno, consapevolmente, trasformato intere zone produttive europee in deserti industriali. Con tutte le ricadute sociali di cui sappiamo.
In barba agli pseudo-nazionalismi demagogici.
Sappiamo pure che lo si è fatto con la consapevolezza di voler trovare condizioni fiscali interessanti, di voler minimizzare il costo del lavoro e, probabilmente, per incrementare il reddito azionario. Parrebbe perfino che le masse di lavoratori-sostituto «laggiù» utilizzati per risparmiare sui costi, non ne traggano un gran beneficio. Grande giovamento, invece, per i nuovi paperoni cinesi, indiani, messicani, indonesiani che hanno aggiunto ai loro forzieri la cifra (Oxfam) di 240 milioni in un solo anno.
Aggiungerei, per quanto ci riguarda, che codeste “esotiche fughe” le si usa con ogni probabilità qui da noi, quale grimaldello finalizzato a indebolire le conquiste salariali europee. Questi sono interessi concreti, non certo ideologie.
In barba, e lo ripeto, agli pseudo-nazionalismi di facciata.
Due parole, proprio due, sulla “educazione” civica. Che sarebbe come dire:
espulsa dalla quotidianità predatoria dei mercati, quindi da far rientrare per decreto governativo(!) nell’astratezza dei programmi scolastici nazionali.
Mica male come pedagogia.
Per conclludere. Certo posso costruire un’economia vincente, fatta di personale scelto, ben formato, perfino ben retribuito. Posso stabilire una “selezione” ottimale di personale, scegliere i migliori, i più adatti alle contingenze, i più flessibili, i più “performanti” (orrido termine) magari partendo… dalla Scuola.
Dalla scuola democratica alla… Scuola Meritocratica.
Ma allora la destra economica ci deve finalmente dire che cosa farne delle riserve, della panchina lunga, degli esclusi, degli estromessi. Dei… non Meritevoli.
La selezione naturale?
Neodarwinismo applicato al reddito?
Eugenetica?
Un triste presagio.