Questo è l’articolo di un vero imprenditore, un importante capo azienda, un uomo che ha creato e crea lavoro e ricchezza per la società. Si confronti la sobria concretezza di uno “che le cose le fa” con il vaniloquio assistenzialista e collettivista dei sacerdoti del Dio Stato. “Ci vuole più Stato” afferma convinto il presidente di quel partito che ci ha regalato il ministro della Scuola. Ma i mezzi di questo povero Dio… non sono altro che le centinaia di milioni del suo debito!
Un’osservazione ancora. Siccardi scrive di “otto anni di gestione del Ticino per mano dei signori PLRT”. Ora, bisogna dire che quegli anni non sono “otto” ma molti, molti di più. Semmai il potere del “partitone” è andato declinando nel tempo. Quanto a Marina Masoni… era anche lei PLRT, anche se il partito finge di non ricordarsene, e fa molto male.
Fa quasi tenerezza quando invitano la politica a prendere provvedimenti in favore del lavoro. Ma sanno cosa è il lavoro? Non chiedo loro se hanno mai lavorato duramente o accettato un rischio economico, sarebbe una cattiveria, ma chiedo se hanno mai studiato a tavolino come nasca una opportunità di lavoro vero, quello per cui una persona valuta un mercato, crea una nuova attività, ne ricava un fatturato e riesce a ripagare il capitale investito e i suoi dipendenti, traendone un profitto sul mercato interno o internazionale. Sì, perché questa è una delle forme più ricorrenti di “lavoro”, è il vero lavoro. E non si gridi allo scandalo perché ho scritto la parola “profitto”. Perché è libertà di tutti fare impresa e profitto, perché si dimentica che un imprenditore non fa altro che una attività libera per tutti, secondo le leggi vigenti, crea benessere e, pagando le tasse, rende possibile il funzionamento dello Stato. La gente non ha dimenticato che mai e in alcun luogo il socialismo ha portato ricchezza, anzi sovente ha tolto, con essa, anche la libertà.
E spiace vedere che in otto anni di gestione del Ticino per mano dei signori PLRT e di politiche di sinistra, oggi si spari contro chi suggerisce di cambiare, rilevando i guai che si sono accumulati e che si accumulano all’orizzonte. E si metta in dubbio che la precedente gestione della signora Masoni sia stata prudente e benefica per i ticinesi, con sgravi fiscali e diminuzione della spesa pubblica. I numeri sono lì da vedere. Dal 2007 al 2015 il debito pubblico è passato da 1,2 a 2 mld di franchi, sono state introdotte 48 nuove tasse, il Ticino è passato dal 4° al 21° posto in attrattività fiscale, la disoccupazione dal 4,4% al 4,8%, ma, ciò che più conta, il bilancio annuale è passato da un sostanziale pareggio ad un deficit annuale di 200 milioni!
Il Ticino non ha bisogno di una politica statalista, ma di cambiare la formazione dei giovani affinché trovino un posto di lavoro in cantone, e di alto livello come si meritano, di diminuire la spesa, di investire in turismo e di attirare imprese che sostituiscano con la loro fiscalità quella che manca e mancherà dalle banche. Ferma restando la qualità della vita.
Altro che attaccare Sergio Morisoli, uno dei pochi economisti ticinesi che sa di cosa parla quando parla di conti dello Stato. Argomento difficile per i socialisti.
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Cerco di parafrasare in una certa misura le parole dell'articolista. Si sono già chiesti come possa nascere a tavolino un vero programma scolastico, ossia una procedura creativa che ponga le premesse teoriche ma fondamentali per l'offerta futura ai nostri di solide opportunità di lavoro?
Non credo sia prescritto “dover” essere imprenditori per poter parlare di economia.
A mio io parere non credo sia nemmeno necessario essere socialisti per poterlo fare. Forse basterebbe -a mio avviso- essere… semplicemente dei… semplici cittadini muniti di senso civico. Il concetto che traspare dall’articolo e alquanto riduttivo. Oserei perfino dire… scolastico.
Se si seguisse pedissequamente la logica dell’articolo per parlare (per esempio) di scuola bisognerebbe essere almeno docenti. Per parlare di educazione civica nella scuola bisognerebbe essere docenti con incarichi istituzionali.
Per poter parlare di cinema bisognerebbe essere registi.
Per poter parlare di calcio allenatori.
Sappiamo che non è così che va il mondo…
Poi basta con ‘sta Thatcher. Pura nostalgia.
Una letteratura economica anche non di sinistra ha già definito la sua politica “sciaguratamente unilaterale”. Impegnata, la Lady (come il suo collega Reagan), a costruire narrazioni econo-mistiche infarcite di battute oltranziste e da facili slogan mediatici; varando, per contro, politiche boomerang.
Oggi se ne raccoglie l’eredità. Abbiamo consegnato l’economia a un modello che, con incredibile determinazione, sta facendo leva sui peggiori istinti umani.
Proprio all’opposto del tanto invocato «homo civicus» che dovrebbe invece essere il discendente diretto di una genuina convivenza civile. Un faticoso e fragile risultato evolutivo oggi annullato dalla predazione neoliberista. Nemica di ogni educazione civica.
I socialisti nostrani (magari, non lo so, non mi riguarda) non sapranno forse cosa sia il lavoro. Lo sapevano probabilmente coloro che tempo fa furono attori di alcuni stratosferici fallimenti «privati» (sublime opera di addetti agli… inbound/outbound) divenuti micidiali per le già povere economie nazionali.
Quindi disoccupazione. Quindi spese per aiuti sociali. Quindi Stato-soccorso. Quindi debito pubblico.
A meno che non si ragioni in termini… nostalgici, diciamo thatcheriani: chi resta fuori, è fuori. Si affidi alla beneficenza, e auguri.
Che tradotto significa: chi non trova più posto nel processo produttivo si rassegni a diventare un… civicamente escluso.»