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Un film troppo violento? Vuoti moralismi – di Samuel Iembo

Le argomentazioni dello studente, che comunque riproduciamo integralmente, sono di un’importanza relativa.

Consideriamo piuttosto la frase “Sono fiero di dire che sono stato io a proporre e proiettare (con tanto di analisi) il suddetto film”, che figura nel testo. Come dev’essere intesa? La si confronti con le dichiarazioni del direttore, diffuse ampiamente dalla stampa: “Non ne sapevo nulla”.

Il minimo che ci si possa aspettare dal consigliere di Stato Bertoli è che ordini immediatamente un’inchiesta e che in breve tempo la porti a termine, se non altro per appurare i fatti.

Altro che “la scuola che verrà”. Manuele, qui si tratta della scuola “che c’è già”.

Recentemente sono uscite sui media delle lamentele riguardo un film che è stato proiettato alla Scuola Cantonale di Commercio (SCC) durante le giornate autogestite del 16 Marzo. Il film in questione è “A serbian film”, un violento e scioccante film che a quanto pare ha scandalizzato qualcuno più di quanto non si potesse immaginare. Qualcuno che tra l’altro non era nemmeno presente: si tratta di Muhamet Gubetini, che conosco personalmente e da cui non mi aspettavo una critica del genere. Sono evidentemente dei vuoti moralismi quelli che spuntano come argomentazione nel suo articolo. L’ex studente della commercio critica una violenza presuntamente senza scopo e ingiustificata, avvalendosi anche della censura che questo film ha ricevuto in alcuni paesi dell’Unione Europea. Se fosse stato presente alla proiezione non avrebbe potuto avanzare queste affermazioni, dato che è stata condotta un’introduzione e contestualizzazione al film, che l’indentificava come un film sugli effetti negativi dell’occidentalizzazione della Serbia. Va inoltre precisato che nell’introduzione all’attività è stato esplicitamente chiesto a minorenni e sensibili alla violenza di andarsene prima dell’inizio.L’analisi andava toccare la società post-jugoslava e il suo stato senza criticare direttamente il governo serbo, come detto anche dal regista in varie interviste. Sono ben informato sulla questione, soprattutto perché sono fiero di dire che sono stato io a proporre e proiettare (con tanto di analisi) il suddetto film. Il mio intento era quello di mostrare un film crudo che potesse colpire tanto quanto far riflettere, non come una commediola fine a se stessa. Io prima di tutti, che sono coordinatore della Gioventù Comunista della Svizzera Italiana mi sento in dovere di mostrare queste cose ai miei coetanei per discutere e riflettere assieme a loro.

Colgo l’occasione per ricordare che i comunisti si muovono sempre per promuovere e difendere la libertà artistica, come ad esempio nel Festival Internazionale del Film di Locarno (a cui molti studenti partecipano) che viene puntualmente bersagliato da critiche simili. Queste critiche sono secondo me deleterie per la società: di questo passo dovremmo proibire ad esempio i film di Pasolini (uno tra tutti “Salò o le 120 giornate di Sodoma”) perché contiene una violenza logorante o addirittura il Decameron di Boccaccio perché delle suore fanno sesso. Con questi vuoti moralismi non si fanno che creare tabù e censurare delle rappresentazioni che invece sono delle profonde critiche e che hanno sicuramente intendo di sensibilizzare più che istigare alla violenza.

Io sono stato promotore e membro del comitato di organizzazione delle autogestite e ho lavorato sodo insieme agli altri membri per la riuscita di queste due giornate. Le autogestite sono uno dei pochi momenti in cui gli allievi possono effettivamente gestirsi e avere piena libertà d’azione, ed è un diritto sacrosanto avere questa libertà; non è un tentativo di folle liberalizzazione della violenza, il mio. Queste giornate servono ad affrontare temi e situazioni che, per le dovute circostanze, non si affrontano a scuola, ed è quello che io ho fatto: cercare di portare una riflessione profonda e delicata, per quanto usando come strumento qualcosa di nudo e crudo, con la dovuta contestualizzazione. Bisogna ricordare poi, che è facilissimo trovare opere anche piu scabrose di quella da me mostrata, anche da un dodicenne, in due minuti su Youtube o su Google si ritrova davanti, senza nessuno che ci dia il giusto peso.

In ultima analisi concludo dicendo che sono felice di poter rispondere a delle accuse, dal mio punto di vista, bigotte, in modo da poter dire la verità e sperando che le persone la smettano di fermarsi davanti alla realtà nascondendola e facendo finta che non esista.

Samuel Iembo, Coordinatore della Gioventù Comunista

Relatore

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  • Ce ne vorrebbero di Samuel Lembo in Ticino, almeno una dozzina. Franco, leale, onesto, senza timori reverenziali. Immagina, amico lettore, cosa diventerebbe la libertà artistica se non ci fosse lui a difenderla e promuovere.
    E cerca di capire, amico lettore, che lui difende un comunismo teorico e virtuale, non certo quello di Stalin (detto tra parentesi, anche lui difendeva la libertà artistica, ma non da comunista, solo da stalinista, dettaglio non indifferente), di Mao Tse Tung, di Pol Pot e così via, fino al lider maximo, sotto la cui sagace guida la libertà artistica ha subito un'esplosione di tipo atomico). Quello è comunismo del passato, che essendo passato non c'è più.
    Il comunismo di Samuel Lembo, con la sua intatta libertà artistica, sta nel futuro, che non c'è ancora. E poi, chi è autorizzato a giudicare se si tratta di libertà artistica o di stupidità artistica? Non certo una giuria di beceri borghesi. Ci vorrebbe un'apposita commissione coordinata da un coordinatore della Gioventù Comunista, ma purtroppo sono così pochi gli aderenti, non possono arrivare dappertutto, e i temi da discutere per mettere a posto il mondo sono tanti, proprio tanti.
    Resta, immacolata, la speranza.
    Con tanti auguri, caro coordinatore (sfumatamente pomposo, questo titolo onorifico) della Gioventù Comunista (con "g" e "c" maiuscole).

    PS (post scriptum, non partito socialista): però, Samuel, a non informare il borghese Bertoli della tua intenzione di proiettare il film "illuminante", chiamiamolo così, non sei stato proprio cortese! In fin dei conti, anche se chiaramente borghese, Bertoli è più vicino a te che a noi.

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