Nuovi orari per la società che cambia – di Fabio Käppeli

Sembra che la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi non sia mai stato un tema così attuale. In realtà si continua a discuterne e sentirne parlare solo per quella mini riforma appena approvata dal Gran Consiglio. Mini perché prolunga l’orario di chiusura di 30 minuti in settimana e fino alle 18.30 il sabato.

La società sta cambiando. È in continua evoluzione, pertanto necessita di provvedimenti da parte dello Stato che vadano di pari passo. Rispetto a qualche anno fa sono sempre meno le casalinghe (o casalinghi) che alle 8 sono in posta, mezz’ora dopo all’ufficio comunale e poi in banca, prima di andare a far la spesa al supermercato entro le 10 (perché lo sappiamo: anche a casa c’è molto lavoro da fare). Si lavora di più e ad orari diversi, e in molti già la domenica o la sera fino a tardi. Oltre confine, tuttavia, vi è una concorrenza che può tenere aperto praticamente quando vuole.

Lo Stato dovrebbe quindi smettere di condizionare il mercato del lavoro imponendo vincoli rigidi e ormai sorpassati, liberalizzando gli orari di apertura dei negozi ma anche dei locali pubblici. Può piacere o non piacere ma anche i sindacati devono accorgersi che la società è cambiata.

I vantaggi: in primis, per la nostra economia ora in difficoltà. Liberalizzare gli orari di apertura dei negozi sarebbe un passo importante per favorire consumi e occupazione, stimolando al tempo stesso la concorrenza che, lo ricordo, va a beneficio dei consumatori.

Oltre a questo, si può constatare come la domenica le nostre città siano desolatamente vuote e poco attrattive per i turisti. È un insulto alla nostra intelligenza affermare che si “commercializza il tempo libero”. Siamo individui liberi. Possiamo e dobbiamo decidere noi quando vogliamo andare a far la spesa, quando passare del tempo con i nostri cari, e quando invece dedicarci ad altre attività.

Liberalizzare gli orari di apertura dei negozi sarebbe quindi una misura utile anche per sostenere il settore del turismo, che ultimamente non ha proprio le prospettive migliori, per usare un eufemismo, a causa del franco forte.

Secondariamente, credo nei valori liberali e considero le libertà semplicemente fondamentali. E allora, mi chiedo, cosa c’è di più liberale di questo? Se A vuole mangiare una pizza alle tre del mattino e B, proprietario dell’omonima (ma a dire il vero un po’ anonima) pizzeria vuole metterla in forno, perché non dovrebbero poter concludere lo scambio? A condizione che si rispetti il lavoratore, il quale deve essere equamente remunerato e che il proprietario della pizzeria consideri vantaggioso aprire la propria attività in determinate fasce orarie, l’unico ostacolo rimanente all’esercizio del libero commercio sono le regolamentazioni statali. È questo principio che trovo sbagliato. Sarei invece favorevole a liberalizzare gli orari d’apertura di commerci, bar e ristoranti. La modifica legislativa fino ad oggi rimandata alle ormai celebri calende greche chiede però una misera mezz’ora in più. Non riesco a capire come una modifica così lieve possa peggiorare le condizioni lavorative.

Non mi sembra una richiesta eccessiva: se i diritti della forza lavoro sono tutelati, estendere gli orari di apertura può portare solamente conseguenze positive per la nostra economia, per i lavoratori, per i consumatori, per i datori di lavoro e, conseguentemente, per tutta la società.

Fabio Käppeli, presidente GLRT e candidato al Gran Consiglio

 

Relatore

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