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Modenini ribatte indispettito: “Il circo elettorale è incominciato”

Stefano Modenini, direttore dell’AITI, ha scritto alla nostra redazione (e ad altre):

Ma dove erano e dove sono i famigerati membri della Commissione Tripartita, che dovrebbe salvare il paese e il suo mercato del lavoro? Per quanto mi riguarda sono stato tutta la settimana in ufficio o nelle aziende ad ascoltare le difficoltà degli imprenditori e la paura di perdere posti di lavoro; sono già alcune centinaia i lavoratori a rischio. Lo stesso mi attende nel fine settimana, mentre altri se ne staranno beatamente sulle piste da sci.

Ma le istituzioni dove sono? La pazienza sta per finire, gli imprenditori sono stufi di essere considerati dei criminali e degli approfittatori e tra poco saranno loro a scendere in piazza. I clienti delle nostre aziende sono multinazionali svizzere e internazionali e si rivolgono alle imprese imponendo sconti del 20 % sui prezzi, i margini di guadagno, già ridotti, così svaniscono e vengono a mancare i soldi per investire e restare competitivi.

Mandare sindacalisti frontalieri che nulla sanno delle nostre aziende a occupare le fabbriche serve a poco. Invitiamo gli imprenditori a prendere decisioni ponderate ma se poi un’azienda ti dimostra che se non interviene anche sui salari chiude, c’è poco da fare: o si interviene o si licenzia, qual è il male minore?

 

Relatore

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  • Se la vostra strategia si identifica con quella della Cattaneo e della Exten, il male minore sarebbe quello di mandarvi tutti a fare lavori socialmente utili, con indennità simili a quelle che percepiscono i cittadini comuni celibi. E vi andrebbe ancora di lusso!

  • Ieri sono andato a trovare mio cugino. Mio cugino è uno che ha studiato. Già da piccolo era bravo. Me ne son fatto una ragione. Abbiamo mantenuto ottimi rapporti.

    Bene, sul tavolo di cucina di mio cugino era posato un libretto dalla copertina bianca intitolato “Contro la dittatura del presente”. Ora bisogna dire che mio cugino non è un rivoluzionario. Anzi ha un bel lavoro, è un tipo piuttosto mite di carattere e tradizionalista di mentalità. Quel libro sul tavolo di mio cugino mi ha sorpreso per due ragioni. La prima l'ho già spiegata. La seconda perché anch'io spesso ho pensato la stessa cosa del titolo in copertina.

    E cioè che il nostro grado di libertà si sia, come dire, assottigliato in modo dolce ma inesorabile. Quasi come fossimo sottoposti ad un'unica verità. Soggetti ad un pensiero unico, detto chiaramente. Come,appunto, mi sembra voglia dire il titolo del libretto. Ovviamente una condizione diversa dalle dittature sanguinarie del passato. Ma pur sempre uno stato di cose al quale bisogna, in sostanza, ubbidire senza troppo chiedersi. Sul retro del libretto bianco c'era pure scritto. “ Il punto non è deprecare il presente, ma comprendere il significato delle tante cose che accadono e avvolgono la nostra democrazia”.

    Ho chiesto a mio cugino di prestarmelo (il libretto bianco) per alcuni giorni. Non è stato facile. Ma alla fine eccolo qua sul mio tavolo. In una delle prime pagine, per esempio si dice “L'economia della finanza usa il denaro, sottraendolo ai cicli produttivi, per produrre altro denaro”. Mio cugino direbbe che il denaro è ormai diventato il mezzo e al tempo stesso il fine.

    Denaro per fare denaro. Non più utilizzato per sostenere la produzione e quindi il lavoro. Mica una roba da poco. Direi rivoluzionaria. Tanto denaro in giro, poco lavoro necessario per ottenerlo. Quindi disoccupazione.

    Qualche pagina più avanti ecco che: “La generalizzazione dei privilegi è concettualmente la contraddizione dell'oligarchia. Essa per esistere ha bisogno di coloro che ne stiano fuori con la speranza di potervi entrare. Le oligarchie portano dunque nel loro seno la contraddizione che prima o poi scoppierà mettendo gli uni contro gli altri coloro che sono dentro e coloro che sono fuori del sistema dei privilegi.”

    Ho pensato: se si sostituisse il termine «privilegio» con il termine «lavoro» (oggi il lavoro è un privilegio), la teoria è bell'e fatta. Mio cugino direbbe che il lavoro essendo diventato un privilegio diventa una potente merce di scambio. Chi detiene il lavoro (oligarchie?) ha il privilegio di “concederlo” al miglior offerente giocando al ribasso. Fino al ribasso che più basso non si può: la schiavitù. Eccoci.
    Schiavi della “dittatura del presente”. Direbbe mio cugino.

    P.S.: E pensare che tempo fa mio cugino leggeva libretti che dichiaravano:” Gli aspetti positivi di questa nuova economia integrata, saranno necessariamente superiori agli aspetti negativi. I danni deplorati da certuni, saranno in larga misura compensati dai vantaggi materiali acquisiti grazie allo sviluppo della ricchezza globale”

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