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Julien Assange, un “Charlie” in vita – di Sabrina Chakori

Politica internazionale e libertà d’espressione

Prima di tutto desidero rivolgere un pensiero anche alle vittime in Nigeria; mentre tutti ci concentriamo sulla questione francese, che riporta a un valore fondamentale dell’umanità, la libertà d’espressione, gli integralisti islamici continuano a mietere vittime, due attacchi in meno di una settimana nel nord-est nigeriano. Sedici villaggi sono stati rasi al suolo dalla milizia integralista islamica Boko Haram che ha causato la morte di almeno 2000 persone.

Sono molteplici le domande che mi pongo in questi giorni, una tra le principali è appunto come frenare questi integralisti. Aldilà delle condanne o della sorveglianza che gli stati possono mettere in atto, bisognerebbe ragionare sul fatto che questi giovani sono il prodotto dell’estremismo creatosi durante la presente situazione siriana e irachena, dunque la mia domanda è: come si è giunti ad essa? Quale ruolo hanno avuto, e hanno tuttora, le potenze occidentali nel sostenere queste guerre e nel portare alla deriva situazioni politiche già difficili?

A causa della politica internazionale complessa, spesso scordiamo che questi atti sono anche in parte influenzati dalla politica estera dei nostri paesi, che tutt’oggi a nome di altri valori sfruttano e sottomettono altri paesi. La mia riflessione interpella dunque un sistema politico ipocrita che spesso piange i fatti che lui stesso ha creato.

In questi giorni i popoli si sono uniti contro il terrorismo, ma soprattutto attorno a una tematica fondamentale: la libertà d’espressione. Nel 2015 ci ritroviamo ancora a manifestare per questo valore fondamentale, valore che simbolicamente hanno sostenuto anche i capi di stato che hanno partecipato alla manifestazione di Parigi. Hollande, Renzi, Netanyahu, Cameron, Abu Mazen, Merkel e tutti gli altri rappresentanti mettevano in evidenza sulla grande scena mediatica dei valori che non applicano (o solo in parte). Per la Turchia ad esempio ha marciato Ahmet Davutoglu, sostenendo una libertà d’espressione che il popolo turco ancora non ha conquistato totalmente. Ricordiamo inoltre che anche la vicina Italia non può vantare una libertà completa di espressione e di critica, secondo Reporter senza frontiere essa si ritrova dopo la Nigeria al 49esimo posto! Vi invito a consultare altri dati interessanti sulla libertà di stampa e di espressione al sito freedomhouse.org.

Per concludere, le mie riflessioni mi portano a pensare che mentre tutti questi politici si mostrano ai media, il giornalista, programmatore e attivista australiano Julien Assange, promotore del sito web Wikileaks, vive ancora confinato nell’ambasciata ecuadoriana di Londra dal 7 dicembre 2010, con il timore di essere estradato negli Stati Uniti. Assange è condannato per pirateria informatica e per aver reso noti più di 251.000 documenti diplomatici statunitensi e rapporti del Dipartimento della difesa americano. Quest’uomo, ancora vivo, ha messo a rischio la sua vita, e questa volta a perseguitarlo non sono piccoli gruppi organizzati, bensì gli stati, ed è colpevole di aver reso trasparenti questi documenti alla popolazione. Aspetteremo anche la sua morte per ringraziarlo del suo coraggio e della sua iniziativa?

Le situazioni come queste ci permettono dunque di riflettere sui valori che abbiamo perso e che dobbiamo recuperare e migliorare, non solo postando slogan sui social network, ma difendendo gli eroi che oggi sono ancora vivi e che attraverso molteplici azioni combattono contro gli integralisti di qual si voglia religione e contro i governi che sempre di più ci tengono all’oscuro di importanti informazioni che ci concernono e che quindi abbiamo il diritto di sapere.

Sabrina Chakori, Giovani Verdi

 

Relatore

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