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Portali spalancati verso obitori formativi – di Franco Cavallero

Severo e sarcastico  (come sempre) il Cavallero di fine anno. Se – dico SE – nel 2015 l’on. Bertoli intende riproporci una sua versione di scuola-“democratica”-senza-i-voti, 47 anni dopo il Sessantotto, è facile prevedere che attorno al tema si svilupperà un acceso dibattito. Ticinolive sarà attento e aperto, e darà spazio a tutte le opinioni.

“La scuola di Atene” di Raffaello Sanzio (part.)

Giunti ancora una volta verso l’epilogo dell’anno, verso san Silvestro come si suol dire evocando un pio pontefice, abbiamo appreso che nella scuola saranno ancor più privilegiate le competenze invece dei barbosi e odiati studi. Fedele alla rotta inaugurata dopo il Sessantotto, la pedagogica coorte si è accorta di non avere ancora percorso completamente il lungo cammino che conduce al nulla. Con precisione meticolosa, direi acribia, perfezionerà scelte teorizzate da svariati decenni, incurante del fatto che esse non promettono ai residenti nulla di buono, se non orpelli e lauree problematiche, poco corrispondenti ai profili imposti dall’economia reale.

È bello e autocelebrativo dire ai ragazzi che si darà spazio ai loro desideri, proclamando nel contempo un amore sviscerato verso il saper fare, come se questo potesse nascere per impulsi spontanei, mescolando i soggetti senza criterio né esame delle loro predisposizioni. Il risveglio di fronte alla realtà avverrà oltremodo tardi, sempre più tardi dopo un terapeutico soggiorno pluriennale in curricoli difficili, i cui portali d’ingresso verranno non aperti ma spalancati, come pure l’obitorio formativo e occupazionale. Ma allegri, al limite c’è l’assistenza e si pensa che qualche soldo scorrerà pur sempre verso gli illusi di tutta una generazione.

Parallelamente, chi sarà ancora disposto a compiere il minimo passo verso il fuorimoda culturale, verso il patrimonio scolastico tradizionale, che nel mare magno delle sollecitazioni mediatiche non gode certo di qualche forma di costruttivo interesse? Il compito dei docenti si complicherà ulteriormente nel tentativo di fare un po’ di ordine nel mucchio di banalità, di luoghi comuni tratti dalla quotidianità e dai pettegolezzi del giorno. I terreni inesplorati, che da soli potrebbero vivificare la scuola, rimarranno estranei a ogni indagine conoscitiva. Alla meno peggio, oltre una miserevole infarinatura non si andrà, e sarà un’utopia pensare ad approfondimenti.

Si realizzerà insomma l’inconfessato desiderio degli antinozionisti vecchi e nuovi di sopprimere dalla testa degli allievi ogni riferimento alle fondamenta tramandateci dai secoli. E infatti già lo si vede: millenni di civiltà appaiono come insignificanze negli occhi e nelle orecchie delle nuove generazioni. Forse sarebbero disposti ad ascoltare se appena vi fossero approcci e metodi confacenti. Ma appena cala sulle loro intelligenze la cappa di piombo dell’intellettualismo da bottega o da cenacolo di luminari organici, vista e udito sono immediatamente ottenebrati dal cispo e dal cerume. Logicamente questo è il frutto di un terreno arato non da pazienti buoi e affilati vomeri, ma dai bulldozer del pensiero globalizzato. Cui prodest? Non lo sappiamo e probabilmente non lo sanno nemmeno i più accesi tifosi della scuola che verrà. Eppure la stessa ci è stata culinariamente presentata come una deliziosa fricassea, con mescolanza di prodotti gastronomici disparati, legati da una salsa confacente all’uopo.

Post scriptum (valido per il 2015). Se non vi sarà un sussulto di orgoglio magistrale-professorale-docentizio ci si adeguerà dopo qualche sterile mugugno, perché in fondo a tutti importa che il carretto, o la fuoriserie, o l’astronave, siano indirizzati nella stessa direzione del macchinista. Una via di uscita tuttavia esiste, permane, non si può defraudare agli sfortunati bipedi di questa fine del 2014. Il coraggio di ricordare, e proclamarlo alto e forte, che un insieme di concetti e conoscenze non da poco ci è stato tramandato dalla voce di coloro che tuttora vivono e non necessariamente nelle case per anziani (probabilmente non più per molto). Ma anche dai resoconti, dai libri, insomma da quegli utilissimi strumenti rinnegati dall’attuale e miserrima scuola. Fare un elenco, un catalogo ragionato di questi beni culturali negletti potrebbe essere opera altamente meritoria, almeno altrettanto di quella sui monumenti storici.

Franco Cavallero

 

Relatore

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