ceppoPubblico con il consenso di Opinione Liberale questo interessante articolo, che si apre tessendo le lodi della consigliera di Stato Sadis ed esprime bene il sentire della base radicale (o almeno, a me sembra così).

Presto particolare attenzione al Partito liberale radicale (e continuerò a farlo) perché è quello che nella presente campagna elettorale ha il compito più difficile, uscendo da una serie di anni che si potrebbero definire “horribiles” (con l’acca fa più effetto) ma deciso a lasciarseli alle spalle.

Pochi giorni fa nel corso delle operazioni  si è verificato un improvviso imprevisto e, di fronte ad esso, il partito cerca, riflette, esita. La situazione è delicata e fragile, una decisione improvvida potrebbe risultare fatale. Io sono famoso per i miei consigli banali e banalmente dico che occorre scegliere il candidato (o la candidata) elettoralmente più forte. In un confronto così incerto (dico davvero) è ciò che può “fare la differenza”. Tra il vincere e il perdere.

 

La consigliera di Stato Laura Sadis ci ha traghettati quasi totalmente incolumi da un capo all’altro della più profonda depressione economica di tutto il Dopoguerra. Anzi, secondo gli analisti, la crisi apertasi nell’estate del 2008 con i titoli tossici è stata addirittura più grave di quella storica del 1929. Nel Canton Ticino si è aggiunta l’aggravante della quasi totale dipendenza della nostra economia dal settore bancario e finanziario. Ora i settori si stanno piano piano e molto dolorosamente riequilibrando. Ma è stato tutt’altro che facile, e Laura ce l’ha fatta. La Merkel, tanto per fare un esempio, non ce l’ha fatta, e ha messo nei pasticci, col suo rigore monetarista, tutto il resto dell’Europa. Un altro che ce l’ha fatta, invece, è il presidente americano Barak Obama. Con una particolarità. Che da quando, recentissimamente, si è ritrovato solo contro tutto il Congresso, Obama ha ritrovato anche il vigore e gli ideali di gioventù. Anche Laura Sadis – non sembri esagerato il paragone! – ha combattuto meglio quando era alle corde, sola contro tutti, sola contro i cavalli pazzi della spesa pubblica e sola contro gli altri cavalli pazzi, molto più pericolosi, del populismo. La pazzia equina leghista ma anche il populismo di altri colori, che vanno dal verde brillante all’indefinibile «color orecchia».

Fatta questa doverosa premessa, oggi vorrei parlarvi del Gruppo Stammtisch, che è giunto più in carne che mai ai suoi dieci anni di vita. Il Gruppo raccoglie, come ben sapete, gli ultrasessantenni che si sentono legati al pensiero liberale radicale, senza privilegiare l’una o l’altra corrente. Una cosa però caratterizza in modo particolare i vegliardi del «ceppo duro». Essi hanno mantenuto intatto il carattere interclassista che fu un tempo onore e vanto di tutto il Partito liberale radicale ticinese. Un tempo il PLR aveva una larga base fatta di operai e impiegati, ed era perciò molto attento alle esigenze dei ceti mediobassi, quelli cioè che devono percorrere il cammino più in salita. Allo stesso modo i membri del Gruppo Stammtisch non sono tutti milionari, come accade invece a volte ai vertici del partito, e sanno comprendere le difficoltà in cui si dibatte la società civile. Ebbene, quali sono queste difficoltà?

Qui forse vi sorprenderò, cari lettori, ma le maggiori difficoltà dei ceti medio-bassi sono legate ai cartelli. Tutti sanno che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Svizzera è rimasto l’unico paese totalmente cartellizzato di tutt’Europa. In testa c’è il cartello assicurativo, e in testa al cartello assicurativo ci sono le casse malati, che si fanno concorrenza solo sul brevissimo e breve periodo. Nel medio periodo la concorrenza, chissà perché, si vaporizza. Gli anziani rischiano oggi di dover interrompere le assicurazioni complementari, dopo averne pagato i premi, inutilmente, per tutta una vita. Ed è una vera ingiustizia. Anzi, una bastardata, perché nelle assicurazioni complementari non c’è solidarietà sociale. Poi c’è il cartello di tutte le altre assicurazioni, da quelle domestiche a quelle automobilistiche. Poi c’è il cartello ipotecario. Poi c’è il cartello, anzi, il monopolio, dei farmaci. Poi c’è il cartello della vendita al dettaglio. Poi…

I tre quarti di uno stipendio medio-basso sono tutti cartellizzati. Paradossalmente le imposte fanno parte delle spese libere. Ora ditemi voi se tutto questo non è dominato dalla politica. Quando noi non ci occupiamo di politica, è la politica a occuparsi di noi. Attraverso i cartelli, s’intende.

Enrico Diener