Marty Simoneschi Solari Bernasconi (citiamo a caso) … …
L’esito della votazione del 9 febbraio ha indotto un centinaio di eminenti ed esimie personalità (sta esattamente a significare: personaggi di “indiscussa e rara” qualità) a lanciare un appello in favore di un “dibattito sereno e fattuale” a proposito delle relazioni tra Svizzera e Unione europea. Sono esclusi dalla lista, per una scelta esplicita dei promotori, almeno per il momento, i politici in carica. Una proposta che mira a offrire alle giovani generazioni un quadro di riflessione e di impegno per l’avvenire. Gli autori dell’appello hanno provvidenzialmente ricordato che la Svizzera fa parte dell’Europa geograficamente, storicamente, economicamente, culturalmente e socialmente, dimenticando di far notare che nessuno, neppure un solo cittadino che abbia votato in favore dell’iniziativa contro la libera circolazione, ha mai pensato che la Svizzera fosse parte della Polinesia. Affermazioni quindi retoriche, tanto ovvie da risultare banali. Meno banale invece l’introduzione (surrettizia?) nel discorso di un “politicamente”, che gli autori del “manifesto” vorrebbero assoluto, anche se non lo proclamano, sotto forma di un’integrazione pura e semplice: un quieto, rilassato e ossequioso adagiarsi agli ordini provenienti da Bruxelles. Dando prova di grandi (sta per “indiscusse e rare”) virtù diplomatiche, i redattori del testo, tra i quali figura Remigio Ratti, hanno rinunciato alla proposta definitiva, limitandosi ad una prudente richiesta: “l’adesione della Svizzera all’UE non dovrebbe essere scartata di primo acchito e definitivamente dal dibattito politico nel nostro Paese”.
Certo, trovare argomenti validi per opporsi ad un dibattito che sarà senz’altro “sereno e fattuale” non è facile. Anzi è difficilissimo, visto che a formulare la proposta sono personaggi del calibro di Pascal Couchepin, Micheline Calmy-Rey, Arnold Koller, Moritz Leuenberger, Ruth Metzler e Adolf Ogi, come dire il fior fiore dei consiglieri federali in disarmo, e, da parte ticinese, Dick Marty, Chiara Simoneschi-Cortesi, Marco Solari, Paolo Bernasconi (e come no?), Luigi Pedrazzini, Alberto Lepori, Fulvio Caccia, Achille Crivelli, Angelo Rossi, Enrico Morresi e Carlo Malaguerra. Tutti impegnatissimi nel tentativo di impedire un “pericoloso” rifiuto a priori che condurrebbe, ed è questo il monito rivolto a chi non sa dibattere in modo “sereno e fattuale”, ad un disastroso isolamento della Svizzera. Paese che, vorrei insinuare con flebile voce ma in piena concordanza con chi ci invita a dibattere, isolato è già, un’isola infelice nel felice continente: non avendo noi voluto aderire, aumenta solo di 80’000 persone all’anno, che anno per anno abbandonano il continente per correre generosamente in nostro soccorso, per sempre rimanendovi.
Il popolo svizzero è, di tutti i popoli, quello che più di ogni altro si è inerpicato sull’erto monte (un 9000 metri) dove sta la democrazia. Non vuole, assolutamente non vuole ridursi al rango di suddito cui sono ridotti tutti gli altri popoli europei sotto la ferula dei plutocrati di Bruxelles. Disponibilissimo alle aperture verso tutto e verso tutti, ma padrone in casa sua, in un regime di democrazia diretta duramente acquisito per lui dai nostri avi. Quando le eminenti ed esimie personalità di cui ho appena detto avranno ben capito questa banale verità, il dibattito diverrà non solo “sereno e fattuale”, ma anche costruttivo. Personalmente non riesco a togliermi dalla testa l’atroce dubbio che agli illustri dibattitori più che il dialogo interessi riuscire ad imporre l’adesione pura e semplice al coacervo continentale.
Gianfranco Soldati
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