L’operazione militare israeliana Protective edge prosegue con grande intensità. Un missile ha centrato un orfanotrofio a Beit Lahya (nord di Gaza), provocando la morte di tre bambine handicappate. Alcune infermiere sono rimaste ferite.
Nel rione Sheikh Radwan un drone israeliano ha sganciato un missile che ha colpito un capannello di persone in strada: sei morti, una ventina di feriti. Non è chiaro se i componenti del gruppo fossero tutti – o in parte – pericolosi terroristi.
Gli israeliani ribadiscono l’accusa, rivolta ad Hamas, di nascondere missili e armi in moschee e in istituti pubblici. Nel corso dei raid aerei israeliani 282 case di Gaza sono state rase al suolo. Altre novemila sono state danneggiate; di queste 260 non sono più abitabili.
In cinque giorni Hamas ha lanciato contro obiettivi ebraici 690 razzi. Ne possederebbe ancora a migliaia, secondo dichiarazioni israeliane. (fonte: il Fatto quotidiano)
(fdm, commento) Sorge del tutto spontanea la domanda circa una possibile strategia di Hamas celata dietro azioni apparentemente suicide. Il popolo di Gaza viene esposto al massacro in un’escalation di violenze che ci si sforza di chiamare “guerra”, essendo però tutt’altra cosa.
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