Durante le ultime settimane si sono mossi parecchi personaggi politici ticinesi, andando a Berna per cercare di esercitare una certa pressione per far applicare delle misure conformi al risultato della tanto discussa votazione del 9 febbraio. Hanno ragione i “nostri” politici o hanno ragione i “politici” di Berna che cercano di sdrammatizzare la situazione per guadagnare tempo? Invece di fare lunghi discorsi, già fatti da altri, conviene – come in molti altri casi – dare uno sguardo ai numeri, dato che
CONTRA FACTA NON VALENT ARGUMENTA.
Pertanto abbiamo cercato i dati della disoccupazione in Svizzera e nel Ticino. Ed ecco cosa abbiamo trovato. Nel Grafico 1 viene rappresentata l’evoluzione del tasso di disoccupazione in Svizzera ed anche nelle due aree di frontiera maggiormente colpite (fonte: Ufficio federale di statistica): Ticino e Regione Lago di Ginevra.
I numeri più significativi sono riassunti nella Tabella 1.
Area | 2002 | 2013 | Aumento |
Svizzera | 3.1 | 4.4 | 43.6% |
Regione Lago di Ginevra | 4.0 | 6.6 | 63.3% |
Ticino | 3.8 | 6.8 | 80.3% |
Regione Lago di Ginevra in relazione alla media Svizzera | +32.2% | +50.3% | – |
Ticino in relazione alla media Svizzera | +23.3% | +54.8% | – |
Osserviamo che nel periodo 2002 – 2013
• il tasso di disoccupazione nella Regione Lago di Ginevra e in Ticino è stato sempre chiaramente superiore al tasso medio svizzero;
• il tasso medio di disoccupazione in Svizzera è aumentato del 43.6%, mentre
• il tasso di disoccupazione nella Regione Lago di Ginevra è aumentato del 63.3% e
• quello in Ticino è aumentato addirittura del 80.3%.
Inoltre
• il tasso di disoccupazione nella Regione Lago di Ginevra superava la media svizzera del 32.2% nel 2002 e del 50.3% nel 2013;
• il tasso di disoccupazione in Ticino superava la media svizzera del 23.3% nel 2002 e del 54.8% nel 2013.
Aggiungiamo che, oltre alle due regioni analizzate, la statistica federale considera anche le seguenti regioni:
• Mittelland,
• Svizzera nord-occidentale,
• Zurigo,
• Svizzera orientale e
• Svizzera centrale.
Senza riportare i numeri dettagliati, vale la pena menzionare che si nota una terza regione, quella della Svizzera nord-occidentale, dove il tasso di disoccupazione ha superato la media svizzera in 5 anni su 12.
Cosa indicano questi numeri? Indicano che nelle regioni limitrofe all’Italia ed alla Francia sussiste un problema che è invece assente sia nelle regioni limitrofe alla Germania ed all’Austria sia all’interno della Svizzera. Ora sappiamo che
• gli stipendi in Italia ed in Francia sono assai più bassi che in Svizzera,
• il costo di vita in Italia ed in Francia è assai più basso che in Svizzera,
• l’imposta alla fonte applicata ai frontalieri si aggira intorno a un terzo delle imposte applicate ai residenti e
• i residenti in Svizzera – oltre alle imposte statali, ossia federali, cantonali e comunali – sono obbligati a pagare pure un’imposta “privata” sotto forma di premi alle casse malati che – come abbiamo dimostrato con cifre alla mano in un articolo anteriore – negli ultimi 14 anni sono aumentati del 70% contro un aumento dell’indice dei prezzi al consumo del 10% soltanto.
Evidentemente, fra residenti in Svizzera e frontalieri, non esiste uguaglianza di opportunità.
Sottolineo che non sto parlando di uguaglianza di distribuzione o di risultati – come continuano a fare i socialisti – bensì di uguaglianza di opportunità, un principio per il quale si sono battuti e si continuano a battere i liberali autentici (!) di tutti i tempi da Adam Smith ai nostri giorni.
historicus
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Uella Historicus! Se ho ben capito tutta quella tabelleria per concludere che la relazione economica (liberale!) approfitta delle disuguaglianze. Perché nel nostro caso il differenziale di costo della manodopera tra le due regioni contigue è invitante... liberalmente parlando.
Chiaro come l’acqua “purissima” che la condizione di dover vivere in contesti dove il costo della vita determina un differenziale che penalizza oppure favorisce una delle due parti, crea discriminazioni economiche. Già Lapalisse , mi sembra dicesse… che l’economia neocapitalista oltre che essere iniqua, ESIGE la contrapposizione tra salariati. La competizione è l'olio che unge gli ingranaggi del profitto. Un profitto che scivola poi via nei paradisi fiscali in barba ai "coefficienti Gini". "Stando alla mia esperienza, il maggior aiuto per accrescere l'efficienza del personale è una lunga fila di uomini in attesa al cancello!" più di una volta già disse il famoso capitalista doc.
Interessante sarà seguire gli sviluppi dell’iniziativa “lombarda” di creare una zona franca per contrastare la delocalizzazione delle aziende. Magari fra vent’anni il tragitto del frontaliere potrebbe subire un'inversione magnetica.