Il tentativo di introdurre il salario minimo è fallito nel Paese, anche se è passato a livello cantonale a Neuchâtel. I paesi che già prevedono salari orari minimi sono molti. Quello proposto in Svizzera era di 22 franchi/ora. Vediamo qualche salario orario in franchi svizzeri prescritto dagli stati che ci precedono (?) sulla via del progresso. Partiamo dal basso per proseguire verso l’alto, con i cambi delle relative monete a dicembre 2013.
Il Messico, ricco di droga e criminalità, impone un salario minimo di 50 cts, l’Estonia, ricca di pesci del Baltico, 1 franco e 90 cts, Ungheria 2,10, Cechia, Slovacchia, Polonia e Turchia sotto i 3 franchi, Portogallo, Corea del Sud e Grecia sotto i 4, Spagna 4,20, Slovenia a 5 franchi, gli USA, quelli che esportano tonnellate di pace e democrazia pure in paesi che non ne vogliono sapere, anche con guerre preventive se necessario, 6 miserrimi franchi e 50 cts, l’Australia li supera, 6,60. Il Giappone veleggia già su 8,40 franchi, superato dalla GB a 8,60. Poi un balzo di 1 franco, con l’Olanda a 9,60. Il 10 se lo condividono Belgio e Irlanda, la Germania li batte a 10,50, ma è a sua volta superata dalla Francia delle 35 ore lavorative settimanali, siamo a 11,70. Buon ultimo sulla lista, ma primo in fatto di generosità, il Lussemburgo, a franchi 12,20.
La Svizzera, che ha respinto nelle urne i 22 franchi, veleggia però sui 20 franchi all’ora. Chiaramente, hanno ragione sinistre e sindacati, un paese di retrogradi e reazionari.
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I diritti dei popoli. Diritti sacrosanti: all’esistenza, all’autodeterminazione, alle proprie risorse, alla cultura, ecc. ecc., un’ammucchiata di diritti proclamati da un imbonitore ad Algeri nel lontano 1976, guarda caso in occasione del 200esimo anniversario della nascita degli USA, il paese che adesso si è autoimposta la missione di esportare pace e democrazia in ogni angolo del pianeta. Diritti confluiti, con il passare del tempo, nel cosiddetto diritto internazionale, una codificazione confusionale e circiterica basata su convenzioni dell’ONU e che ognuno rispetta o non rispetta a seconda delle proprie e contingenti convenienze. Addirittura, mostruosità che annulla ogni pretesa dell’ONU all’onestà etica, un falotico diritto di veto per 5 paesi, considerati vincitori della seconda guerra mondiale: USA, Russia, Cina, GB e Francia.
Che si possa preporre questo coacervo di convenzioni (o convenienze?) legislative alle leggi nazionali, così come per la Confederazione il diritto federale prevale su quello cantonale, è cosa assurda e direi anche obbrobriosa. Purtroppo, a Berna, i politici che abusano del diritto internazionale per annullare o annacquare le decisioni democratiche del popolo, proprio di uno dei popoli che hanno diritto, secondo il diritto dei popoli, all’autodeterminazione, sono oramai moneta corrente. Discorso che vale, in particolare, per almeno 6 consiglieri federali su sette.
Se volessimo, trattandosi di diritti internazionali, volgere lo sguardo all’estero, avremmo di che rabbrividire. I diritti degli USA, basati sulla dottrina di Monroe, un presidente che già all’inizio dell’Ottocento proclamò che l’America (tutta, del Nord, del Centro e del Sud) deve essere degli americani, nessuno osa discuterli. Si comincia invece, finalmente, a discutere il diritto degli USA ad immischiarsi negli affari dell’Ucraina. Ma a mettere in dubbio questo diritto sono solo voci isolate, in sicuro aumento, ma prive di potere politico e di organi di informazione adeguati. I media occidentali, ministeriali, servi e codini, dipingono con rattristante sintonia l’aggressore come difensore della libertà e l’aggredito come truce imperialista che persegue la politica di annessione degli zar. L’UE, indebitata fin sopra la calvizie, e il FMI offrono all’Ucraina miliardi di euro che non hanno, freschi di stampa, per aiutarla ad uscire dalla miseria dovuta al fatto che il paese, delegato da madre natura al ruolo di granaio del mondo, non può vendere il suo grano perché così vogliono e impongono i produttori di granaglie degli USA. Nei rapporti internazionali il diritto conta come il due di picche quando la briscola è cuori, a valere è solo ed esclusivamente la forza. La sua applicazione rimane privilegio dei paesi privi di forza e ricchi di debolezza. La Svizzera o, meglio detto, il suo CF, ne sono un bell’esempio.
L’UE, con l’avventura dei suoi 3 ministri degli esteri Steinmeier (D), Fabius (F) e Sikorski (P) a Kiew (in piazza Maidan) in sostegno di rivoltosi contro il legittimo presidente Janukowitsch ha dato prova irrefutabile della sua volontà di (non) tener in minimo conto il diritto internazionale. Un’azione chiaramente illegittima e anche controproducente, perché ha fornito a Putin l’occasione d’oro per indire il plebiscito che ha condotto all’adesione-annessione della Crimea. Plebiscito poi proclamato “illegale” da Didier Burkhalter, presidente occasionale dell’OCSE, con grave vulnus della neutralità nazionale svizzera.
Gianfranco Soldati