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La civica: una materia che ci avvicina maggiormente alle nostre radici – di Gianmaria Frapolli

Dieci cittadini, sotto la presidenza del dr. Alberto Siccardi, hanno lanciato con successo un’iniziativa popolare in favore dell’insegnamento della civica nelle nostre scuole. Essa è al momento all’esame del Parlamento e del DECS. L’on. Bertoli ha reso pubblica una sua prima proposta, che gli iniziativisti hanno giudicato insoddisfacente. Sul tema si esprime con questo articolo il giovane Gianmaria Frapolli. (fdm)


Negli ultimi giorni assistiamo a molti dibattiti in relazione all’insegnamento della civica nelle scuole. Sia chiaro da subito che la mia posizione è assolutamente a favore della civica, anzi, con i tempi che corrono, forse bisognerebbe aumentare lo spazio dedicato a questa importante materia.

Sono fermamente convinto di questo per 2 motivazioni: La prima è legata al rapporto Stato-Società-Individuo; qui ci sono temi legati alla famiglia, — uno dei valori più importanti a mio modo di vedere nella vita -, l’emarginazione sociale, i conflitti, le regole della vita. Tutte cose fondamentali per essere un cittadino modello, perché è a questo che noi dobbiamo puntare.

Un altro punto della civica è legato al tema molto delicato e difficile della politica estera e della salvaguardia dei diritti dell’uomo al mondo. Oggi viviamo in un mondo in cui la globalizzazione ha preso, in tutti i settori, e ovviamente anche nella cultura, il sopravvento. Non voglio dire che questo sia un male, ma ovviamente fa perdere il contatto con il territorio e le radici. Ora, ci sarà un motivo se la nostra nazione, a livello mondiale, è presa come esempio per la qualità di vita che abbiamo. Di certo è perché noi Svizzeri abbiamo un modo di comportarci che fa invidia a tanti, e questo è una forma di codice deontologico che indubbiamente passa anche attraverso la civica. Bisogna più che mai salvaguardare questo insegnamento per tramandare i valori che abbiamo ricevuto. Quando vado in vacanza in giro per il mondo, visito culture diverse, a volte mi piacciono, a volte no, ma comunque è diverso da casa nostra. Tornando a casa mi accorgo delle differenze. Noi vogliamo non più accorgerci di questo? Quest’ultime rendono vive le diversità e partecipano al dialogo costruttivo anche tra nazioni.

Mi accorgo però, che chi non vuole l’insegnamento della civica nelle scuole cerca di ridurre al massimo le possibilità di diventare Cittadino (con la C maiuscola), a chi risiede sul nostro territorio (perché si può solo puntare a questo per affermare una cosa del genere). Non è così amici dei bilaterali e dell’UE? Probabilmente sono speranzosi di avere una partecipazione al voto del 20% così potranno riavere finalmente, forse, il 2 seggio. Non preoccupatevi, ci siamo noi, che la partecipazione al voto la vogliamo aumentare, coinvolgendo la gente e facendo anche passare, tramite la civica, la voglia di partecipare alla vita sociale e politica alle future generazioni. Noi vogliamo il confronto e la crescita, non il monopolio.

Gianmaria L. Frapolli, economista,  Lega dei Ticinesi (dal Mattinonline)

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  • Frapolli dixit:
    (...) “Sono fermamente convinto di questo per 2 motivazioni: La prima è legata al rapporto Stato-Società-Individuo; qui ci sono temi legati alla famiglia, — uno dei valori più importanti a mio modo di vedere nella vita -, l’emarginazione sociale, i conflitti, le regole della vita. Tutte cose fondamentali per essere un cittadino modello, perché è a questo che noi dobbiamo puntare.” (...)

    La famiglia?! Se non fosse drammatico sarebbe ridicolo. Caro Frapolli, la famiglia è distrutta dall’economicismo imperate. Quale economista Lei saprà che il lavoro “al femminile” è stato il più scaltro degli ammortizzatori sociali.

    La perdita di velocità del potere d'acquisto della classe media dovuta al congelamento dei salari, è stata compensata in parte, dall'entrata nel mondo del lavoro (mal) retribuito delle donne. Anche se la chiave di lettura progressista giudica il fenomeno esclusivamente da un punto di vista di "conquista sociale" e in termini di emancipazione; in realtà, applicando una lettura economica le cose cambiano.

    Nei nuclei famigliari il doppio lavoro è ormai una necessità inderogabile. Un "must", si direbbe. Questo ha profondamente rimodellato gli schemi tradizionali della famiglia soprattutto quello dell'assistenza all'infanzia. Quindi, da una parte due salari sono attualmente indispensabili per il mantenimento di un unico nucleo famigliare: quello ottenuto dalle donne ovviamente inferiore per... decreto economico. D'altra parte aumentano i costi sociali per l'assistenza all'infanzia priva(ta) della presenza genitoriale. Senza dimenticare che in caso di separazione, uno dei due partner, o addirittura tutti e due, precipitano sotto la soglia di povertà.

    Veniamo all’emarginazione sociale. L’emarginazione sociale, caro economista, è sostanzialmente dovuta alla discriminazione di reddito. Un conto è una “normale” differenza di reddito, un conto è una società (come la nostra) impostata su: a) chi non ha alcun reddito; b) chi ne ha uno scarso e c) chi ne ha uno quattrocento volte maggiore della media generale. Inutile aggiungere che “le regole della vita” sono queste. E che queste “regole della vita” non fanno altro che creare inevitabili conflitti.

    Allora cosa ci dirà la neocivika sulle “regole della vita”? Sono curioso di sapere quali indicazioni di vita presenterà alle giovani generazioni cantonali per renderli “cittadini modello” (sic!) Attendo con ansia una bozza di programma che affronti le tematiche da Lei sollevate.

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